martedì,Aprile 16 2024

Sensazionale scoperta nel mare di Nicotera: trovate vaste colonie di coralli

Numerosi esemplari di un importante madreporario arborescente sono state ritrovate ad una profondità di circa 80 metri. La ricerca condotta dell’Unità Organizzativa Marine Strategy dell’Arpacal

Sensazionale scoperta nel mare di Nicotera: trovate vaste colonie di coralli

La biodiversità del mare calabrese ha regalato ancora una volta una scoperta eccezionale. Dopo il ritrovamento nel 2009 della foresta di corallo nero nei fondali delle acque prospicenti Scilla, a cura dei tecnici Ispra, nelle ultime settimane i biologi marini dell’Unità Organizzativa Marine Strategy dell’Arpacal (Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente della Calabria) hanno fatto una scoperta sensazionale nelle acque del Vibonese: vaste colonie di un importante madreporario arborescente sono state ritrovate nei fondali della baia di Nicotera, ad una profondità di circa 80 metri.

«E’ un tipo di corallo – spiegano Fabrizio Fabroni e Gianluca Pizzonia che hanno coordinato le attività di studio nell’area per l’Unità Marine Strategy – che si sviluppa in zone con determinate condizioni ecologiche. Si tratta di una specie considerata molto rara e vulnerabile nella lista dell’Iucn (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) e segnalata raramente nell’area del Tirreno Meridionale. Non siamo meravigliati più di tanto; durante le molteplici campagne oceanografiche che stiamo svolgendo, nei fondali delle coste calabresi più volte si sono rivelati habitat estremamente interessanti. Ancora una volta, i fondali della Calabria, evidenziano la ricchezza di biodiversità dei mari calabresi, un tesoro assolutamente da preservare».

Nel dettaglio. «Grazie all’utilizzo di un veicolo robotizzato subacqueo con controllo remoto di superficie (Rov) – spiega Alfredo Amoruso, coordinatore tecnico delle attività- siamo in grado di indagare in tempo reale su fondali con profondità non accessibili altrimenti, ottenendo immagini video e foto ad alta definizione e acquisendo moltissime informazioni di alta valenza scientifica».

«La scoperta è avvenuta nel corso del programma di monitoraggio denominato “Marine Strategy Framework Directive” – spiega Emilio Cellini, dirigente dell’Unità Operativa Marine Strategy che ha sede operativa presso il Dipartimento Arpacal di Crotone -. Tale programma, affidato su direttiva della Comunità Europea al Ministero dell’Ambiente, e recepito in Italia con il D. Lgs. 190/10  vede l’Arpacal come Agenzia Capofila della Sottoregione Mar Ionio-Mediterraneo Centrale con funzioni di coordinamento dell’intera sottoregione (Sicilia-Calabria-Basilicata). L’attuazione della direttiva Marine Strategy è uno strumento necessario alla conoscenza e protezione degli habitat marini che mette in atto misure per conseguire o mantenere un buon stato ambientale».

«Viene svolto periodicamente lungo tutte le coste della Calabria prevedendo una serie di attività di monitoraggio su differenti matrici biologiche, chimiche e fisiche – continua Cellini -. Tra le molteplicità del programma Marine Strategy, sono previsti anche i moduli per il monitoraggio delle specie non indigene (Nis) ovvero di tutti gli organismi marini introdotti nel Mediterraneo e che potrebbero, potenzialmente, alterarne gli endemismi».

«Monitoriamo aree sensibili in tutta la Calabria allo scopo di studiare i trend delle popolazioni di tali organismi e avere così sotto controllo il quadro della situazione ecologica» chiariscono i tre biologi Stefania Giglio, Elena Madeo e Francesco Cicero, specializzati nell’analisi quali-quantitativa e tassonomica di fito e zooplancton nelle diverse aree calabresi.

Anche i sedimenti vengono attenzionati dal programma. «I sedimenti dei fondali marini sono l’unico contesto in cui è possibile avere uno storico del mare – spiega Domenico Ricupero, chimico del team Marine Strategy – se vi è la presenza di contaminanti è possibile risalire con esattezza al tipo di sostanza e alla sua concentrazione, così da avere una descrizione completa dell’area indagata. Tali tipologie di contaminazione sono potenzialmente dannose per l’ambiente marino e quindi anche per l’uomo».

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