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‘Ndrangheta: i fatti di sangue a Stefanaconi nei nuovi verbali del pentito Figliuzzi

Il collaboratore di giustizia di Gerocarne indica mandanti ed esecutori di omicidi e tentati omicidi. Nuove accuse per i Patania ed i suoi sodali

‘Ndrangheta: i fatti di sangue a Stefanaconi nei nuovi verbali del pentito Figliuzzi

Continua a “cantare” il nuovo collaboratore di giustizia del Vibonese, Nicola Figliuzzi, 27 anni, di Sant’Angelo di Gerocarne, residente a Pizzoni, e che sta aiutando i magistrati della Dda di Catanzaro a rafforzare il quadro accusatorio nei confronti degli imputati del processo nato dall’operazione antimafia denominata “Gringia”, attualmente in corso dinanzi alla Corte d’Appello di Catanzaro.

Particolarmente importanti sono infatti le confessioni di Figliuzzi relativamente alla faida fra i clan di Stefanaconi e fra i Patania ed il clan dei Piscopisani. “I Patania avevano una lista di soggetti che volevano eliminare – fa mettere a verbale Figliuzzi – che iniziava con Scrugli e finiva con altri soggetti dei Piscopisani. Ma anche Francesco Calafati e Francesco Meddis dovevano essere eliminati poiché i Patania li ritenevano far parte del clan di Emilio Antonio Bartolotta di Stefanaconi e quindi a loro contrapposti”.

Quindi la confessione sul tentato omicidio di Francesco Calafati risalente al febbraio 2012 per il quale Figliuzzi si autoaccusa chiamando in causa Salvatore Callea di Oppido Mamertina. “Del tentato omicidio Calafati siamo stati autori io e Callea Salvatore. Delle armi utilizzate, una pistola era stata data dai fratelli di Patania Fortunato, ossia Patania Pino e Salvatore, anche se a me la pistola me la consegnò solo Pino. Loro, però – spiega Figliuzzi – non sapevano che la pistola ci sarebbe servita per quell’omicidio specifico. In particolare era Patania Salvatore, figlio di Fortunato, a richiedere l’arma allo zio, Patania Giuseppe, in un periodo in cui erano già in corso gli omicidi tra Piscopisani e Patania. Gli appostamenti per l’omicidio di Calafati – ricorda il pentito – li facevamo Bartolotta Giovan Battista padre, Pino Patania e Bono Daniele”.

L’omicidio di Giuseppe Matina. “L’omicidio di Matina è stato fatto da Arben Ibrahimi – confessa Figliuzzi – e da Loielo Cristian, mentre il recupero è stato fatto da Patania Andrea e Lopreiato Francesco soprannominato “u killer o “orecchie di lepre”. I fratelli Patania hanno deliberato l’omicidio”. Giuseppe Matina, marito di Loredana Patania (nipote di Fortunato Patania), avrebbe pagato con la vita il suo schieramento con il clan di Antonio Emilio Bartolotta”.

Il tentato omicidio Meddis. “Francesco Meddis aveva il garage accanto alla casa della Iacopetta. L’omicidio l’hanno voluto i Patania perché faceva parte della cosca Bartolotta. Del delitto è stato incaricato Beluli Vasvi. La pistola per l’omicidio è stata data al Beluli dai Patania. L’organizzazione è stata decisa da Salvatore Patania e Pino Patania. La pistola era una calibro 9. Questo lo so – conclude Figliuzzi – perché me l’ha detto Beluli”. Francesco Meddis viene sparato a Stefanaconi nel garage di casa nel giugno del 2012.

Secondo la testimonianza di Loredana Patania, Giuseppina Iacopetta (vedeva di Fortunato Patania) avrebbe espresso il desiderio di vedere il sangue di Meddis scorrere sino al gradino della porta di casa dei Patania. Gli arresti del novembre del 2012 hanno però messo fine alla spirale di sangue e vendette. E la giustizia in primo grado ha già presentato il conto.

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