venerdì,Aprile 26 2024

Rinascita-Scott: le deposizioni dei collaboratori Cicciù, Iannò, Costa e Oliverio

Le linee criminali del Crotonese e del Reggino sino al ruolo dei Mancuso, dei Lo Bianco e dei Bonavota. Le guerre di mafia e le alleanze fra i diversi clan

Rinascita-Scott: le deposizioni dei collaboratori Cicciù, Iannò, Costa e Oliverio

Alleanze fra i clan crotonesi e reggini con le cosche del vibonese. Ha fatto registrare anche le deposizioni dei collaboratori di giustizia Antonio Cicciù, Giuseppe Costa, Francesco Oliverio e Paolo Iannò, il processo Rinascita- Scott in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia.

LA DEPOSIZIONE DI CICCIU’

Ex appartenente alla ‘ndrina di Cariati guidata da Domenico Critelli, detto “Sandokan”, Antonio Cicciù ha iniziato a collaborare nel 1995. “La mia ‘ndrina faceva capo al locale di ‘ndrangheta di Cirò – ha dichiarato Cicciù – guidato da Giuseppe Farao. Dopo aver avuto problemi con Critelli, appoggiato da Cirò ho costituito una struttura da me capeggiata ma sempre formalmente sotto la ‘ndrina di Critelli. Sono stato io ad uccidere il 31 agosto 1990 Mario Mirabile, cognato del boss Peppe Cirillo che comandava all’epoca tutta la zona di Sibari. Da quel momento la ‘ndrina di Caiati ha iniziato a rispondere al locale di Cirò diretto dai Farao. Sia Sibari che successivamente Cirò rispondevano al Crimine di Reggio Calabria che è l’organismo che sovrintende a tutte le strutture di ‘ndrangheta della Calabria. So che Giuseppe Farao aveva rapporti con i Libri, i Tegano e i De Stefano di Reggio Calabria”. [Continua dopo la pubblicità]

Pasquale Condello detto “Il Supremo”

LA DEPOSIZIONE DI PAOLO IANNO’

Faccio parte di famiglie di ‘ndrangheta sia da parte di padre che di padre. Sono stato affiliato all’età di 17 anni e ne ho fatto parte sino al 2002 raggiungendo il grado di Trequartino per volere degli Alvaro di Sinopoli, mentre la Santa mi è stata data da Pasquale Condello. Sono poi divenuto capo locale di Gallico, frazione di Reggio Calabria, dal dicembre 1988 al 2002 quando ho iniziato a collaborare con la giustizia. Appartengo alla famiglia dei Surace, mio nonno era un Surace e sin dal 1985 ho preso parte alla guerra di mafia schierato con il cartello Condello-Fontana- Imerti-Rosmini. Pasquale Condello ha fatto da compare d’anello a mia sorella e quindi io l’ho affiancato per tutta la guerra di mafia contro i De Stefano. I locali di ‘ndrnagheta in Calabria sono riconosciuti dal Crimine di Polsi. Ogni anno tutte le famiglia di ‘ndrangheta della Calabria e del mondo si riuniscono a Polsi dove viene formato un locale provvisorio composto da tre soggetti. A Limbadi c’era il locale di ‘ndrangheta dei Mancuso ed io ho conosciuto in carcere l’anziano Francesco, Diego, Giuseppe, Luigi e Pantaleone. Ho rivisto Luigi Mancuso anni dopo al 41 bis nel carcere di L’Aquila. I Mancuso sostenevano i De Stefano e Pasquale Condello parlando di loro e del controllo del territorio diceva che “Dove passano i Mancuso non cresce più l’erba”, intendendo dire che nel loro territorio gestivano tutto loro e ben poco spazio vi era per gli altri clan. Loro hanno esteso i loro interessi anche verso la Piana di Gioia Tauro alleandosi ai Piromalli ed ai Molè. A Vibo Valentia c’era pure un locale di ‘ndrangheta e lì operavano i Lo Bianco che invece appoggiavano i Condello. Sono stato a Vibo perché un ragazzo di Amantea amico di Francesco Marcianò era stato truffato da una persona di Vibo Valentia. Pasquale Condello mi mandò da Lo Bianco, che all’epoca aveva un negozio di condizionatori, tramite un certo Zoccoli che aveva una concessionaria di auto nel centro di Vibo. Lo Bianco mi riconobbe perchè eravamo stati in carcere insieme”.

Giuseppe Costa

LA DEPOSIZIONE DI GIUSEPPE COSTA

Ex vertice, insieme al fratello Tommaso, dell’omonimo clan di Siderno, Giuseppe Costa collabora con la giustizia dal 2002 e sta scontando la pena dell’ergastolo. Inizialmente – ha dichiarato – facevo parte della cosca Commisso di Siderno sin quando nel 1987 non è stato ucciso mio fratello Luciano ed allora mi sono stacccato dai Commisso formando un autonomo gruppo. Sono entrato nella ‘ndrangheta nel 1974 venendo affiliato a Gioiosa Jonica dagli Ursino e dagli Scali. Ho raggiunto il grado di Trequartino. E’ stato Cataldo Marincola di Cirò a svelarmi che dopo il Trequartino esistevano altri gradi di ‘ndrangheta come “Padrino”, “Crimine” e “Mamma”. Con lui ho avuto una discussione in carcere e temendo interpretassero male alcune dichiarazioni di mio fratello Tommaso rilasciate in un processo e riportate sul giornale, ho iniziato a collaborare. Ho conosciuto anche Luigi Mancuso perché sono stato detenuto con lui nel carcere di L’Aquila”. [Continua in basso]

LA DEPOSIZIONE DI FRANCESCO OLIVERIO

Una vita nella ‘ndrangheta, il padre ucciso nel 1988, Francesco Oliverio di Rocca di Neto è stato affiliato all’età di 16 anni, commettendo il primo reato a 12 anni. Era l’armiere del clan ed ha confermato l’esistenza di diverse “linee” criminali. “I Mancuso – ha dichiarato – seguivano la linea criminale del Reggino insieme ai Pesce ed ai Bellocco di Rosarno ed ai Piromalli di Gioia Tauro, mentre altra linea criminale stava per essere creata dai crotonesi e vi dovevano rientrare pure i Bonavota di Sant’Onofrio che erano alleati agli Arena di Isola Capo Rizzuto. Del gruppo dei Bonavota io ho conosciuto Turi e Franco Arona che stavano a Carmagnola, in Piemonte. Sono a conoscenza, in ogni caso, che i Mancuso erano intenzionati a formare un Crimine tutto loro per l’intera zona del Vibonese”. Il processo Rinascita-Scott continuerà in settimana con il controesame dei collaboratori e l’esame di ulteriori pentiti.

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