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Comune di Vibo: le dimissioni di Primerano certificano il fallimento del progetto di Mangialavori

L’addio del vicesindaco all’esecutivo Limardo non inciderà sui futuri risultati amministrativi, mentre continua il “tira e molla” fra il senatore di Forza Italia e l’ex consigliere regionale Vito Pitaro costretti a tenere in vita una giunta contestata ogni giorno dai cittadini

Comune di Vibo: le dimissioni di Primerano certificano il fallimento del progetto di Mangialavori
Nel riquadro da sinistra verso destra: Vito Pitaro, Maria Limardo e Giuseppe Mangialavori
Domenico Primerano
L’ex vicesindaco Domenico Primerano

Le dimissioni di  Domenico Primerano da vicesindaco ed assessore del Comune di Vibo vanno inquadrate nel giusto contesto in cui sono avvenute, altrimenti si rischia di assegnare a tale gesto significati distorti. In primo luogo esse aggiungono al fallimento amministrativo della compagine guidata dal sindaco Maria Limardo anche quello politico, la cui responsabilità non può essere ascritta al sindaco ma al suo dante causa, quel senatore Giuseppe Mangialavori il quale, anche in questa circostanza, ha dimostrato di non possedere un cuor di leone e di anteporre la propria carriera politica a tutto ed a tutti. Se non si parte da questa  premessa si rischia di non riuscire a comprendere i veri motivi ed i veri interessi che fungono da forza trainante delle attuali fibrillazioni dei gruppi di maggioranza. In questo contesto è utile ricordare come questa amministrazione sia nata in seguito ad un accordo tra Mangialavori e Pitaro (all’epoca soci politici) e programmata al fine di soddisfare gli interessi carrieristici del primo e favorire l’elezione a consigliere regionale del secondo. Nulla a che vedere dunque, a nostro avviso, con il professato “amore per la città”, slogan usato ed abusato durante tutta la campagna elettorale conclusasi con l’elezione della Limardo.

Inizialmente le cose funzionarono secondo i programmi: il senatore centrò la nomina a coordinatore regionale di Forza Italia, Pitaro riuscì ad entrare a palazzo Campanella e la Limardo incrementò il campionario degli slogan aggiungendo, forte della copertura politica della “premiata ditta” Mangialavori & Pitaro, quello della rigenerazione totale della città. Le cose cambiarono quando Pitaro perse la carica di consigliere regionale con largo anticipo rispetto alla scadenza naturale del mandato a causa della prematura scomparsa della Santelli. Il senatore, temendo evidentemente che un nuovo sostegno a Pitaro potesse nuocere alle proprie aspirazioni politiche – essendo il nome dell’ex consigliere regionale venuto fuori in alcune inchieste giudiziarie, pur non essendo in alcun modo indagato – lo abbandonò al proprio destino, prima boicottandone la ricandidatura e successivamente non tenendolo presente nella distribuzione dei ricchi incarichi presso gli enti regionali. Se non si tengono bene in mente tutti questi passaggi, non è possibile capire come si sia giunti alla situazione odierna, caratterizzata dalla circostanza che gli stessi assessori i quali fino a poco tempo fa venivano difesi a spada tratta dalla componente Pitaro (Città Futura) per il loro alto profilo, oggi si siano trasformati, per la stessa componente, in degli incapaci da rimuovere ad ogni costo.

Ed in questo contesto è indicativo che i nomi posti in discussione siano solo quelli degli assessori espressione di Forza Italia (leggi Mangialavori). Non si riuscirebbe neppure a dare una spiegazione logica al silenzio del senatore, che non ha mosso un dito per difendere la posizione di Primerano, barattando la sua testa con il quieto vivere,  “terrorizzato” dall’ipotesi che la caduta dell’esecutivo della sua città potesse mal deporre agli occhi dei suoi leader nazionali.

Questo suo sacro terrore nei confronti di tutto ciò che potrebbe danneggiare le proprie aspirazioni gli ha impedito di rendersi conto che in fin dei conti gli uomini di Pitaro non avrebbero mai tirato la corda fino al punto di rottura. Vedremo se oltre a Primerano saranno giubilati anche gli altri assessori posti sul banco degli imputati, e se il senatore accetterà la sostituzione con nominativi imposti dal suo ex socio, oppure se alla fine, in un ultimo sussulto d’orgoglio, saprà resistere alla capitolazione totale. Qualunque sarà l’esito di questa scaramuccia tra i due politici, un fatto è certo:  per la città non cambierà nulla dal punto di vista dei risultati amministrativi, non a caso i cittadini sono poco interessati alla convulsa agitazione che regna a palazzo Razza e preferiscono rimanere concentrati sulle tante criticità non risolte con le quali sono costretti a convivere. Tale disinteresse, mai registratosi in passato nei confronti di eventi politici significativi come le dimissioni di un  vice sindaco, fornisce l’esatta misura della frattura creatasi con l’amministrazione, il cui sindaco neppure in questi giorni rinuncia a pubblicare boutades su Facebook, ultima in ordine di tempo quella concernente la presenza del mega yacht di Giorgio Armani nel porto di Vibo Marina, che a dire della Limardo rappresenta il segnale dell’attrattività della città.
A prescindere dal fatto che Armani da oltre 15 anni visita con la sua imbarcazione le coste della provincia vibonese, stazionando fortunatamente di fronte al promontorio di Capo Vaticano e non nei pressi della spiaggia di Bivona “impreziosita” dagli scarichi fognari del torrente Sant’Anna – le cui acque solo nei giorni scorsi questa amministrazione è riuscita a deviare – è facile invece immaginare che se lo stilista dovesse visitare il territorio comunale ricoperto di rifiuti, strade disastrate e vie invase da erbacce, cancellerebbe l’intera Calabria dalla sua rotta.  

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