venerdì,Marzo 29 2024

‘Ndrangheta: le rivelazioni inedite del pentito Arena contro il clan dei Piscopisani

Il nuovo collaboratore di Vibo irrompe nell’inchiesta “Rimpiazzo” svelando genesi e alleanze del clan di Piscopio che voleva uccidere pure il boss di Spilinga

‘Ndrangheta: le rivelazioni inedite del pentito Arena contro il clan dei Piscopisani

Ci sono anche le inedite dichiarazioni del collaboratore di giustizia di Vibo Valentia, Bartolomeo Arena, a rafforzare l’impianto accusatorio dell’inchiesta antimafia “Rimpiazzo” contro il clan dei Piscopisani. Dichiarazioni rese da qualche settimana dal nuovo pentito al pm della Dda di Catanzaro, Andrea Mancuso (che rappresenta l’accusa nell’operazione “Rimpiazzo” della Squadra Mobile di Vibo Valentia) e che finiscono per svelare anche diversi aspetti sulla genesi e gli sviluppi del “locale” di ‘ndrangheta di Piscopio. [Continua dopo la pubblicità]

Battaglia fiorillo

Il locale di Piscopio è nato alla fine degli anni 2000. Inizialmente vi – fa mettere a verbale Bartolomeo Arena – vi furono problemi nell’apertura del locale. Problemi superati grazie all’intervento di tale D’Onofrio di Mileto, al tempo residente in Piemonte. I vertici ne erano i Fiorillo, Battaglia, Galati, nelle persone in particolare di Battaglia Rosario detto Sarino, Fiorillo Rosario detto Pulcino, Fiorillo Nazzareno, detto U Tartaru, Galati Giuseppe detto Pino il ragioniere, e Fiorillo Michele detto Zarrillo.

Il gruppo veniva presentato da D’Onofrio a personaggi quali Commisso Giuseppe (Peppe) di Siderno, Aquino Rocco di Marina di Gioiosa Ionica ed Oppedisano Domenico. Così, grazie all’intervento dei massimi vertici della ‘ndrangheta, venne dato il benestare per l’apertura del locale. All’epoca, per la provincia di Vibo Valentia, veniva invitato, per dare l’avvio al predetto Locale, anche mio zio Camillò Domenico, da parte di Cuppari Antonio. Tuttavia avendo saputo che Nazzareno Fiorillo aveva detto che, in quella circostanza, non voleva avere a che fare con i vibonesi, mio zio si rifiutò di prendere parte alla predetta apertura.

Antonio Cuppari

Successivamente, nel corso di un matrimonio – ricorda Bartolomeo Arena – mio zio Domenico Camillò incontrò Nazzareno Fiorillo al 501 hotel di Vibo dove si stava tenendo la festa nuziale, e gli chiese conto di quella affermazione. Tuttavia Nazzareno Fiorillo negava di avere mai detto tali parole, ritenendo, piuttosto, che si trattasse di una “carretta” messa in atto da Antonio Cuppari, boss di Spilinga. Infatti, successivamente – spiega ancora il collaboratore – abbiamo saputo che i Piscopisani avevano intenzione di uccidere Antonio Cuppari in quanto lo ritenevano un tragediatore”.

Raffaele Moscato

Anche Bartolomeo Arena, quindi, riscontrando in ciò le affermazioni del collaboratore Raffaele Moscato, indica Antonio Cuppari come il boss a capo del “locale” di Spilinga e non al vertice del “locale” di ‘ndrangheta di Piscopio per come invece ritenuto in via definitiva dalla sentenza nata dalla storica operazione “Crimine” della Dda di Reggio Calabria. Bartolomeo Arena, inoltre, indica Antonio Cuppari – sinora mai coinvolto in inchieste della Dda di Catanzaro – quale bersaglio dei Piscopisani che lo ritenevano un personaggio capace di doppi giochi.

Antonio Campisi

Il “locale” di Piscopio e le alleanze. Il locale di Piscopio – precisa Bartolomeo Arena – è attivo a Piscopio, Portosalvo,  Vibo Marina sino a Longobardi ed era alleato del gruppo Tripodi Mantino, al quale i membri erano legali anche da vincoli di parentela, dei Bonavota di Sant’Onofrio e del gruppo Mantella,  degli Emanuele delle  Preserre vibonesi, del gruppo di Razionale di San Gregorio d’Ippona, del gruppo di Stefanaconi capeggiato da Bartolotta Emilio. Per converso, i Piscopisani avevano rapporti di conflittualità con i Mancuso e in particolare, con Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni. Invero, tra gli affiliati al gruppo dei Mancuso, i Piscopisani avevano anche degli alleati quali i Campisi-Cuturello, specie Antonio Campisi e Salvatore Cuturello, quest’ultimo genero del boss Giuseppe Mancuso, alias ‘Mbrogghia”.

Pantaleone Mancuso

Il programmato omicidio di Pantaleone Mancuso. Anche Bartolomeo Arena, quindi conferma Raffaele Moscato su un altro punto. In effetti – rivela il collaboratore – sia il gruppo Campisi-Cuturello che i Piscopisani volevano uccidere il boss Pantaleone Mancuso, Scarpuni. I primi perché ritenevano che quest ‘ultimo avesse ucciso il broker della droga Domenico Campisi; i Piscopisani in quanto, dopo avere ucciso Michele Palumbo, un perito compare del boss Pantaloene Mancuso, erano stati vittima di un agguato. Allo stato restano impuniti sia l’omicidio del broker della cocaina Domenico Campisi, ucciso il 17 giugno 2011 lungo la provinciale per Nicotera (su tale omicidio ci sono da cinque anni anche le dichiarazioni del pentito Arcangelo Furfaro di Gioia Tauro che ha indicato mandanti ed esecutori del delitto), sia l’omicidio di Michele Palumbo, ucciso dentro casa a Longobardi l’11 marzo 2010.

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