Commercio a Vibo, la concorrenza cinese (regolare) fa paura ma nessuno trova la voce per ribadirlo: due grandi negozi pronti ad aprire. E a querelare
Gli esercenti del centro storico prima lanciano il sasso ma poi nascondono la mano. Il Comune rimarca: «La nazionalità non può essere una discriminante, quello che conta è il rispetto delle regole»

L’apertura di due grandi negozi promossi da imprenditori cinesi che sorgeranno nel centro urbano di Vibo Valentia è imminente. Nei locali dell’ex concessionaria Fiat (di fronte al comando della polizia locale), che l’incedere del tempo aveva trasformato in un’area degradata, gli operai lavorano alacremente. Sono state disegnate le strisce bianche che accoglieranno un grande parcheggio, montate le mega insegne e all’interno tutta la merce è già ordinata sugli scaffali. Nel giro di pochi giorni i due centri commerciali – l’altro è ubicato nei pressi della chiesa del Rosario, nei locali di un ex ingrosso dismesso di recente – apriranno i battenti con buona pace di chi ha protestato paventando un colpo mortale per i piccoli negozi di Vibo.
Ci ha provato timidamente la presidente di Confesercenti Fismo, Antonella Petracca, che solo pochi giorni fa, attraverso un comunicato stampa, si è fatta portavoce di quella che a suo dire è la forte preoccupazione del comparto commerciale. Una posizione che poi ha edulcorato aggiustando il tiro.
Malumore rimbalzato sulla scrivania dell’assessore al commercio Stefano Soriano, che però non ha dubbi: «Vero, abbiamo autorizzato la nascita di due attività commerciali gestite da cinesi. Avremmo dovuto fare distinzioni di nazionalità?». Quasi incredulo per tanto clamore, l’assessore ribadisce: «Hanno inviato una Scia urbanistica che è stata evasa regolarmente dagli uffici di competenza ed è arrivata la richiesta di apertura di attività commerciale di media distribuzione. L’iter istruttorio è regolare. A noi questo interessa», spiega quasi a volere chiudere una volta per tutte la discussione.
Il tema è delicato, praticamente borderline. Il rischio di sfociare in stereotipi discriminatori è alto. Che siano cinesi o meno gli imprenditori che investono poco conta, e Soriano lo rimarca. Quello che rileva davvero è il rispetto delle regole. Tanto più che certe dinamiche micro e macro economiche sono ormai consolidate da decenni. Chi ha più carte vince.
L’assessore sottolinea un altro aspetto importante, quello legato alla riqualificazione di un’area che versava in condizioni di abbandono e di degrado: «Mi riferisco ai locali dell’ex concessionaria Fiat che grazie a questa iniziativa imprenditoriale sono stati rigenerati. E questo è un vantaggio per la città».
Motivazioni che non sembrano fare breccia tra i commercianti del centro storico, che sono arrivati a siglare un documento congiunto dai toni molto duri, nel quale fanno appello al Comune e dicono che non assisteranno «inermi alla morte dei nostri negozi», puntando il dito contro le nuove iniziative imprenditoriali che a loro dire rappresenterebbero il colpo di grazia per il commercio cittadino, già messo a dura prova da «alti tributi comunali, parcheggi a pagamento e servizi inesistenti». Una posizione drastica che però hanno preferito non ribadire davanti ai nostri taccuini, preferendo glissare o non farsi trovare quando siamo andati a raccogliere la loro opinione.
Chi invece non sembra intenzionato a restare in silenzio, sono i proprietari delle due attività commerciali che promettono azioni legali nei confronti di quanti hanno avviato questa «campagna discriminatoria». Lo annuncia un addetto ai lavori che non vuole esporsi ma sottolinea: «Perché invece non si soffermano sui 4.500 metri cubi di amianto che grazie a questo nuovo insediamento sono stati rimossi dall’area che è stata completamente riqualificata?».