mercoledì,Maggio 8 2024

L’acqua che non c’è ed i sindaci che non fanno il mea culpa, la riflessione di Nicola Iozzo

«I primi cittadini dovrebbero semplicemente chiedersi, pur conoscendo benissimo il problema, cosa hanno fatto o cosa stanno facendo concretamente per la sua soluzione»

L’acqua che non c’è ed i sindaci che non fanno il mea culpa, la riflessione di Nicola Iozzo

Dall’ingegnere Nicola Iozzo riceviamo e pubblichiamo un intervento sulla carenza idrica

«La programmazione è un elemento imprescindibile in ogni attività, sia che riguardi la scuola, sia che riguardi beni e servizi, sia che riguardi la produzione industriale. Spesso la parola è abusata, usata in modo improprio, misconosciuta ai più anche se citata a piè sospinto. Programmare significa prima di tutto acquisire dati, informazioni, grandezze, poi elaborarli per raggiungere tramite percorsi ben definiti obiettivi altrettanto chiari. Ho fatto questa premessa perché ciclicamente si presentano i soliti problemi mai definitivamente risolti perché mai affrontati con la dovuta perizia. I trasporti, la sanità, la rete viaria sono quelli più “gettonati”. In questo periodo, il problema principale per tutti i Comuni calabresi è l’approvvigionamento idrico.

Quasi tutti gli amministratori degli enti locali calabresi, sia dei grandi che dei piccoli centri, lamentano la mancanza d’acqua ed i disagi provocati ai loro amministrati e cercano dei capri espiatori che sono, a loro dire, o gli stessi amministrati, o l’ente Regione o la Sorical (ente di gestione delle risorse idriche). Mai qualcuno di loro che faccia il mea culpa. Ai cittadini i sindaci chiedono, con ordinanze quasi fotocopie a quelle degli anni precedenti, di fare un uso parsimonioso dell’acqua e soprattutto di non utilizzarla per innaffiare i giardini e gli orti. Sembra che dimentichino che la vocazione del territorio sia prevalentemente agricola e turistica e conseguentemente vietarne o limitarne l’uso comporterebbe un ulteriore impoverimento dell’economia regionale e del reddito pro capite delle famiglie, ultimo secondo dati Svimez rispetto alle altre Regioni. Entrambe le attività sarebbero fortemente penalizzate, soprattutto quella turistica che vedrebbe una drastica diminuzione delle presenze dei turisti che, alle bellezze naturali delle Calabria, preferirebbero altri luoghi meno belli ma dotati di maggior e più qualificati servizi. Agli enti regionali e soprattutto alla Sorical imputano spesso colpe che non hanno. Il commissario della Sorical, Cataldo Calabretta, è chiamato ogni giorno a presenziare a riunioni per ascoltare le solite giaculatorie nella speranza che abbia poteri eccezionali e quasi divini e possa risolvere con la bacchetta magica problemi che si trascinano da anni. La Sorical, a capitale pubblico e privato, non è tuttavia esente da colpe. La sua gestione, per detta dello stesso commissario, presenta molte incongruenze gestionali e manageriali.

I sindaci invece dovrebbero semplicemente chiedersi, pur conoscendo benissimo il problema, cosa hanno fatto o cosa stanno facendo concretamente per la sua soluzione. Molti comuni hanno una rete rurale mai messa in funzione perché mancano le sorgenti di adduzione e, viceversa, molti altri comuni sono dotati di sorgenti (pozzi realizzati negli anni) e non hanno le condotte di adduzione. Quelle esistenti, sia per uso domestico che uso agricolo, non sono mai state monitorate e mai protette (protezione catodica o altri sistemi di protezione) ed il più delle volte sono delle reti “colabrodo” che disperdono dal 20 al 30% dell’acqua immessa. Basterebbe recuperare questo enorme spreco d’acqua rendendo più efficienti le reti di adduzione» e contemporaneamente attivare le reti per uso agricolo per avere un approvvigionamento sufficiente anche nel periodo estivo. Ma è meglio lamentarsi, fare le solite giaculatorie nelle quali eccelliamo tutti, che programmare ed operare per eliminare definitivamente questo annoso problema».

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