venerdì,Marzo 29 2024

Giustizia: avvocati in sciopero, le ragioni della Camera penale vibonese

I legali con un documento spiegano ai cittadini i motivi alla base della loro protesta, dalla prescrizione al voto di fiducia del Governo sino alle intercettazioni tramite un virus nei telefonini

Giustizia: avvocati in sciopero, le ragioni della Camera penale vibonese

L’Unione Camere Penali Italiane ha indetto uno sciopero dai giorni 10/04 al 14/04, che fa seguito ad altro tenutosi dal 20 marzo al 24 marzo. Anche a Vibo Valentia nell’aula penale del Tribunale di corso Umberto I si è tenuta un’assemblea indetta dalla Camera Penale cui hanno preso parte, oltre ai soci, i componenti del Coordinamento delle Camere Penali della Calabria, i soci di altre Camere Penali territoriali calabresi, rappresentanti del Consiglio dell’Ordine, dell’Anai, dell’Associazione forense vibonese e vari iscritti alla classe Forense. “E’ giusto – dicono i penalisti – che i cittadini sappiano il perché scioperano gli avvocati, per questo intendiamo affidare a questo documento le nostre opinioni:

“Gli avvocati non detengono alcun potere, è forse questa la ragione per cui non si dà risalto alle loro legittime proteste che sono fatte nell’interesse di tutti e non di qualcuno. L’astensione dei difensori è in difesa delle garanzie del processo e della civiltà giuridica, con cui si misura quel principio di legalità che tutti, pare, abbiano a cuore, se ne professano portatori, ma che nella pratica viene troppo spesso mortificata e sacrificata in nome di esigenze più frutto di emozioni del momento, o della piazza, o di posizioni per nulla garantiste, che non del reale rispetto dei diritti dei cittadini. E’ una battaglia condotta perché il cittadino, che domani dovesse ricoprire la qualità di indagato o imputato, non debba essere sopraffatto da storture giuridiche, le quali rischiano di snaturare quelle garanzie processuali a cui tutti hanno diritto. Bloccare la prescrizione nella fase del giudizio di appello equivale a negare all’imputato di potere avere un giusto processo in tempi rapidi, che acclari la sua responsabilità od innocenza, si innocenza a dispetto di chi pensa che l’assoluzione sia la mancata prova dell’affermazione di responsabilità.

Come si concilia questa bella idea con i richiami che continuamente lo Stato Italiano è costretto a subire in sede internazionale per la lungaggine dei processi? Il blocco della prescrizione, che farà inevitabilmente allungare i tempi del processo, comporterà che un cittadino sarà sospeso al giudizio del Giudice fin tanto che questo non deciderà di giudicarlo. E’ forse questo un rimedio accettabile contro i ritardi della giustizia? Non farebbe forse meglio il legislatore ad imporre all’Ufficio di Procura di concludere in breve tempo i procedimenti specie quelli che non hanno ricevuto una risposta positiva all’indagine, o meglio quelli in cui è stata dimostrata l’estraneità ai fatti contestati all’indagato, affinchè in luogo di giacere negli armadi vengano velocemente definiti? E’ giusto attendere, magari la prescrizione, per un’accusa non confermata o le cui indagini abbiano dato un risultato contrario all’ipotesi investigativa perché non si vuole ammettere l’errore? Non è snaturando le regole dibattimentali che si migliorano le qualità del giudizio penale o si velocizza il processo.

La celebrazione del processo c.d. a distanza, ovvero con l’assenza in aula dell’imputato, ma presente in video conferenza, non può diventare la regola, poiché se è possibile in casi ben delimitati ed eccezionali, essa presenta un grave pregiudizio per l’esercizio del diritto di difesa. Basti pensare che diventa impossibile per il difensore ascoltare l’esame del teste e contemporaneamente parlare a mezzo telefono con il suo assistito, collegato a distanza, per verificare le circostanze che emergono nell’esame dibattimentale. Mentre per l’interessato vi sarà l’impossibilità di potere far valere tempestivamente determinate circostanze, ove necessario. Forse sarebbe stato più saggio, in luogo di portare i detenuti a passeggio per le varie carceri d’Italia – con enorme dispendio di risorse economiche ed umane -, che essi fossero mantenuti nel luogo dove dovrà essere celebrato il processo. Si badi bene questa pratica del trasferimento nelle varie case circondariali del paese, oltre ad innegabili sprechi, crea un potenziale pericolo per il futuro poiché permette a soggetti dediti al delitto ed appartenenti a territori diversi di venire in contatto tra loro, stringere ipotetiche alleanze, ed una volta fuori avere dei punti di riferimento nei vari territori per compiere azioni delittuose.

La legittimazione all’utilizzo del c.d. “troian”, il virus che si vuole inviare ai telefoni dei soggetti indagati per determinate tipologie di delitti e che dovrebbe permettere di cogliere ogni conversazione che avviene in prossimità del telefono “infettato”, anche se non si stà usando il mezzo di comunicazione, in parole semplici è una spia perennemente in funzione. Un’arma che rischia di comprimere seriamente ed irrimediabilmente quel diritto costituzionalmente garantito dall’art. 15 della nostra Carta Costituzionale. I fatti privati di tanti ignari cittadini, se non di moltissimi, e visto il proliferare delle intercettazioni si potrebbe dire un numero impressionante di soggetti, che nulla hanno a che vedere con le vicende per cui si indaga, sarebbero sui giornali od in televisione. Questa è forse civiltà giudica e rispetto dei principi costituzionali? Ecco queste sono alcune brevi riflessioni di ciò che oggi nell’Assemblea, voluta dalla Camera Penale di Vibo Valentia e dal Coordinamento regionale, si è discusso e verso cui si è manifestata grande preoccupazione.

Un allarme che è reso ancor più grave dal fatto che il Governo su temi di grande importanza, che richiedono grande sensibilità giuridica e cultura della “vera” legalità, ritiene di dovere addirittura comprimere il dibattito dell’Aula parlamentare ponendo la questione di fiducia. Per tale ragione l’Unione Camere Penali Italiane indirà una nuova astensione dalle udienze per il mese di maggio 2017. Dispiace per i disagi che lo sciopero arrecherà inevitabilmente all’utenza, ma ogni uomo libero non potrà mai accettare che diritti della civile convivenza possano essere soppressi in nome di discutibili e, spesso mal rappresentate esigenze, sull’onda del clamore della piazza o di non condivisibili personalismi, e per di più con il ricorso al voto di fiducia”.

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