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Rinascita Scott e Nemea, lasciano il carcere Giuseppe Soriano e la madre

Decisione della Corte d’Appello di Catanzaro per scadenza dei termini massimi di carcerazione preventiva. Entrambi condannati anche nel processo Ragno. Ecco tutte le vicende giudiziarie che li vedono coinvolti

Rinascita Scott e Nemea, lasciano il carcere Giuseppe Soriano e la madre
Graziella Silipigni

Lasciano il carcere Giuseppe Soriano, 30 anni, e la madre Graziella Silipigni, 50 anni, entrambi di Pizzinni di Filandari e condannati il 26 ottobre scorso dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia al termine di un processo nato dalle operazioni antimafia denominate Nemea e Rinascita Scott. La scarcerazione è della Corte d’Appello di Catanzaro, presieduta dal giudice Giulia De Gregorio, in accoglimento di un’istanza degli avvocati Diego Brancia e Daniela Garisto relativa alla cessazione del termine di fase (decorrenza termini). Giuseppe Soriano è stato condannato a 13 anni e 8 mesi di reclusione, mentre la madre Graziella Silipigni (moglie di Roberto Soriano, scomparso per “lupara bianca”) è stata condannata a 12 anni di carcere. La Corte d’Appello ha anche disposto la cessazione – a far data dal 25 giugno prossimo – del divieto di dimora in Calabria che era stato applicato dall’ottobre del 2019 nei confronti di Graziella Silipigni.

Giuseppe Soriano

Giuseppe Soriano resta ai domiciliari

Giuseppe Soriano non tornerà tuttavia in totale libertà in quanto il 17 maggio scorso è stato raggiunto da una nuova ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari nell’ambito dell’operazione Anteo della Dda di Catanzaro, accusato di aver ricevuto un quantitativo di eroina.

Da ricordare, infine, che il 20 maggio scorso la Corte d’Appello di Catanzaro ha condannato Giuseppe Soriano ad altri 13 anni e 10 mesi di reclusione al termine del processo nato dall’operazione antimafia denominata “Ragno”. Graziella Silipigni è stata invece in tale processo condannata a 3 anni e 4 mesi. Nel processo “Ragno”, tuttavia – la cui operazione risale al 2011 – madre e figlio sono imputati a piede libero. Sono accusati di essere organici, con un ruolo di spicco, all’omonimo clan di Filandari guidato da Leone Soriano.

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