‘Ndrangheta: l’autobomba per Ciconte e le dinamiche criminali delle Preserre vibonesi
Gli scenari, la faida, i morti ammazzati e gli agguati riletti dagli investigatori. Il ruolo dei clan Loielo, Emanuele ed Altamura fra Sorianello, Ariola e Gerocarne
E’ già all’attenzione della Dda di Catanzaro l’attentato con un’autobomba che ieri ha fatto saltare in aria a Savini di Sorianello Nicola Ciconte, 28 anni, giovane del luogo con precedenti per reati legati agli stupefacenti, rimasto gravemente ferito e che si trova ora ricoverato nell’ospedale di Catanzaro. Sulla scrivania della Procura distrettuale antimafia ci sono del resto già aperti i fascicoli d’indagine su diversi fatti di sangue che dal 2009 vedono quale epicentro la zona delle Preserre vibonesi ed in particolare Sorianello e Gerocarne dove si fronteggiano i clan Loielo da un lato e gli Emanuele dall’altro.
Lo scenario. Gli equilibri mafiosi dell’intera zona sono stati da sempre governati dal “locale” di ‘ndrangheta di Ariola con al vertice il boss Antonio Altamura, già condannato nei processi nati dalle operazioni “Crimine” della Dda di Reggio Calabria e “Luce nei boschi” portata a termine dalla Procura distrettuale di Catanzaro. Con la condanna del boss e dell’ala militare del “locale di Ariola” rappresentata dal boss Bruno Emanuele ed i suoi sodali, sul territorio si è scatenata una faida che vede il gruppo dei Loielo contrapposto agli stessi Emanuele. I Loielo hanno da sempre rappresentato nella zona il vero gruppo mafioso egemone, quello che decideva i fatti di sangue e la spartizione degli affari nell’intero comprensorio delle Preserre vibonesi. Con la carcerazione di Vincenzo, Giovanni e Francesco Loielo – condannati in via definitiva per alcuni sequestri di persona compiuti sul finire degli anni n’80 e gli inizi degli anni ’90 – il potere mafioso nella zona sarebbe quindi passato ai fratelli Giuseppe e Vincenzo Loielo, cugini dei primi tre. Due personaggi che – sotto la “regia” del boss Antonio Altamura – avrebbero messo all’angolo anche il clan Maiolo di Acquaro accreditando nella “società di Ariola”, e quindi nella ‘ndrangheta, Bruno Emanuele ed i suoi sodali. Lo stesso Bruno Emanuele, del resto, sin da ragazzo non sarebbe stato estraneo alle logiche criminali, atteso che il padre, Nazzareno Emanuele, dopo un duello a colpi di coltello nel lontano 1963 con Bruno Vallelunga (dei “Viperari” di Serra San Bruno), è caduto vittima di un agguato sul finire degli anni ’70.
Lo scontro fra gli Emanuele ed i Loielo. I contrasti fra i Loielo e gli Emanuele sono però presto arrivati ad un punto di non ritorno agli inizi del 2000, con gli Emanuele che hanno preparato e portato a termine – con il sostegno del clan Forastefano di Cassano allo Jonio – l’agguato mortale ai danni dei fratelli Giuseppe e Vincenzo Loielo, uccisi nei pressi dell’acquedotto di Gerocarne nell’aprile del 2002. Da tale data il gruppo dei fratelli Bruno e Gaetano Emanuele è divenuto di fatto l’unico “braccio armato” del “locale di ‘ndrangheta” di Ariola guidato dal boss Antonio Altamura.
Il vuoto di potere dopo l’operazione “Luce nei boschi”. A gennaio del 2012, però, gli arresti degli Emanuele e degli Altamura con l’operazione “Luce nei boschi” ha determinato un nuovo assetto degli equilibri criminali e in particolare ha favorito il riemergere della consorteria facente capo alla famiglia Loielo che, a partire da quel momento, si è impegnata per riacquisire quel controllo delle attività illecite perso dopo l’agguato avvenuto il 22 aprile 2002 ai danni dei fratelli Giuseppe e Vincenzo Loielo.
