Omicidio Vangeli nel Vibonese, condannato Antonio Prostamo
Sentenza della Corte d’Assise di Catanzaro. La Dda con il pm Annamaria Frustaci aveva chiesto il carcere a vita per l’imputato accusato di aver eliminato il 26enne di Filandari. Il delitto per l’accusa non avrebbe una connotazione esclusivamente passionale. Caduta la premeditazione e l'aggravante mafiosa
Anni 30 di reclusione. Questa la condanna della Corte d’Assise di Catanzaro nei confronti di Antonio Prostamo, 32 anni, di San Giovanni di Mileto, accusato di concorso (con il fratello Giuseppe) nell’omicidio di Francesco Vangeli, scomparso all’età di 26 anni da Scaliti di Filandari nell’ottobre del 2018 ed il cui corpo non è stato ritrovato. Il pm della Dda, Annamria Frustaci, aveva chiesto la condanna all’ergastolo con isolamento diurno. Antonio Prostamo era anche accusato del reato di percosse ai danni di Alessia Pesce, la ragazza contesa con Francesco Vangeli. Ragazza che sarebbe stata brutalmente percossa da Prostamo il 18 novembre 2018, nonostante la sua gravidanza.
La Corte ha assolto l’imputato dalla premeditazione del delitto e cade pure l’aggravante del metodo mafioso. Assoluzione per la detenzione illegale di armi (una pistola e un fucile) mentre il reato di violenza privata è stato riqualificato in quello di minaccia. Non doversi procedere per le percosse per assenza di querela della Pesce. Non sono stati trasmessi gli atti alla Procura per Greco, Montenegro e Alessia Pesce così come aveva invece chiesto il pm della Dda di Catanzaro.
Secondo la ricostruzione accusatoria, avendo Francesco Vangeli compreso la gravità della situazione – anche alla luce della riconciliazione con Alessia Pesce avvenuta proprio nella mattina del 9 ottobre 2018 – si sarebbe portato con Alessio Porretta a Nao di Ionadi per informare della situazione Fausto Signoretta (in virtù, per la Dda di Catanzaro, della sua vicinanza alla famiglia Mancuso avendo lo stesso Signoretta battezzato la figlia di Giuseppe Mancuso, quest’ultimo figlio di Giovanni Mancuso) e riferirgli che era in procinto di recarsi a San Giovanni di Mileto. [Continua in basso]
Successivamente, Francesco Vangeli si sarebbe recato dai Prostamo, “portando con sé, come “garanzia” per la propria incolumità il suo amico Alessio Porretta, attesi i rapporti parentali di Porretta – evidenzia la Procura distrettuale – con la famiglia Tavella di San Giovanni di Mileto, affiliata al medesimo locale di ‘ndrangheta a cui appartiene la famiglia Prostamo”.
Giunti sul posto, Porretta sarebbe stato riaccompagnato a casa, mentre Francesco Vangeli sarebbe stato costretto a restare con i Prostamo ed al termine di un “confronto” con i due fratelli Antonio e Giuseppe, sarebbe stato colpito con un colpo d’arma da fuoco, rinchiuso in un sacco nero di plastica ancora moribondo, trasportato a bordo del suo veicolo e gettato nel fiume Mesima ancora agonizzante, mentre la vettura ed il telefono cellulare sono stati dati alle fiamme.
Per Antonio Prostamo anche l’accusa di omicidio e soppressione di cadavere ai danni di Francesco Vangeli, aggravata dal metodo e dalle finalità mafiose e dall’ulteriore aggravante di aver commesso il fatto per motivi abietti “connessi per un verso all’avere Vangeli riallacciato la relazione sentimentale con Alessia Pesce, per altro verso al mancato pagamento di un debito di droga dello stesso Vangeli – sostiene la Dda – nei confronti di Giuseppe Prostamo”. L’aggravante della metodologia mafiosa per Antonio Prostamo veniva fatta derivare, secondo la prospettazione accusatoria, dai legami dei due Prostamo con gli zii Nazzareno (già condannato all’ergastolo per l’omicidio di Pietro Cosimo consumato nel 1990 a Catanzaro) e Giuseppe Prostamo, quest’ultimo ucciso a San Costantino Calabro il 4 giugno 2011 in un agguato mafioso. Ma da tale aggravante l’imputato è stato assolto, così come dalla premeditazione.
Ai due fratelli Prostamo (Giuseppe Prostamo è già stato condannato a 30 anni di reclusione al termine del rito abbreviato ed è in corso il processo d’appello) veniva mossa pure l’accusa di detenzione e porto illegale di una pistola che, nel corso del 2017, i due avevano “affidato a Francesco Vangeli affinchè – sostiene la Dda di Catanzaro – la conservasse per loro conto”. Per i Prostamo, infine, l’accusa di detenzione illegale di un fucile.
Il movente del delitto
Secondo l’accusa, il delitto non avrebbe avuto una connotazione esclusiva di omicidio passionale. “I nuovi elementi acquisiti nel corso delle indagini” avrebbero permesso alla Dda “di riscontrare come ulteriore movente dell’omicidio, oltre alla relazione con Alessia Pesce, anche – ha sostenuto la Procura antimafia di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri – i debiti di droga maturati da Francesco Vangeli nei confronti di Giuseppe Prostamo, nonché la mancata restituzione dell’arma da fuoco ad Antonio e Giuseppe Prostamo”.
I familiari di Francesco Vangeli sono parte civile nel processo con gli avvocati Francesca Comito, Nicodemo Gentile e Antonio Cozza. Antonio Prostamo è invece difeso dagli avvocati Giuseppe Grande e Sergio Rotundo.
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