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‘Ndrangheta: Andrea Mantella e le strategie dei clan per controllare i Piscopisani

Il collaboratore di giustizia nella nuova inchiesta delinea anche il ruolo di vertice di Salvatore Tripodi di Portosalvo e la sua capacità di uscire indenne dalle vicende giudiziarie

‘Ndrangheta: Andrea Mantella e le strategie dei clan per controllare i Piscopisani
Una veduta di Piscopio e nei riquadri Andrea Mantella e Salvatore Tripodi
Il luogo dell’omicidio De Pietro e nel riquadro la vittima

Il ruolo di vertice di Salvatore Tripodi di Portosalvo e la strategia della ‘ndrangheta a livello provinciale per “controllare” il clan dei Piscopisani. A svelare retroscena, alleanze e inganni è il collaboratore di giustizia Andrea Mantella le cui dichiarazioni confluiscono ora nella nuova inchiesta della Dda di Catanzaro che fa luce su diversi fatti di sangue. “I Piscopisani li lasciavamo fare perché erano all’epoca forti militarmente e non potevano essere affrontati, ma si sapeva che sarebbero finiti presto, che sarebbero stati ammazzati o arrestati come infatti poi è stato, per cui tanto valeva in quel momento accontentarli”. Andrea Mantella svela quindi i timori del boss di San Gregorio d’Ippona, Saverio Razionale, il quale l’avrebbe messo in guardia sul clan dei Piscopisani: “Andrea guardati dai Piscopisani – ha riferito il collaboratore riportando le parole di Razionale – perché questi oggi ce l’hanno con uno domani con l’altro e presto potranno avercela con noi”. Da qui la “strategia” degli altri clan per controllare il clan dei Piscopisani. Per questo motivo, al fine di controllare cosa facessero, ogni gruppo gli avvicinò uno dei suoi, io con Scrugli, Razionale con Gregorio Gasparro. Fu quest’ultimo, ad esempio, che andò a prendere Rosario Fiorillo, alias Pulcino, dopo la commissione dell’omicidio di De Pietro e lo portò a nascondersi in una villetta in campagna della famiglia Razionale situata in località Mutari, tra San Gregorio d’Ippona e Francica. Del resto anche in questo omicidio – ha aggiunto Mantella – c’è la longa manus di Salvatore Tripodi, in quanto venne organizzato a livello familiare ed il Tripodi è parente diretto (nipote) della madre di Rosario Fiorillo, ossia colei che aveva perso la testa per questo De Pietro al quale elargiva anche del denaro di famiglia. Lo stesso Salvatore Tripodi era pertanto direttamente danneggiato dal depauperamento del patrimonio di famiglia causato da questa relazione”. Da precisare che nessuna contestazione viene mossa a Gregorio Gasparro e Salvatore Tripodi in relazione all’omicidio di Antonio De Pietro di Nicotera, impiegato della direzione provinciale del lavoro di Vibo Valentia, freddato a colpi di pistola nei pressi del cimitero di Piscopio l’11 aprile 2005

Il progetto dei clan e il ruolo di Salvatore Tripodi

Salvatore Tripodi

Secondo le rivelazioni di Andrea Mantella c’era dunque all’epoca un progetto della ‘ndrangheta volto a mettere da parte i Piscopisani, temuti da tutti perchè si trattava di soggetti dal grilletto facile ma che nutrivano delle ambizioni espansionistiche irrealizzabili, che mettevano in discussione il potere di tutte le altre famiglie egemoni sui territori che questi volevano sottomettere al loro controllo. La strategia – ha fatto mettere a verbale il collaboratore – era quindi di affiancargli qualcuno dei nostri per farseli alleati fin tanto che non fossero stati uccisi o arrestati. È questo il motivo per il quale tutti sapevamo le loro intenzioni, come le sapeva anche lo stesso Pantaleone Mancuso, e per questo motivo sapeva guardarsi molto bene da loro”. Riguardo la figura di Salvatore Tripodi, 53 anni, di Portosalvo (arrestato) è sempre Andrea Mantella a delinearne il ruolo.
“Salvatore Tripodi è sempre stata la mente dei Piscopisani, ma sapeva muoversi molto bene ed ha sempre saputo mantenere una posizione defilata, anche seguendo le indicazioni del fratello Nicola Tripodi, al punto che ha superato indenne tutte le operazioni che hanno riguardato questi fatti. Tutti noi sapevamo che di questi due gruppi, alla fine, Salvatore Tripodi sarebbe stato l’unico a salvarsi. Del resto, anche nell’operazone San Michele, ad esempio, è uscito assolto e ritengo che lo stesso, in questa come in altre occasioni, sicuramente deve aver beneficiato di un sistema di coperture tale da assicurargli l’impunità. Faccio riferimento alla possibilità di questo di disporre di ampie risorse economiche che gli hanno consentito di aggiustare i processi”.

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