Eroe non per caso, infermiere calabrese salva 96 persone accorgendosi che l’hotel dove alloggiano a Roma è saturo di monossido di carbonio
In servizio sulle ambulanze era intervenuto in albergo per soccorrere una bimba colta da sincope. Se non avesse avuto il sospetto che il malore era stato causato dal gas poteva essere una strage

«Non sono un eroe, ma uno dei tanti operatori che fanno questo lavoro ogni giorno con dedizione. Sono convinto che qualsiasi mio collega avrebbe agito nello stesso identico modo». Dice di non essere un eroe, eppure Danilo Lizzi qualche notte fa ha contribuito a salvare la vita di quasi cento persone facendole evacuare da un hotel sulla via Aurelia a Roma, le cui camere e corridoi erano ormai “invasi” dal monossido di carbonio, un “killer inodore” che avrebbe potuto causare una vera tragedia.
Danilo è un infermiere calabrese, originario di Siderno e attualmente in servizio all’Ares 118 nella capitale. In quell’hotel era intervenuto, in ambulanza insieme all’autista-soccorritore Marco Trinca, per soccorrere una bimba che aveva avuto una sincope con possibile trauma cranico. Poco prima la famiglia era stata al concerto di Ultimo, si è quindi pensato che la causa potesse essere individuata al pomeriggio passato sotto al sole e alla stanchezza. Proprio mentre era nell’albergo, Lizzi viene colto da un dubbio che lo porterà a fare ulteriori verifiche e a salvare così decine di persone da malori e altre gravi conseguenze. È lui stesso a raccontarlo dal suo profilo social: «Avevo il rilevatore di monossido che aveva suonato e, nonostante mi avessero parlato di un possibile guasto elettrico in hotel che avrebbe potuto interferire con i dispositivi elettronici e quindi giustificare quel suono, la situazione non mi convinceva».
Dopo aver informato la sua centrale operativa, decide di passare all’azione insieme all’autista dell’ambulanza: «Abbiamo fatto aprire tutte le finestre della hall dell’albergo, in modo da far defluire un’eventuale concentrazione di gas. Dopo circa 10 minuti ho chiesto a Marco di entrare con il rilevatore: il sensore non suonava più. Questo significava che l’aria si era “ripulita” grazie alla ventilazione. A quel punto ho preso io stesso il rilevatore e mi sono diretto verso le camere. Appena mi avvicinavo alle stanze il sensore ricominciava a segnalare la presenza di monossido. Ho chiesto al padre della bambina di aprire la finestra della loro stanza e ho fatto la prova con il rilevatore: con la mano fuori dalla finestra non suonava più, dentro la stanza tornava a suonare.
Lì ho avuto la certezza che la situazione fosse grave». Nel frattempo, un’altra persona in hotel ha accusato una sincope.
È qui che l’infermiere sidernese capisce che non c’è più tempo da perdere: vengono allertati i vigili del fuoco e mentre l’autista si occupa di predisporre ricoveri di fortuna all’esterno, lui percorre cinque piani a piedi: «Stanza per stanza, chiamando in italiano e inglese per raggiungere anche i turisti stranieri».
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