sabato,Novembre 9 2024

A Soriano nuovi percorsi ricongiungono antiche separazioni. Impressioni intorno a “magnifiche rovine”

L'intervento della scrittrice molisana Maria Carmela Mugnano, tra bellezze paesaggistiche e chicche di storia

A Soriano nuovi percorsi ricongiungono antiche separazioni. Impressioni intorno a “magnifiche rovine”
Le rovine dell'antico convento di San Domenico a Soriano

Riceviamo e pubblichiamo di seguito un intervento della scrittrice molisana Maria Carmela Mugnano, concepito in seguito a un breve viaggio in Calabria e in particolare a una sosta a Soriano.

“Esistere è cambiare, cambiare è maturare, maturare è continuare a creare se stessi, senza fine” (Henri Bergson)  

Da qualunque parte si rivolga uno sguardo panoramico al paese di Soriano Calabro colpisce la prossimità, quasi una fusione abitativa, a Sorianello, il paese che lo sovrasta e a cui è legato da storia e vita comune: i due paesi, probabilmente sorti intorno a un  monastero fondato dai monaci basiliani sfuggiti alla lotta iconoclasta in Oriente, hanno fatto a lungo parte  dello stesso agglomerato. E in alto, accanto a quello che oggi è Sorianello, Soriano  è rimasto  per difendersi  dalle  incursioni saracene,  fino a quando, cessate queste esigenze, la sua espansione abitativa cominciò a portare insediamenti nella piana sottostante. I due nuclei, pur divisi, rappresentarono a lungo i due livelli dello stesso paese di Soriano, il superiore e l’inferiore, finché il riordino territoriale del primo  decennio del 1800 non ne fece due diverse realtà separandoli amministrativamente.   Comunque si voglia considerare le loro origini  e gli spostamenti di Soriano nel territorio, i due paesi sembrano rendere testimonianza di  un continuum familiare di radici che superano barriere e distinzioni imposte dal territorio o dagli uomini, come un  ponte di vita che ricongiunge una separazione e sul quale nei secoli è passata una lunga  e fraterna condivisione di relazioni, di fede e memorie… ma anche di eventi tragici, lutti e privazioni.

Il territorio di Soriano, e tanti altri in Calabria, hanno vissuto nei secoli catastrofici terremoti e si può immaginare come, in una visione più ampia, il  ricongiungimento alla memoria storica e alle radici,  importante a tutte le latitudini,  possa assumere  maggior significato in termini di riconoscimento di identità, di comunanza e di ricerca di fondamenti di stabilità, in una terra segnata da  eventi naturali distruttivi, fratture traumatiche, esodi dolorosi… Ed è solo una ricerca guidata dal cuore che può rendere inalterabile la relazione di vita con i nostri luoghi eletti, colmando separazioni tragicamente spezzate. È solo il cuore, che Giuseppe Ungaretti definiva “il paese più straziato”, a trarre linfa vitale da un ritorno alle origini, che talvolta diventa un pellegrinaggio alle nostre rovine, non più viste come dolorose e mute  testimonianze arcaiche, ma  in un ruolo comunicativo di viva “narrazione”  del  passato, della storia ufficiale  o personale che ci appartiene e a cui siamo appartenuti, che ci racconta  “chi eravamo”, una consapevolezza a volte necessaria per gettare luce  sul  “chi siamo”.

Ed ecco, quindi, che le “magnifiche rovine” in cui alberga l’anima di Soriano non possono che testimoniare di un “magnifico passato” in cui il  percorso di fede, arte e cultura nella storia del paese trae origine, ed è saldamente intrecciato nei secoli, al Convento dei  Frati dell’O.P. di san Domenico Guzman, qui fondato nel 1510. La scelta di Soriano, come  luogo della costruzione, è sollecitata in un sogno prodigioso fatto da Padre Vincenzo da  Catanzaro, un frate dalla vita semplice e rigorosa, e a qualche decennio di distanza  sarà visto come  un segno di predestinazione a quello che  il Convento, nel frattempo, era venuto a rappresentare nel mondo cattolico : un luogo di miracoli. Era il settembre del 1530 quando una  triplice apparizione celeste recò in dono alla Chiesa del Convento il miracoloso quadro, immagine acheropita di san Domenico, e, trapelata la notizia, Soriano diventò meta di pellegrinaggio di centinaia di migliaia di fedeli ogni anno.

