Operazione “Black widows”, il ruolo delle donne: «Dovevamo nascere uomini» (VIDEO)
Le sorelle Viola e Rosa Inzillo volevano uccidere Giovanni Nesci per vendicare l’omicidio del fratello Salvatore. L’anziana madre costretta a nascondere una pistola nel reggiseno. La famiglia aveva anche un poligono di tiro all’aperto per addestrarsi
Emerge in maniera cristallina il ruolo giocato dalle donne della famiglia Inzillo di Sorianello nelle pieghe dell’operazione “Black widows” che ha portato, nel corso della nottata, all’esecuzione, da parte della Squadra mobile di Vibo Valentia e degli agenti del Commissariato di Polizia di Serra San Bruno, di un provvedimento di fermo emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, a carico di sette persone ritenute responsabili, a vario titolo, di tentato omicidio, detenzione e porto abusivo di armi oltre che di ricettazione: reati tutti aggravati dal metodo mafioso.
Tra queste, indagate due donne: le sorelle Viola e Rosa Inzillo, 52 e 50 anni, le quali avrebbero giocato un ruolo decisivo nei piani criminali della famiglia strettamente legata alla consorteria degli Emanuele-Maiolo di Sorianello ed Acquaro.
Al centro delle indagini, l’agguato, fallito, ai danni di Giovanni Alessandro Nesci, perpetrato il 28 luglio 2017, quando il 28enne contiguo alla consorteria rivale dei Loielo di Gerocarne si trovava in compagnia del fratello minore Manuel, 12enne affetto da sindrome di Down. Lo stesso Giovanni Nesci era scampato ad un precedente agguato il 2 aprile 2017, quando l’auto sulla quale viaggiava era stata bersagliata da colpi di pistola, sempre a Sorianello.
In mezzo ai due episodi, il 21 giugno 2017, l’omicidio del 46enne Salvatore Inzillo, fratello di Viola e Rosa, ucciso a colpi di fucile in una viuzza del centro di Sorianello mentre si trovava a bordo di uno scooter. E proprio per vendicare quell’omicidio sarebbe stato ordito il nuovo agguato a Giovanni Nesci, progetto criminale nel quale, come detto, proprio le donne oggi raggiunte dal fermo avrebbero giocato un ruolo determinante, aizzando la famiglia alla vendetta. Un operato, il loro, hanno dichiarato gli inquirenti, che «si è contraddistinto per l’inusitata violenza delle affermazioni, per la determinazione evidenziata nei propositi omicidiari, per il costante incentivo all’azione assicurato in favore dei “maschi buoni” della famiglia (ossia gli uomini capaci di commettere le azioni delittuose) nonché per l’apporto che in prima persona le stesse hanno garantito nella custodia delle armi». Tanto che le stesse, intercettate, dichiaravano a più riprese che «dovevamo nascere uomini».
Le indagate, come si è appreso dai dettagli sull’operazione ribaditi in conferenza stampa questa mattina in Questura a Vibo alla presenza del procuratore capo della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri, non hanno esitato nemmeno a coinvolgere anche l’anziana madre, indotta ad occultare una pistola nel reggiseno per fugare eventuali controlli ad opera delle forze dell’ordine. L’anziana donna non risulta al momento arrestata. A determinare il provvedimento odierno, hanno spiegato ancora gli inquirenti, l’imminente pericolo di fuga degli indagati nonché l’estrema pericolosità degli stessi che stavano pianificando ulteriori azioni contro tutta la famiglia Nesci. Le indagini hanno fatto ricorso a metodi tradizionali puntando sull’utilizzo di molte intercettazioni ambientali e telefoniche. Intercettazione delle quali, ad un certo punto, hanno avuto contezza gli stessi indagati ritrovando alcune microspie senza tuttavia che ciò li fermasse dall’attuare i loro propositi di vendetta.
Nell’ambito delle stesse, oltre al rinvenimento di diverso munizionamento (pronto all’uso) occultato negli anfratti delle vecchie abitazioni di Sorianello, armi, cartucciere, passamontagna ed un veicolo custoditi dagli indagati all’interno di alcuni stabili disabitati di Gerocarne in funzione di una prossima azione omicidiaria da consumarsi in danno dei Nesci, si è proceduto pure al sequestro di due fucili, uno occultato nell’ex acquedotto di Sorianello e un secondo ritrovato nella disponibilità di Viola Inzillo (in foto). Reato per il quale la donna era già stata arrestata lo scorso 13 gennaio e condotta in carcere a Reggio Calabria per poi essere rilasciata a piede libero. È inoltre emerso come i componenti della famiglia Inzillo avessero allestito una sorta di poligono all’aperto per addestrarsi al tiro. In un quadro di grande allarme sociale, dunque, è stato inoltre ribadito come «fondamentale per evitare altri agguati si è rivelata la presenza delle forze di Polizia sul territorio. Cento uomini di Sco, Reparto prevenzione Crimine, Squadra Mobile di Vibo e commissariato di Serra San Bruno – è stato ricordato – hanno impedito nuovi agguati con presenza costante sul territorio di Sorianello».
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