sabato,Ottobre 12 2024

Maxi-confisca al boss Giovanni Mancuso: passano allo Stato beni per 20 milioni di euro

L’epilogo dell’operazione Terra nostra condotta dalla Dda di Catanzaro e dalla Guardia di finanza di Vibo Valentia

Maxi-confisca al boss Giovanni Mancuso: passano allo Stato beni per 20 milioni di euro
Alcuni dei ben confiscati a Giovanni Mancuso

Questa mattina i finanzieri del Comando provinciale di Vibo Valentia, coordinati dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Capomolla e pm antimafia Antonio De Bernardo e Pasquale Mandolfino hanno sottoposto a confisca beni mobili, immobili, aziende agricole, ditte individuali e conti correnti bancari per un valore stimato di circa 20 milioni di euro riconducibili a Giovanni Mancuso, 79 anni, di Limbadi, ritenuto esponente di spicco dell’omonimo clan e già sottoposto alla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno.

Tra i beni confiscati anche un distributore di carburanti

Il provvedimento è stato emesso dalla seconda sezione penale del Tribunale di Catanzaro e trae origine dall’operazione Terra nostra, diretta dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro e condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Vibo Valentia, a conclusione della quale, nell’ottobre 2019, erano stati sequestrati: 92 terreni, 29 fabbricati, 6 autoveicoli, 1 trattore agricolo, 2 aziende agricole, 2 ditte individuali, delle quali una esercente l’attività di commercio di carbolubrificanti con annessa stazione di servizio, tutti riconducibili al Mancuso Giovanni, ma formalmente intestati a prestanomi.

Giovanni Mancuso

Il decreto di confisca, a conclusione dell’attività istruttoria, ha confermato la riconducibilità dei beni al Mancuso, nonché la sussistenza del profilo della sproporzione tra i redditi complessivi del suo nucleo familiare ed il valore dei beni sequestrati. La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro è risuscita, infatti, attraverso le verifiche investigative della Guardia di Finanza, a sostenere l’impianto investigativo originario dal quale era emerso che Giovanni Mancuso, unitamente ad altre 23 persone, facenti parte del medesimo nucleo familiare e affiliati al clan, controllava «tutte le attività economiche del comune di residenza e dei centri vicini, ricavandone illeciti proventi e costituendo un ingente e diversificato patrimonio di beni mobili, immobili, aziende agricole, imprese commerciali e disponibilità finanziarie, detenuti sia da lui direttamente che attraverso prestanomi ai quali era stata attribuita, fittiziamente, la titolarità e/o la disponibilità di beni, al fine di eludere le disposizioni di legge previste dalla vigente normativa antimafia in materia di prevenzione patrimoniale».  Tra gli immobili oggetto di confisca, ricadenti nel comune di Milano, Limbadi, Nicotera, Filandari, Rombiolo, Zungri, Drapia e Vibo Valentia spiccano capannoni industriali, terreni, immobili, un’area di servizio, una villa residenziale composta da tre piani, nonché diverse autovetture e mezzi agricoli.

La precisazione dei legali

“L’avvocato Daniela Garisto rappresenta che il distributore di carburanti in proprietà di Cesare Limardo è stato restituito al legittimo proprietario e così alcuni terreni in proprietà di Gaetano Molino e Silvana Mancano, nonché una vettura in proprietà di Francesco Mercuri. I terzi interessati Cesare Limardo e Francesco Mercuri sono difesi dall’avvocato Daniela Garisto e Gaetano Molino dagli avvocati Garisto e Antonio Maccagno”. Dal canto suo anche l‘avvocato Giuseppe Di Renzo, difensore di Giovanni Mancuso, sottolinea che il provvedimento non è definitivo e verrà proposto appello avverso il sequestro e la confisca.

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