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‘Ndrangheta: operazione “Insomnia” a Vibo Valentia, chieste 6 condanne in Appello

L’inchiesta era scattata nel 2014 ad opera della Dda di Catanzaro su un vasto giro di usura ed estorsioni ai danni di un commerciante

‘Ndrangheta: operazione “Insomnia” a Vibo Valentia, chieste 6 condanne in Appello

La Procura generale di Catanzaro ha chiesto alla Corte d’Appello presieduta dal giudice, Giancarlo Bianchi, la conferma della sentenza emessa il 7 marzo dello scorso anno nei confronti degli indagati dell’operazione ‘Insomnia’ scattata il 25 novembre 2014 con un provvedimento di fermo della Dda che fa luce su un vasto giro di usura ed estorsioni, aggravate dalle modalità mafiose, compiute nelle province di Vibo Valentia e Reggio Calabria ai danni di un commerciante di abbigliamento e di oggetti preziosi poi divenuto testimone di giustizia. La sentenza di primo grado era stata emessa dal gip distrettuale di Catanzaro, Giuseppe Perri.

La Procura generale ha chiesto pene complessive ammontanti a 25 anni e 4 mesi di reclusione così ripartiti: Gaetano Cannatà, di 43 anni, di Vibo Valentia, 6 anni di reclusione; il fratello Francesco Cannatà, di 41 anni, di Vibo, 4 anni di carcere; Damiano Pardea, di 32 anni, di Vibo Valentia, 3 anni e 4 mesi; Alessandro Marando, di 41 anni, di Rosarno, 3 anni di carcere; Salvatore Furlano, di 48 anni, di Vibo Valentia, 5 anni di reclusione (in foto); Giovanni Franzè, di 55 anni, di Stefanaconi, 4 anni (in foto in basso).

Collegio di difesa. Le discussioni degli avvocati degli imputati inizieranno il 16 marzo prossimo. Gaetano Cannatà è difeso dagli avvocati Luigi Gullo e Valerio Murgano; Francesco Cannatà dall’avvocato Valerio Murgano; Damiano Pardea dagli avvocati Nicola Cantafora e Francesco Sabatino; Alessandro Marando è assistito dagli avvocati Michele Novella e Carmelo Naso; Salvatore Furlano dall’avvocato Francesco Sabatino; Giovanni Franzè dagli avvocati Giuseppe Bagnato e Sergio Rotundo.

Nel processo si sono costituiti parti civili la vittima, rappresentata dall’avvocato Michele Gigliotti, e la fondazione antiusura “Interesse Uomo” con l’avvocato Josè Toscano.

Gli imputati a vario titolo devono rispondere dei reati di usura ed estorsioni, aggravate dalle modalità mafiose, ai danni di un commerciante di Vibo Valentia poi divenuto testimone di giustizia. Gli arrestati avrebbero fatto riferimento ai clan Bellocco di Rosarno, Fiarè-Gasparro-Razionale di San Gregorio d’Ippona e Pardea di Vibo Valentia.

In casa di Franzè e Pardea, i carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo Valentia avevano ritrovato diverso materiale di interesse investigativo. In particolare, in un negozio di abbigliamento sito su corso Vittorio Emanuele a Vibo, dove lavora Salvatore Furlano, i carabinieri avevano trovato una pistola calibro 6,35 con matricola abrasa ed un manoscritto con i riti di affiliazione alla ‘ndrangheta poggiato sopra una scatola di scarpe. Altro manoscritto con riferimenti all’affiliazione alla criminalità organizzata era stato poi rinvenuto all’interno dell’immobile di Giovanni Franze, ubicato a Stefanaconi.

La vittima delle condotte usurarie è un commerciante di Vibo finito sotto usura dal 2010 attraverso un primo prestito di 5mila euro cresciuto a dismisura negli anni per via degli interessi usurari. Dopo esplicite minacce da parte degli arrestati al figlio minore del commerciante e ad altri familiari, la vittima aveva deciso nel giugno 2014 di collaborare con i carabinieri. Il commerciante è entrato quindi nel programma di protezione riservato ai testimoni di giustizia. In primo grado le aggravanti del metodo mafioso contestate dal pm della Dda, Camillo Falvo, avevano retto solo per Gaetano Cannatà. Nei confronti di Salvatore Fulano, l’accusa di estorsione era stata invece derubricata nel reato di violenza privata.

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