Così, nella  Raccolta  de’ miracoli e gratie oprate dall’immagine del patriarca  S.Domenico di Soriano  descritte da Silvestro Frangipane  di Ignazio Ciantes, è riportato: … si può dire che fu destinato a quella Sacra Immagine la Terra di Soriano…. spiegando questa affermazione con il sogno ripetutamente fatto da  Padre Vincenzo in cui lo stesso san Domenico così lo apostrofava: Fra Vincenzo, non tardar punto d’andare in Soriano ad edificarmi ivi un Convento perchè troverai tutta quella Terra dispostissima a farlo ; nè ti trattenga da ciò qualunque pensiero humano, perchè l’opere divine si fanno con bassi strumenti.  Questa fondamentale Raccolta dei primi decenni del 1600, che per sua definizione vuole riportare  da una moltitudine immensa di miracoli occorsi… una picciola parte,  prima di procedere alla puntuale e accurata  descrizione, in ordine di anno,  degli eventi miracolosi e delle grazie, richiama  un’ importante realtà:  Fra’ primi e principali miracoli che opra questo maraviglioso Ritratto di Soriano, io credo che debba tenere il primo luogo il considerare, che, essendo Soriano una picciola Terra, che appena ha dentro delle sue mura mill’anime… nulla di meno con esser quello luogo in paese tanto incomodo, si è visto dall’anno 1609 in quà dalli 29 di Luglio infino a’ cinque d’Agosto venir tanto gran popolo, che fatto il computo così rozzamente… si è giudicato di certo che il numero sia asceso a centomila persone e alcuni anni esser arrivato insino a cento trentamila. E quel che è di maggior maraviglia si è che il numero è accompagnato da tanta divotione….

È significativo rilevare un percorso di fede che parte da luoghi lontani e supera confini  e  barriere territoriali in nome della  devozione  per un  Santo, come san Domenico, di cui è stato detto che ha riempito le distanze, nello spazio e nell’animo umano, ricongiungendo separazioni con la sua parola attinta dal libro della Carità.Un Santo nato in Spagna, che ha acceso  un fuoco nel mondo con la sua predicazione evangelica,  e che familiarmente veniva chiamato “di Soriano”, il luogo dove  in tanti, da sempre, lo  sentono “vivere”. 

Pertanto il miracolo vissuto da Soriano, picciola Terra diventata meta di un grande cammino spirituale, si è realizzato in una formidabile apertura al mondo, fiorita nell’economia del paese, ma che soprattutto l’ha posto al centro di importanti vie di studi e conoscenza teologica, letteraria, filosofica, scientifica che, dal Convento, culla del sapere, si irradiavano con una potente luce, recando presso i Frati  intellettuali e studiosi delle varie discipline, attratti dall’apertura dialettica,  da una vastissima  biblioteca e da una tipografia che stampava  molte opere importanti. E grande  centralità  ebbe il Convento come luogo di convegni che riunivano i principali rappresentanti dell’Ordine,  le Autorità ecclesiastiche, i messi pontifici…  

Questa magnificenza fu scossa dalle fondamenta dal terremoto del 1659 che distrusse   il Convento e gran parte della Chiesa, portando devastazione nel territorio, ma costituì anche l’obiettivo per una rinascita e una ricostruzione in maniera ampliata di tutto il complesso religioso, con una grande Basilica arricchita da pregevoli opere d’arte. Questo imponente progetto  portò a Soriano architetti,  scultori e  pittori  di  fama, conosciuti per aver lasciato traccia con le loro magnifiche opere nelle principali Chiese e nei Palazzi nobiliari di Roma, Napoli, e di altre città.

Ma il  rinnovato e ampliato splendore del complesso domenicano  non durò a lungo e con il terremoto del 1783 tutta quest’opera fu rasa al suolo insieme a  Soriano,  in una catastrofe che riguardò la Calabria centro-meridionale e il messinese.  Furono ridotti in macerie più di centottanta centri abitati, con  vasti territori che cambiarono volto a seguito di  frane, scivolamenti a valle di colline, fiumi che mutarono il loro corso, profonde fenditure nella terra…  Della vita  e dello splendore artistico e architettonico del Convento e della Basilica  non restarono  che “magnifiche rovine”, le stesse che oggi non possono, di primo impatto, non richiamare alla mente quanto debba essere stato grande e doloroso il senso di perdita, e faticoso il  cammino di  elaborazione di  sentimenti di frustrazione e di rassegnazione che, inevitabilmente,  in un territorio affiorano da ripetuti eventi tragici. Seguì  un interminabile  e buio periodo di spoliazioni e di trafugamenti di quello che era il tesoro  del Convento :  donativi dei fedeli, beni preziosi e opere artistiche, un lungo arco temporale in cui gli stessi Frati domenicani  furono ripetutamente allontanati da Soriano a causa di leggi che ne confiscarono i beni, e vendere successivamente quelli residui.

Ma in mezzo a tutta quella distruzione e privazione, il lungo cammino  di fede e cultura che aveva illuminato i secoli, lungamente assorbito dal territorio e di cui le rovine sono a tutt’oggi l’emblema narrante, non poteva soccombere. La rinascita parte sempre da dentro,  soprattutto quando la ricchezza portata da un simile percorso diventa un tesoro interiore indistruttibile, un vissuto di conoscenza, e ancor di più di coscienza, che attraverso il superamento di un antico dolore, può mettere le ali e far fiorire nuove consapevolezze e opportunità. E allora si può  comprendere come quelle “magnifiche rovine” acquistino  una loro identità in un tracciato che parte da lontano,  e prosegue per  ricongiungere  antiche separazioni e trasformare gli squarci e le ferite  di una terra in aperture  di vita, di rapporti, di progetti. 

