sabato,Aprile 27 2024

Se questo è un insegnante: l’estrema prova del green pass

La riflessione di un docente: «Siamo chiamati a fare obiezione di coscienza di fronte ad una sperimentazione che espone a rischio soprattutto i bambini»

Se questo è un insegnante: l’estrema prova del green pass
Nicola Rombolà

*di Nicola Rombolà, docente e giornalista

Il Green pass che ha la pretesa di riaprire le porte delle scuole e dell’università, dei luoghi di cultura e dei vari locali in sicurezza, si prefigura come un atto che viola la Costituzione ed è in palese contrasto con la normativa europea in materia, con la Carta di Nizza, con il codice di Norimberga, con i diritti umani e la dignità della persona, per le gravi discriminazioni che introduce. Non esiste alcuna giustificazione di carattere scientifico per la sua imposizione e i dati che arrivano da Israele lo dimostrano, sotto shock perché il 68% dei ricoverati sono vaccinati con il ciclo completo. Quindi lo scopo non dichiarato dal Governo Draghi è spingere bambini, giovani e coloro che non si sono sottoposti alla vaccinazione a farlo, utilizzando l’arma della propaganda, della paura e del ricatto. Si sta creando un clima irrespirabile, un allarme sociale molto preoccupante che porta fuori dalla civiltà giuridica e civile questo Paese. Oltre all’attacco ai fondamentali diritti sanciti nella Costituzione, si è deciso, senza alcun principio di precauzione, di sacrificare anche degli innocenti: bambini, adolescenti e giovani, che inevitabilmente saranno esposti ad eventi avversi imprevedibili, provocati da questi farmaci che ancora sono in fase di sperimentazione. [Continua in basso]

I dati scientifici rilevano che i minori non avranno alcun beneficio dal vaccino, ma solo rischi (lo affermano tra gli altri, l’organizzazione dei medici “IppocrateOrg”, il premio Nobel per la Medicina Luc Montagnier e il prof. Giovanni Frajese, endocrinologo e ricercatore, Università degli Studi di Roma – Tor Vergata). E infine il D.L mette in croce soprattutto i dirigenti (presidi), non solo il personale scolastico e le famiglie, perché verranno addossate queste gravi responsabilità sulle loro spalle mentre il Governo si lava le mani. E questo è assolutamente inaccettabile, perché i dirigenti scolastici hanno dovuto affrontare un’impresa titanica per assicurare la presenza in classe degli studenti, in tutto questo drammatico periodo di emergenza. Nella veste di insegnante che si assume delle responsabilità, ma soprattutto come essere umano sensibile al destino delle nuove generazioni, di fronte a questi potenziali pericoli, sarebbe importante praticare un’obiezione di coscienza e fare resistenza attraverso la parresia – la responsabilità delle parole e delle azioni – come ci ha insegnato don Lorenzo Milani nella “Lettera ai giudici” (1965) perché “l’obbedienza non è più una virtù” di fronte a leggi che riteniamo ingiuste.
La semplice e drammatica riflessione è questa: ma che cosa potrebbe insegnare un docente che perde la propria dignità e non esercita il pensiero critico, il dubbio, come ha auspicato Norberto Bobbio quando ha spiegato che “il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze” (Politica e cultura, 1955)?. E risuona come non mai, in questo frangente così angoscioso per l’umanità e per la democrazia in Italia, il monito di don Lorenzo Milani, “L’obbedienza non è una virtù” (Lettera ai Giudici, 1965). Per il priore di Barbiana al vertice deve esserci la parresia attraverso l’obiezione di Coscienza e la responsabilità delle proprie parole.

Nicola Rombolà, docente di materie letterarie e giornalista

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