L’escalation di agguati inizia con il tentato omicidio di Salvatore Inzillo, ritenuto vicino al clan Emanuele, avvenuto nel novembre del 2009 mentre si trovava a bordo della sua Audi in località “Torre2 di Sorianello. Quindi la ripresa delle ostilità il 15 novembre 2011 con il tentato omicidio di Giovanni Nesci, 27 anni, di Gerocarne, ritenuto vicino al gruppo dei Loielo. Poi il tentato omicidio di Giovanni Emanuele, 1 aprile 2012; l’omicidio di Nicola Rimedio, 2 giugno 2012; l’omicidio di Antonino Zupo, 22 settembre 2012; l’omicidio di Domenico Ciconte, 25 settembre 2012, imprenditore boschivo. Tutti soggetti legati al gruppo Loielo, con Domenico Ciconte imparentato con Rimedio nonché cugino del padre di Nicola Ciconte, il giovane rimasto ieri ferito dall’esplosione di una bomba collocata nella sua auto. La risposta dei Loielo agli agguati sarebbe arrivata con il tentato omicidio ai danni di Domenico Tassone, avvenuto il 25 ottobre 2012. Nell’occasione ha perso la vita il 18enne Filippo Ceravolo, ucciso per errore ed estraneo ai clan. Nuovo omicidio il 12 aprile del 2013, con Salvatore Lazzaro, sparato dentro casa in contrada Pozzo di Gerocarne il 12 aprile 2013 mentre si trovava agli arresti domiciliari e poi morto in ospedale a Catanzaro il giorno successivo.
La ripresa della faida. La faida si riapre nel luglio 2014 con il tentato omicidio di Valentino Loielo, 20 anni, figlio del boss Giuseppe, ucciso nel 2002 dal clan Emanuele. Valentino Loielo viene ferito a colpi di mitraglietta mentre viaggiava a bordo di una Fiat 500 con la sorella e la madre lungo la strada che da Sorianello conduce a Soriano Calabro.
Un anno prima era stato arrestato Rinaldo Loielo, fratello di Valentino, mentre trasportava in auto un potente ordigno esplosivo che doveva servire per alimentare la faida delle Preserre con l’appoggio del boss Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”. Quindi nell’ottobre e nel novembre del 2015 ottobre seguono altri due tentati omicidi contro la famiglia Loielo: il primo il 22 ottobre nei pressi di Ariola di Gerocarne dove i killer sparano senza uccidere con un fucile calibro 12 contro la macchina in corsa di Antonino Loielo che si trovava in compagnia della moglie in gravidanza, delle due figlie piccole e del primogenito maschio Alex, tutti cugini di Rinaldo e Valerio; il secondo il 5 novembre 2015 nella medesima località con bersaglio Valerio Loielo, Walter Loielo (fratello di Alex) e Rinaldo Loielo, quest’ultimo figlio dell’ex boss Vincenzo Loielo ucciso nell’agguato dell’aprile 2002 costato la vita anche al fratello Giuseppe.
Risale invece al 4 marzo scorso l’omicidio di Domenico Stambè a Sant’Angelo di Gerocarne, seguito dal nuovo tentato omicidio ai danni di Giovanni Nesci (2 aprile scorso) avvenuto a Sorianello e l’omicidio di Salvatore Inzillo, 46 anni, avvenuto a Sorianello. Inzillo, già scampato all’agguato del 2009, era ritenuto vicino agli Emanuele. L’ultimo agguato risale al 29 luglio scorso. Vittima, ancora una volta, Giovanni Nesci, rimasto ferito mentre si trovava in compagnia del fratello di 12 anni, quest’ultimo peraltro affetto dalla sindrome di down.
Il profilo facebook di Nicola Ciconte. Ieri l’ultimo atto della faida con l’autobomba che ha ferito gravemente Nicola Ciconte, ritenuto vicino al gruppo dei Loielo. Una vicinanza “ostentata”, tanto che come copertina del suo profilo facebook il giovane ha scelto di piazzare una foto che ritrae due suoi amici morti ammazzati: Nicola Rimedio e Salvatore Lazzaro. Aspetti e legami per nulla trascurati dai carabinieri del Nucleo investigativo di Serra San Bruno che stanno cercando in queste ore di offrire alla Dda di Catanzaro un quadro più completo possibile sulle dinamiche criminali in atto e sui nuovi assetti della ‘ndrangheta delle Preserre vibonesi.
In foto dall’alto verso il basso: Antonio Altamura, Bruno Emanuele, Salvatore Inzillo, Rinaldo Loielo, Nicola Romedio e Salvatore Lazzaro, Nicola Ciconte
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