Villa Elena Bellantoni non cambierà denominazione. La terna commissariale alla guida del Comune di Stefanaconi torna sui suoi passi e modifica la delibera n.38/2025 con la quale aveva già disposto la variazione del nome dell’area verde sita nel centro del paese, intitolandola alla memoria del giudice Rosario Livatino.

Con una nuova deliberazione, la commissione straordinaria composta da Raio, Todini e Laino, varia il precedente atto e, ritendendo opportuno «soprassedere alla modifica dell’intitolazione della villa comunale», dà «priorità alla denominazione di aree e strutture urbane attualmente sprovviste». In quest’ottica la triade opta per intitolare al giudice beato della Chiesa il nuovo parco urbano di località Pajeradi, cogliendo, peraltro, un suggerimento partito dalle pagine di questo giornale.

L’iter amministrativo e il ruolo del prefetto

Rimettendo in ordine i fatti e le circostanze, era il 27 agosto scorso quando la terna firmava la prima delibera, sottoponendo alla Prefettura l’intenzione di cambiare il nome del giardino pubblico che fin dagli anni ’90 è dedicato ad una compianta insegnante del posto, Elena Bellantoni appunto, su espressa volontà della famiglia che aveva fatto inserire detta clausola nell’atto con cui cedeva il terreno al Comune a prezzo agevolato.

L’idea dei commissari era quella di dedicarlo al giudice ucciso dalla mafia nel 1991, nell’ottica della promozione dei valori della legalità. Una scelta che ha però suscitato diversi rilievi, da parte di chi l’ha intesa come una sorta di «oltraggio alla memoria», «atto illegittimo» o «una decisione inopportuna o infelice». Valutazioni emerse nella serie di denunce sui social e sulla stampa che hanno alimentato un dibattito la cui eco è giunta fino all’Ufficio territoriale del governo, dove il prefetto Anna Aurora Colosimo ha ricevuto anche il figlio della maestra Bellantoni, il noto odontoiatra vibonese Giovanni Rubino, nonché altri cittadini, ascoltando con attenzione le loro ragioni. Altresì, la rappresentante di governo ha sentito i commissari applicati al comune stefanaconese, nell’intento di mediare una soluzione che non creasse ulteriori polemiche e salvaguardasse i diversi “interessi” in gioco.

Nasce il Parco della legalità Rosario Livatino

E così è accaduto. La commissione straordinaria, riunitasi lunedì 22 settembre, ha, come detto, deciso di soprassedere, disponendo al contempo l’intitolazione del «Parco urbano comunale per la pratica sportiva outdoor in località Pajeradi» e ricordando che «nel parco insiste, tra l’altro, un campo da calcetto intitolato alla memoria del magistrato Giovanni Falcone, simbolo riconosciuto come emblema della lotta alla mafia».

Nella nuova deliberazione si evidenzia che «sarà cura del Comune predisporre una targa commemorativa indicante l’assegnanda denominazione, con una dicitura equivalente a: “Parco della legalità Rosario Livatino - magistrato italiano, fiero monito di legalità e giustizia”» disponendo inoltre di «intitolare il campo di calcetto alla memoria dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, simboli riconosciuti come emblemi della lotta alla mafia».

Dunque, alla fine, a prevalere è stato il buonsenso, con soddisfazione di tutti e con il paese che ora, dopo la via a lui intitolata, può annoverare nella sua toponomastica un altro luogo dedicato ad un simbolo di rettitudine morale universalmente riconosciuto.

Il plauso dell’ex vicesindaco

Reazioni positive alla decisione assunta dai commissari, sono giunte all’indomani della delibera. Tra queste il commento dell’ex vicesindaco Domenico Cugliari che parla di «sensibilità e la saggezza» e di un gesto che «testimonia un grande rispetto per la memoria collettiva e per l’identità storica del nostro territorio, ma rappresenta anche un esempio di come lo Stato possa farsi interprete del sentire comune, ascoltando e comprendendo le radici di una comunità».

«Elena - aggiunge Cugliari riferendosi alla “titolare” dell’intestazione della Villa comunale - era una moglie esemplare, una maestra appassionata e, soprattutto, una madre straordinaria che, a causa di una malattia improvvisa, lasciò questa terra a soli 34 anni. La sua morte spezzò il cuore di chi l’amava, lasciando i suoi quattro figli in tenera età, il maggiore aveva appena nove anni, mentre la più piccola ne aveva soltanto quattro. Questa tragedia non solo segnò profondamente la loro giovane vita, privandoli troppo presto dell’affetto e della guida materna, ma lasciò un vuoto incolmabile anche nella comunità, che riconosceva in lei una figura di grande valore umano e morale».

E aggiunge: «Questa vostra scelta è un messaggio potente che dimostra come il passato e il presente possano convivere armoniosamente, senza cancellare nulla, ma aggiungendo significato e valore. La legalità e la giustizia non si affermano con gesti divisivi, bensì con azioni che includono, rispettano e costruiscono ponti tra memoria e futuro. Grazie per aver rappresentato lo Stato con equilibrio, empatia e lungimiranza».