domenica,Gennaio 26 2025

Un primario di Pronto soccorso alla guida dei medici vibonesi, parla Vincenzo Natale: «Serve un patto con i cittadini ispirato dall’etica»

Il camice bianco dell'ospedale Jazzolino da vent'anni in prima linea. Le sue priorità: costruire un ambiente inclusivo per i dottori, collaborare con enti e istituzioni, rafforzare il legame di fiducia tra professionisti e utenti: «Dobbiamo cambiare il racconto della sanità vibonese»

Un primario di Pronto soccorso alla guida dei medici vibonesi, parla Vincenzo Natale: «Serve un patto con i cittadini ispirato dall’etica»
Vincenzo Natale, primario del pronto soccorso di Vibo

Con 346 voti a suo favore, Vincenzo Natale, primario del Pronto soccorso dell’ospedale Jazzolino di Vibo Valentia, è stato eletto presidente dell’Ordine dei medici vibonesi, mettendo insieme una squadra di sei consiglieri e conquistando la maggioranza necessaria per guidare l’Ordine. Una nomina che arriva dopo vent’anni di impegno e riconoscimenti da parte dei colleghi, che Natale descrive come il vero motore della sua lunga carriera nel Consiglio.

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Con lui abbiamo parlato delle sue priorità come presidente, delle sfide che la sanità vibonese deve affrontare ogni giorno e di quel rapporto – non sempre semplice – tra medici e cittadini. Ecco cosa ci ha raccontato.

L’intervista

Dottor Natale, innanzitutto congratulazioni per la sua nomina. Cosa significa per lei ricoprire questo ruolo?
Questa elezione è il culmine di vent’anni di impegno, in cui sono sempre stato il primo degli eletti, ma senza mai ottenere una maggioranza per diventare presidente. Stavolta ce l’abbiamo fatta, e con sei medici nella mia squadra siamo riusciti a raggiungere questo traguardo. Per me è una grande responsabilità, ma anche il riconoscimento della stima dei colleghi che mi ha sostenuto in questi anni. Ora voglio guidare l’Ordine con un percorso culturale ed etico che ispiri tutto il mio mandato.

Che percorso sarà quello che porterà avanti? Quali sono i suoi obiettivi?
L’obiettivo principale è far capire a tutti – enti, istituzioni e cittadini – che la comunità medica non è solo una comunità scientifica che offre risposte sanitarie. Deve essere una casa comune per tutti i medici vibonesi: trasparente, accogliente, un luogo di incontro per la formazione e la crescita professionale. Vogliamo anche lavorare a stretto contatto con le istituzioni: Asp, Prefettura, Questura, ma anche altre realtà come l’Ordine degli avvocati e i giornalisti, per creare percorsi comuni. Questo ci permetterà di educare i cittadini e cambiare la narrazione sulla sanità vibonese. Purtroppo siamo visti spesso come una realtà degradata, ma chi ha avuto bisogno dei nostri medici sa che il loro unico interesse è curare bene, restituendo salute alla comunità.

Da qui l’idea di un’alleanza tra medici e cittadini. Cosa significa per lei?
Sì, è fondamentale. Il medico deve essere un alleato del cittadino, ma sopratutto deve essere rispettato nella sua dignità, indipendenza e cultura. Purtroppo, a volte siamo visti come capri espiatori per problemi che non dipendono da noi. Dobbiamo cambiare questa percezione e far capire che la nostra missione è quella di servire la comunità, con tutte le difficoltà che ciò comporta.

Lei è primario del Pronto soccorso, un reparto delicato. Qual è la situazione legata alle aggressioni al personale sanitario?

Le aggressioni sono un problema nazionale, questo è evidente. Detto questo, devo dire con onestà che nel vibonese sono molto meno frequenti rispetto alla media nazionale. Si tratta di episodi rari, anche se naturalmente ogni caso è grave e non va sottovalutato. Per affrontare questa situazione servono due tipi di interventi. Da una parte, è necessario condannare con fermezza chi attacca un medico o un infermiere: ci deve essere un’azione repressiva chiara. Dall’altra parte, serve un lavoro culturale per far capire al cittadino che, se aspetta tre ore al triage, non è per negligenza nostra, ma perché con ogni probabilità stiamo lottando per salvare chi è in condizioni più gravi.

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Secondo l’indagine annuale sulla qualità della vita di ItaliaOggi, la sanità vibonese è ultima in classifica. Inoltre, secondo Agenas, l’Asp di Vibo Valentia è tra le cinque peggiori d’Italia. Cosa ne pensa di questi dati?
I numeri vanno interpretati con attenzione. Quando si parla di statistiche, bisogna capire quali indicatori vengono utilizzati e che tipo di analisi c’è dietro. È vero che la sanità vibonese sconta un gap decennale, ma la percezione spesso non corrisponde alla realtà. Per esempio, Agenas dice che oltre il 45% degli accessi al pronto soccorso sono impropri.  Ma chi decide cosa è improprio? La vera inappropriatezza è quando non ci sono posti letto per i ricoveri, e i pazienti rimangono nei corridoi. Questo problema le statistiche non lo considerano.

Rispetto ad altre province calabresi o italiane, come giudica la sanità vibonese?
Non credo sia utile fare una classifica. Posso dire che qui c’è un grande impegno da parte di medici e infermieri, che lavorano ogni giorno per garantire un’assistenza dignitosa e che tutta la sanità vibonese sta intraprendendo un percorso di crescita professionale. Nella sanità vibonese c’è impegno, c’è professionalità e c’è voglia di dare risposte di livello. Con i mezzi che abbiamo cerchiamo di dare risposte adeguate ai bisogni della comunità. Se proprio devo fare un paragone, direi che non siamo in Champions League, ma neanche agli ultimi posti. Siamo in Europa League, per usare un termine calcistico. C’è da migliorare, ma c’è anche tanta voglia di crescere.

Infine, il presidente Occhiuto ha lanciato un appello per reclutare 705 medici in Calabria. Come giudica questa difficoltà nel trovare professionisti?
La carenza di medici è un problema globale, non solo calabrese. In Italia è particolarmente grave in alcune discipline, come l’urgenza, l’anestesia, la radiologia e la chirurgia. Non tutta la sanità è carente, ma queste aree sono sicuramente in difficoltà. L’iniziativa di Occhiuto, come quella dei medici cubani, può essere un primo passo per tamponare l’emergenza, ma non è una soluzione definitiva. Per attrarre medici dobbiamo cambiare la narrazione: se continuiamo a descrivere la Calabria come un posto in cui la sanità è disastrosa, sarà sempre più difficile convincere i giovani professionisti a venire qui. Abbiamo esempi positivi, come a Cosenza, dove professionisti calabresi sono tornati per lavorare nella loro terra. Questo dimostra che invertire la tendenza è possibile, anche se richiede tempo e impegno.

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