martedì,Ottobre 8 2024

Gratteri a Vibo: «Abbiate fiducia nella magistratura»

Il procuratore di Catanzaro è intervenuto alla seconda serata della kermesse “Aspettando il Festival Leggere & Scrivere” dove ha presentato il suo ultimo libro in cui decostruisce il mito del mafioso “modello positivo”. Chiusura totale sulle droghe leggere

Gratteri a Vibo: «Abbiate fiducia nella magistratura»

«Abbiate fiducia negli investigatori, e qualora doveste avere un problema rivolgetevi a loro». È questo l’invito che il Procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha rivolto a tutta la società calabrese tramite il folto e attento pubblico presente durante l’incontro organizzato dal Sistema bibliotecario vibonese nell’ambito della kermesse culturale “Aspettando il Festival Leggere&Scrivere”.

Nelle parole del magistrato che – dopo essere stato introdotto dal direttore del Sistema Bibliotecario Gilberto Floriani e dal sindaco Elio Costa – ha dialogato con la giornalista Paola Bottero, ininterrottamente per quasi due ore, «è emersa la sua irrefrenabile volontà di essere protagonista del cambiamento che questa terra, la sua, non può più rimandare. La lotta di Gratteri contro il male atavico e distruttivo della mafia tuttavia, così come l’impegno di tutta la magistratura e degli uomini delle Forze dell’Ordine, resteranno del tutto vani senza la collaborazione dei cittadini. Su di loro grava una grande responsabilità. Su tutti coloro che hanno deciso di rimanere in Calabria. Perché questa è già una scelta che implica impegno e coraggio».

«La “restanza” si legge in una nota sull’evento la cui direzione artistica è affidata a Maria Teresa Marzano e allo stesso Floriani -, non a caso, viene considerata da Gratteri nelle pagine del suo ultimo libro, scritto insieme al collega Antonio Nicaso – dall’enigmatico titolo “L’inganno della mafia. Quando i criminali diventano eroi” – una delle armi più potenti per combattere la “mala vita” e per recuperare i vecchi valori improntati sul sacrificio, sul lavoro, sull’onestà e sull’impegno sociale.

Quest’ultimo costituisce un tassello fondamentale per dare alla nostra società le basi di un’etica nuova e di una morale sana. Nessuno può ritenersi esente da questo “incarico” e se “c’è qualcuno che intende non impegnarsi è più giusto che vada via”. Non usa mezzi termini Gratteri nello stabilire le “regole del gioco” per una battaglia che lui può solo guidare ma in cui ha bisogno di essere seguito, supportato, coadiuvato».

Ancora, «le maggiori accortezze devono essere prestate dagli educatori che devono saper selezionare i contenuti da far “assorbire” alle menti più giovani, così come gli autori di libri o di serie tv improntati su storie di mafia devono prestare attenzione a non far passare messaggi fuorvianti al punto da desiderare di assomigliare ai malavitosi. Nelle 130 pagine del suo scritto Gratteri compie difatti un’attenta disamina di quelli che sono stati gli effetti deleteri che alcuni film – a partire da “Il Padrino” fino alle più moderne fiction “Romanzo Criminale” e “Gomorra” – hanno avuto sull’opinione pubblica contribuendo a costruire uno stereotipo “positivo” della mafia».

Quindi la considerazione sul fatto che «a furia di ammirarli siamo finiti per essere un po’ tutti simili agli uomini votati al malaffare: lo siamo nei nostri atteggiamenti quotidiani, lo siamo ogni volta che tacciamo di fronte ad un reato, ogni volta che preferiamo rimanere in silenzio anziché fare affidamento sulle Istituzioni per denunciare una situazione anomala. Ogni volta che deleghiamo una classe politica “corrotta” alla gestione della nostra terra lavandocene le mani».

Eppure il pensiero di Gratteri «non si avvicina per nulla alla resa. Tutt’altro. Al punto da aver chiesto di rafforzare l’organico della Dda di Catanzaro. Tanti i temi di scottante attualità su cui si è volutamente soffermato il procuratore nell’arco della serata, come quello della legalizzazione delle droghe leggere».

Al riguardo Gratteri si è apertamente dichiarato contrario – pur sapendo di essere “controcorrente” – motivando così la sua posizione: «Mi impegno da sempre nel sociale e ho conosciuto da vicino la realtà delle comunità per tossicodipendenti. Lì c’è la sofferenza di gente rovinata, e delle loro famiglie. Persone adulte che non riusciranno mai ad uscire da quel tunnel, infatti solo una bassa percentuale di questi ha la forza di disintossicarsi. E per molti di loro il primo passo verso la droga sono state proprio le canne».

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