Vibo città sempre più anziana e meno giovane: ecco i dati di un mutamento shock della popolazione
Tutte le cifre di un autentico terremoto demografico. Un trend che comporta molteplici conseguenze. Come, ad esempio, un maggiore ricorso alle cure sanitarie e un aumento del welfare e dell’assistenza sociale
Un vero e proprio terremoto quello che ha investito la città di Vibo Valentia. Ma non si tratta dei movimenti tellurici che nel tempo hanno colpito questo lembo di terra ma dei processi demografici che stanno interessando la città capoluogo di provincia e che sono stati al centro di una analisi dello studioso di statistica demografica nicoterese Giovanni Durante che si è avvalso, in particolare, dei dati Istat. La popolazione cittadina è infatti chiusa nella morsa di un movimento a tenaglia che vede, da un lato, in netto passivo il cosiddetto saldo naturale (cioè il saldo tra le nascite e i decessi) e dall’altro, sempre in passivo, il cosiddetto saldo migratorio interno (cioè quello tra i nuovi ingressi sul territorio comunale e gli emigrati verso altre parti del territorio nazionale). Questo doppio movimento ha comportato in appena trent’anni – un periodo lungo per la vita di un essere umano ma decisamente breve in demografia – lo stravolgimento della composizione strutturale della popolazione vibonese. [Continua in basso]
Una città capoluogo con una popolazione sempre più anziana
«Se infatti – spiega Giovanni Durante – nel 1992 la popolazione giovanile di Vibo Valentia, quella under-14, era di 6.980 unità e quella over-65 era di 3.687 unità, adesso, al primo gennaio di quest’anno, la popolazione giovanile vibonese è scesa a 4,195 unità (con un calo del 39,90%) mentre quella anziana è aumentata in modo molto netto (+98,56%) passando a 7.321 unità. La popolazione anziana assommava nel 1992 ad appena il 10,63% della popolazione della città. Una quota che era già aumentata al 13,84% nel 2002 (4.690 unità), al 16,52% nel 2012 (5.524 unità) per arrivare ora al 23,05%. Un processo quindi – continua lo studioso – che si accelerando in quanto, ad un primo e secondo aumento, rispettivamente di 3,2 punti e 2,7 punti percentuali, vi è stato un terzo aumento di 6,5 punti percentuali». Di converso, – aggiunge sempre l’interessato – «la popolazione giovanile che rappresentava nel 1992 il 20,13% della popolazione totale è scesa al 17,05% del 2002 (5.776 unità), al 14,85% del 2012 (4966 unità) fino al 13,21% odierno. Di conseguenza, l’indice di vecchiaia (uno dei principali indicatori demografici che è dato dal rapporto tra queste due fasce d’età della popolazione di un dato territorio) è passato dai 52,82 punti del 1992 ai 81,19 punti del 2002, ai 112,23 punti del 2012 fino agli attuali 174,51 punti. Si noti che, anche in questo caso, nell’ultimo decennio, vi è stata una forte accelerazione in quanto, se nel primo periodo, l’aumento è stato di 28,37 punti e nel secondo di 31,04 punti, nel terzo tale aumento è valutabile nell’ordine di 62,28 punti».
Situazione resa ancora più grave dal forte calo di natalità
Una situazione, dunque, quella del costante invecchiamento della popolazione cittadina e della diminuzione del segmento più giovane, ulteriormente aggravata dal calo della natalità. Nel periodo 1992-2001, il capoluogo di provincia poteva vantare una media di 362 nascite l’anno contro le 334 del decennio successivo (2002-2011) e le 252 del decennio 2012-2021, con un calo quindi del 30,18%.
«Dati che sarebbero ancora peggiori – puntualizza l’interessato -se nel corso di questo trentennio, anche il territorio della città di Vibo valentia, non fosse stato interessato da un rilevante flusso immigratorio di persone provenienti dall’estero che al primo gennaio di quest’anno ammontano a 1.270 unità, di cui 192 sono giovani sotto i quattordici anni di età, provenienti da 67 paesi diversi: 27 europei, 16 africani, 13 asiatici e 11 delle Americhe. E le previsioni non sono buone, in quanto la sezione demografica sperimentale dell’Istat prevede che nel 2031, oltre ad un calo complessivo della popolazione cittadina (già scesa dalle 34.659 unità del 1992 alle attuali 31.752 unità) a 28.647 unità, vi sia una nuova forte contrazione della popolazione più giovane che dovrebbe attestarsi a 3.047 unità e un nuovo aumento della popolazione over-65, che dovrebbe arrivare a 8.583 unità arrivando quindi – questa la considerazione finale di Giovanni Durante – a lambire la soglia del 30% della popolazione complessiva e facendo schizzare l’indice di vecchiaia a 281,68 punti (con un aumento record di 107,17 punti)».
In conclusione, questo trend comporta molteplici conseguenze. Una città sempre più anziana necessita infatti un maggiore ricorso alle cure sanitarie, un aumento del welfare municipale e dell’assistenza sociale mentre di converso, la diminuzione della parte più giovane comporta una emorragia di energie qualificate, di diplomati e laureati e inevitabilmente anche di forza lavoro mentre altri effetti negativi potrebbero riversarsi sulle scuole cittadine.
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