I Frati domenicani rientrarono definitivamente a Soriano nel 1942, quando già con enormi difficoltà avevano ricostruito  nel secolo precedente la Chiesa, che oggi appare un prezioso   scrigno che racchiude i simboli dell’antico e nuovo percorso di fede, e mette al centro la miracolosa immagine di san Domenico. Si cominciò  a  scavare, a salvare, a riordinare, con l’aiuto della popolazione e delle Autorità civili, quello che era sopravvissuto,  dopo il terremoto, alle spoliazioni dei dominatori. 

Oggi a Soriano, sull’impronta di un magnifico passato, sono nate e vivono  delle eccellenze culturali, splendidi frutti portati da una consapevolezza e da un’antica educazione  e responsabilità a  una Cultura generosa, accogliente, condivisa, che generi a livello sociale conoscenza e coscienza.  E così la Biblioteca Calabrese,  fiore all’occhiello e importante riferimento nazionale,  con un patrimonio librario di quasi 40.000 volumi tra cui opere  molto rare, incunaboli e stampe antiche, dedicato esclusivamente alla Calabria e ai Calabresi, un unicum nella Regione. La Biblioteca pubblica da circa venticinque anni la rivista semestrale Rogerius  che va ad arricchire tutte le biblioteche nazionali  ed è distribuita anche all’estero. E così il Polo Museale che vanta tre gioielli, tre musei situati nella zona monumentale dell’antico Convento:  il Museo dei Marmi,  dove, in un’ ambientazione molto suggestiva, sono raccolti ed esposti circa 200 pregevoli marmi di età barocca  che arricchivano la Basilica e ne costituivano l’impianto decorativo, restituendoci, sia pure in maniera frammentata,  l’idea della sua magnificenza. E sono proprio queste opere d’arte, molte delle quali  emerse in maniera disgregata dalla terra durante gli scavi e sulle quali sono visibilmente impressi  i segni del terremoto, che ispirano viva commozione anche in  considerazione della grande cura nel restauro e nella loro evocativa collocazione; il  Museo d’Arte Sacra e Pinacoteca,con annessa l’antica tipografia, che espone beni provenienti dalle distrutte Chiese del Convento : oggetti sacri, paramenti e arredi, argenteria e oreficeria liturgica, oltre a  ceramiche medievali e quadri di importanti pittori, esponenti di fama  internazionale  del rinascimento, del barocco, del caravaggismo… ; il Museo  del Terremoto,  in questo settore il primo museo europeo, realizzato grazie all’idea illuminata di  portare avanti il discorso scientifico in materia attraverso un’attività di formazione e divulgazione sui fenomeni tellurici, servendosi di una tecnologia all’avanguardia  e di  un importante corollario storico e antropologico.

Questa  picciola Terra  ha continuato  il suo cammino ed è  tornata ad essere  una terra di approdo di studiosi e ricercatori  che qui si riuniscono  per convegni  a carattere internazionale, oltre a rappresentare un centro didattico vivo  di cultura, storia e formazione intorno e, soprattutto abbracciato, a “magnifiche rovine”.

Questo progresso, che non deve lasciar  stagnare “acque pure”, è bene espresso dalle parole tratte dal libro di P. Michele Fortuna O.P. sulla figura religiosa, morale e intellettuale di P.Antonino Barilaro O.P. , storico del Convento, che nella sua vita affrontò con grande attenzione e lucidità  varie tematiche sociali, oltre ad essere stato il paziente  e instancabile riorganizzatore della biblioteca domenicana. Le parole di P.Antonino  sembrano ricollegarsi alla frase in epigrafe sulla maturità creativa  del  filosofo ebreo Henri Bergson, molto  vicino al cattolicesimo, e si ispirano  a un’educazione  in cammino :

… Aldilà e al di sopra delle peculiari  esuberanze, resta nondimeno, puro e indiscusso, il valore superiore dello spirito umano, che in tutto e da tutto sa trarre motivo per progredire e nobilitarsi. L’umanità è in cammino. È assurdo pretendere di arrestarla. Ma non meno assurdo sarebbe di crederla arrivata ormai alla sua ultima vetta. Volgere lo sguardo solo al passato e non all’avvenire. Nell’educazione sarebbe deleterio. È legittimo raccogliere tutte le acque pure, da qualunque fonte siano esse scaturite, ma è necessario farle fluire sempre avanti senza lasciarle stagnare.

Ringraziamenti: Tanti dovrebbero essere i ringraziamenti personali nel mio viaggio e permanenza a Soriano… Ringrazio in maniera collettiva le Rappresentanze  religiose, civili, scolastiche, culturali, gli amici acquisiti, e in particolare i giovani che offrono un bell’esempio di vita e di generosità. E ringrazio la popolazione di Soriano, e la sua gentilezza e disponibilità “di antica accoglienza”.

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