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Gestione a Vibo delle società di Franco Barba: una condanna e cinque prescrizioni

Caduta l’aggravante mafiosa nell’inchiesta della Dda di Catanzaro chiusa dopo dieci anni. Contestata l’intestazione fittizia di beni e il reato di minacce ai danni degli amministratori giudiziari

Gestione a Vibo delle società di Franco Barba: una condanna e cinque prescrizioni
Franco Barba

Cade l’aggravante mafiosa e gran parte dei reati va così in prescrizione. Si conclude così, con una sola condanna dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia (presidente Tiziana Macrì, a latere i giudici Laerte Conti e Roberta Ricotta) il processo nato da un’inchiesta della Dda di Catanzaro sull’intestazione fittizia dei beni di Franco Barba e sulle presunte minacce agli amministratori giudiziari.

Questa la sentenza: condanna a 4 anni e 6 mesi per Franco Barba, 59 anni, di Vibo Valentia; prescrizione per: Vincenzo Barba, 35 anni, di Vibo Valentia, figlio di Franco Barba; Bruno Barba, 37 anni, di Vibo Valentia, altro figlio di Franco Barba; Ancuta Nechita, 43 anni, romeno residente a Vibo; Mihail Nechita, 47 anni, romeno residente a Vibo Giuseppe Scardamaglia, 68 anni, nativo di Dinami ma residente a Vibo Valentia.

Per alcune contestazioni incassano l’assoluzione «perché il fatto non sussiste» e poi «per non aver commesso il fatto» Vincenzo Barba e Franco Barba. Il Tribunale ha altresì deciso per la confisca della cooperativa “Eurobulding due”. Tutti gli imputati sono stati difesi dall’avvocato Diego Brancia. Il procedimento penale è stato iscritto nel registro delle notizie di reato l’8 gennaio 2009, ma l’avviso di conclusione delle indagini preliminari da parte della Dda di Catanzaro è arrivato solo dieci anni dopo, nel marzo 2019. [Continua in basso]

Le contestazioni 

Franco Barba, Vincenzo Barba, Ancuta Nechita, Mihail Nechita, Giuseppe Scardamaglia erano per il reato di concorso in intestazione fittizia di beni, con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa del clan Lo Bianco-Barba di Vibo. Per consentire l’elusione delle disposizione di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale, Francesco e Vincenzo Barba avrebbero infatti attribuito fittiziamente a Ancuta Nechita, Mihail Nechita e Giuseppe Scardamaglia le quote della società cooperativa “Euro Bulding 2” risultata, di fatto – ad avviso del pm – nella disponibilità dei Barba. Francesco e Vincenzo Barba erano poi imputati per aver il primo intestato fittiziamente al secondo le quote della “Borghesiana Realty Corporation srl”, con sede a Zagarolo (Rm), al fine di eludere le misure di prevenzione patrimoniali. Anche in questo caso la contestazione è aggravata dall’agevolazione del clan Lo Bianco-Barba a partire dal mese di novembre del 2008.

A Franco e Vincenzo Barba veniva inoltre contestato il reato di sottrazione di cose (da mese di novembre 2008 al dicembre dello stesso anno). Nel caso specifico di taluni mezzi meccanici rientranti nel patrimonio aziendale dell’impresa “Alba Sud srl” di proprietà di Franco Barba e di cui Vincenzo Barba era stato nominato custode del patrimonio aziendale confiscato. I beni sarebbero stati sottratti da padre e figlio per utilizzarli nell’impresa “Euro Bulding 2”. Reato anche in questo caso aggravato dalle finalità mafiose.
Franco Barba, Vincenzo Barba e Bruno Barba erano infine imputati, in concorso fra loro, del reato di minaccia a pubblico ufficiale con l’aggravante dell’aver voluto agevolare la consorteria mafiosa dei Lo Bianco-Barba. In particolare, il 23 luglio 2008, Bruno Barba “con fare concitato richiedeva, unitamente agli operai della società Alba Sud, il pagamento degli stipendi, così instaurando un clima di tensione” che – secondo l’accusa – impediva di fatto agli amministratori giudiziari di tale società incaricati dal Tribunale di Catanzaro, di proseguire il proprio operato, inducendo Nicola Bosco ed Ernesto Florio a richiedere alla competente autorità giudiziaria l’assistenza della polizia nell’espletamento dei compiti loro assegnati.

In data 12 settembre 2008, Bruno Barba era accusato di aver manifestato un atteggiamento ostile ed insofferente all’indirizzo dei due amministratori giudiziari proferendo nei loro confronti, con tono alterato, la seguente espressione: “Me ne vado perché se mi innervosisco vi prenderei a seggiate”. Il tutto per costringere, secondo l’accusa, i suddetti pubblici ufficiali a compiere atti contrari ai propri doveri o omettere atti doverosi in relazione al loro incarico, in modo da consentire ai Barba l’indebita ingerenza nella gestione della aziende sotto sequestro, facendo pressione per il pagamento degli stipendi degli operai e mantenendo la detenzione delle chiavi d’accesso del capannone della società. Anche in questo caso con l’aggravante dell’agevolazione del clan mafioso dei Lo Bianco-Barba del quale Franco Barba è già stato ritenuto di farne parte essendo stato condannato in via definitiva per associazione mafiosa al termine del processo nato dall’operazione “Nuova Alba”. Franco Barba si trova tuttora indagato nell’operazione “Outset” quale mandante dell’omicidio di Mario Franzoni, commesso a Portosalvo il 21 agosto del 2002. E’ anche imputato nel maxiprocesso Rinascita Scott.

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