venerdì,Aprile 26 2024

Omicidio Vangeli nel Vibonese, pena quasi dimezzata in appello per Giuseppe Prostamo

Cadono nel secondo grado di giudizio le aggravanti della premeditazione e dei motivi abietti e futili. Sentenza riformata in parziale accoglimento delle prospettazioni della difesa. Il delitto nell’ottobre del 2018 con il corpo del 26enne di Filandari mai ritrovato

Omicidio Vangeli nel Vibonese, pena quasi dimezzata in appello per Giuseppe Prostamo
La Corte d'Appello e nei riquadri Francesco Vangeli e Giuseppe Prostamo
Giuseppe Prostamo

Parziale accoglimento dei motivi d’appello proposti dagli avvocati Giuseppe Grande e Sergio Rotundo e così la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro (presidente il giudice Gabriella Reillo) ha riformato la sentenza di primo grado (arrivata al termine del rito abbreviato) nei confronti di Giuseppe Prostamo, 36 anni, di San Giovanni di Mileto, accusato dell’omicidio e della soppressione del cadavere del 26enne di Scaliti di Filandari Francesco Vangeli. Dai 30 anni di reclusione del primo grado di giudizio (gip distrettuale Gabriella Logozzo), Giuseppe Prostamo è passato ora alla condanna in appello pari a 17 anni, 6 mesi e 20 giorni di reclusione. Gli veniva contestato anche il reato di detenzione illegale di armi. A determinare la riforma della sentenza di condanna del primo grado di giudizio è stata in appello l’esclusione da parte dei giudici di due aggravanti: la premeditazione del delitto e la futilità dei motivi nel fatto di sangue. Tale esclusione delle aggravanti ha quindi portato la pena dai 30 anni di reclusione del primo grado di giudizio (pena già scontata di un terzo per via della scelta del rito abbreviato) alla condanna odierna a 17 anni, 6 mesi e 20 giorni del giudizio d’appello. [Continua in basso]

Francesco Vangeli, vittima di lupara bianca
Francesco Vangeli

L’originaria accusa per Giuseppe Prostamo (ed il fratello Antonio che è stato condannato anche lui in primo grado dinanzi alla Corte d’Assise di Catanzaro avendo scelto il rito ordinario) era quella di omicidio e soppressione di cadavere ai danni di Francesco Vangeli, aggravata dal metodo e dalle finalità mafiose e dall’ulteriore aggravante di aver commesso il fatto per motivi abietti “connessi per un verso all’avere Vangeli riallacciato la relazione sentimentale con Alessia Pesce, per altro verso al mancato pagamento di un debito di droga dello stesso Vangeli – ha sostenuto la Dda di Catanzaro – nei confronti di Giuseppe Prostamo”. L’aggravante della metodologia mafiosa per Giuseppe Prostamo era però stata esclusa dal giudice già in primo grado e veniva fatta derivare, secondo la prospettazione accusatoria, dai legami dei due Prostamo con gli zii Nazzareno (già condannato all’ergastolo per l’omicidio di Pietro Cosimo consumato nel 1990 a Catanzaro) e Giuseppe Prostamo, quest’ultimo ucciso a San Costantino Calabro il 4 giugno 2011 in un agguato di stampo mafioso.
Per Giuseppe Prostamo (ed al fratello Antonio) anche l’accusa di detenzione e porto illegale di una pistola che, nel corso del 2017, i due avevano “affidato a Francesco Vangeli affinchè – spiega la Dda nei capi d’imputazione – la conservasse per loro conto”. Per i due Prostamo, quindi, pure l’accusa di detenzione di un fucile.

Giuseppe Prostamo è stato condannato anche al pagamento delle spese sostenute dalle parti civili (Marco Vangeli – assistito dagli avvocati Nicodemo Gentile, e Federico Vangeli, assistito dall’avvocato Antonio Cozza, Elsa Tavella assistita dall’avvocato Francesca Comito, in proprio e in qualità di tutrice di Mariangela Prandini e Valerio Vangeli).

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