martedì,Aprile 30 2024

Giustizia a Vibo, il presidente del Tribunale in Antimafia: «Non si può sbagliare altrimenti è finita»

Il giudice Antonio Di Matteo alla Commissione parlamentare: «Si viene da una situazione di vero abbandono». Per anni niente rinvii a giudizio da parte del gup

Giustizia a Vibo, il presidente del Tribunale in Antimafia: «Non si può sbagliare altrimenti è finita»
Sullo sfondo il Tribunale di Vibo, nel riquadro Antonio Di Matteo
Antonio Erminio Di Matteo
Antonio Erminio Di Matteo

Offre diversi spunti di riflessione l’audizione del presidente del Tribunale di Vibo Valentia, Antonio Di Matteo, resa dinanzi alla Commissione parlamentare antimafia all’epoca guidata dal senatore Nicola Morra. Sebbene risalente a quasi quattro anni fa, l’audizione – di recente desecretata – rivela diversi aspetti inediti e fa ben capire quanto la giustizia a Vibo Valentia abbia funzionato a “singhiozzo” e, soprattutto, si siano vissute situazioni paradossali solo in parte conosciute. “Per quanto riguarda magistrati, personale e luoghi, non posso dire che manchi tutto, però serve un potenziamento: questa occasione va utilizzata. Ve l’ho detto perché – ha affermato Di Matteo – una risposta è dovuta alla popolazione calabrese e alle persone che hanno subito il potere della criminalità organizzata. Non possiamo rischiare di rovinare il lavoro svolto e ci rendiamo conto che stiamo correndo rischi concreti. Poi ci sono strumenti di tutti i tipi e, secondo me, dobbiamo utilizzarli tutti, anche le applicazioni, delle quali, però, personalmente diffido, nel senso che si tratta di inserire in un contesto persone che vengono da altrove e ho toccato con mano esperienze negative da questo punto di vista”.

Quindi l’esempio del processo nato dall’operazione antimafia “Costa Pulita”, arrivato a sentenza solo il 13 marzo scorso nonostante l’operazione risalga all’aprile del 2016. Ho visto il Collegio di quel processo in cui si sono avvicendati una serie di giudici, alcuni dei quali erano in applicazione, e alla fine il risultato lo raggiunge chi ha l’obbligo di rimanere al suo posto sul territorio. Il territorio di Vibo Valentia viene da esperienze molto negative e da un brutto passato nel mondo giudiziario. Non mi permetto di giudicare nessuno e non voglio censurare nessuno. Chi è stato qui si è trovato in situazioni difficilissime, ma certamente ci sono state esperienze negative e in alcuni casi oscure. Ho tenuto processi penali per magistrati alla Corte d’appello di Salerno, che era il foro competente. Quindi, quando io e il presidente di sezione siamo arrivati e ci siamo conosciuti, sapevamo quello che avremmo trovato. La prima cosa che ci siamo detti è che non potevamo permetterci di sbagliare. Questo è un messaggio che lancio un po’ a tutti: non si può più sbagliare perché è finita. Non possiamo portare un risultato negativo un’altra volta, anche se poi sono sicuro di non incorrere in errori gravi, perché mi sono dovuto occupare di situazioni davvero macroscopiche dalle quali non solo io ma tutti i colleghi che attualmente lavorano sul territorio sono assolutamente lontani. L’occasione è importante ma non è personale, non aspiriamo a nessuna medaglia. Noi dobbiamo dare una risposta alla gente, questo è il senso del discorso.

In attesa di giustizia

La mattina – ha continuato il presidente Di Matteo – mi trovo a ricevere persone che vogliono parlarmi di cause in corso e, quando non ho udienza, lo faccio volentieri. C’è una processione di persone, perché non è facile recuperare i danni che si fanno nel giro di qualche anno. A fare danni ci vuole poco, per rimediare ci vuole tanto. Per quanto riguarda i ruoli civili che ho trovato, sono importanti. La giustizia civile è importante perché anche per la piccola diatriba di vicinato si va dal boss e questo è un tratto delle mafie locali assolutamente conosciuto. Il ruolo civile che ho trovato era molto disorganizzato, con squilibri macroscopici e chi si trovava ad avere una mole di lavoro molto maggiore era anche demotivato. Allora ho fatto una variazione tabellare, anche perché l’ufficio del Gip aveva inserito due giudici che non c’erano. Sappiamo benissimo, poi, che non c’è una persona che parla bene del Tribunale di Vibo. Abbiamo però apportato questo miglioramento tutti insieme, con l’adesione dei colleghi e con una certa motivazione. È un lavoro che è stato gestito in modo collettivo e fino ad ora abbiamo condiviso ogni cosa fatta. Non abbiamo avuto grandi discussioni e anche questo è un buon segnale perché di solito quando si cerca l’unanimità non sempre ci si riesce”.

Gup senza date delle udienze

Per Antonio Di Matteo erano evidentemente interventi scontati ed elementari, considerato che il Gip era assente da anni. Io ho fatto il gip per dieci anni, il massimo consentito, quindi sono molto legato a tale ufficio e lo conosco abbastanza. Quando tenni la prima udienza – il giudice Tiziana Macrì era presidente di sezione, quindi io assunsi l’altro ruolo – ho trattato i processi e sono uscito con i dispositivi per chi aveva patteggiato o per chi non aveva fatto niente ed era stato prosciolto o andava rinviato a giudizio. Per coloro che andavano rinviati a giudizio, nella mia storica esperienza, andavo in udienza con la data del giudizio da comunicare ai difensori, agli avvocati e alle parti, quindi lo davo per scontato. Quando sono uscito, però, la data non c’era e allora ho chiesto se fosse stata una dimenticanza. Mi è stato risposto che non sapevano cosa fare. Il gup, il giudice dell’udienza preliminare, ha la data prima dell’udienza, poi è chiaro che se l’udienza va per le lunghe e si rinvia, ne chiede un’altra, ma in udienza può essere che decida e deve sapere la data di rinvio a giudizio, la parte deve saperla. Ho dovuto – figuraccia internazionale – entrare in camera di consiglio e capire dalle cancellerie che loro non facevano rinvii a giudizio non so da quanto tempo, per cui non sapevano neanche più come si faceva. Mi chiedevano dei criteri e delle tabelle e rispondevo che certamente c’erano i criteri tabellari per cui un processo va a un Collegio e un altro processo ad un altro Collegio, c’è un monocratico, a seconda dei turni. In quel momento, nella camera di consiglio, ho dovuto fare tutta questa cosa e infatti verso sera è uscita la data per queste persone. Questo è stato l’impatto. Si viene da una situazione di vero abbandono”. Un abbandono al quale si è cercato in questi anni di fare fronte (essere riusciti a portare a sentenza il maxiprocesso Rinascita Scott rappresenta senza dubbio un successo notevole) ed oggi la situazione è parzialmente migliorata. Ma tanto ancora resta da fare (soprattutto nella sezione lavoro) per riportare il “sistema giustizia” a Vibo alla normalità o alla pari di tante altre realtà del Paese e solo conoscendo gli errori del passato si potrà evitare di ripeterli in futuro.

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