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Rinascita: armi e bare spostate al cimitero di Vibo nel racconto di Michele Camillò

Il nuovo collaboratore di giustizia ha reso dichiarazioni anche in ordine alla sparatoria contro Sicari e sull’impossessamento dei loculi

Rinascita: armi e bare spostate al cimitero di Vibo nel racconto di Michele Camillò
Michele Camillò

Affronta anche le vicende nate attorno al cimitero di Vibo Valentia, il nuovo collaboratore di giustizia Michele Camillò che da qualche mese ha iniziato a riempire diversi verbali con la Dda di Catanzaro depositati nel corso dell’udienza preliminare dell’inchiesta Rinascita-Scott in corso di svolgimento nell’aula bunker del carcere romano di Rebibbia. Riguardo alla sparatoria nei confronti di Alessandro Sicari – spiega Camillò – posso riferire che conosco lo stesso in quanto è stato mio collega quando ho lavorato come custode al cimitero. All’epoca sentivo dire dagli stessi colleghi che Sicari aveva il vizio di rubare, anche nelle case. Ricordo che quando fu sparato, io mi trovavo in ospedale in quanto mio padre era ricoverato e lo vidi quando fu trasportato ferito in ospedale ma non ebbi la possibilità di avvicinarmi. Successivamente ho avuto i miei problemi giudiziari per la vicenda delle armi e soltanto molto tempo dopo, nel 2019, ho sentito mio nipote Domenico Camillò e Luigi Federici parlare di armi custodite al cimitero per conto di Mommo Macrì presso il cimitero e del custode che le aveva rubate. Avendo capito che si parlava della vicenda di Sicari – aggiunge Michele Camillò – mi sono incuriosito e ho chiesto meglio a mio nipote Domenico Camillò cosa fosse accaduto. Mio nipote mi raccontò che Marco Ferraro custodiva per conto di Mommo Macrì delle armi nella parte del cimitero occupata dai loculi comunali. Sicari si era accorto di questo nascondiglio e aveva rubato le armi. Resosi conto di questo, Mommo Macrì aveva incaricato Marco Ferraro di compiere un’azione di fuoco in danno di Sicari e Ferraro aveva eseguito la disposizione”. [Continua]

Domenico Macrì

Questo il racconto del nuovo collaboratore di giustizia Michele Camillò che coincide con le risultanze dell’inchiesta Rinascita-Scott. Stando infatti ai capi di imputazione, Mommo Macrì è accusato di aver detenuto illegalmente e portato in luogo pubblico una pistola marca Glock, originariamente occultata in un nascondiglio all’interno del cimitero di Vibo Valentia, successivamente sottrattagli da Alessandro Sicari (custode del cimitero), il quale avrebbe provveduto in un secondo momento a restituirla a Macrì nel gennaio 2018. L’accusa di tentato omicidio viene quindi mossa a Domenico Macrì quale mandante ed a Marco Ferraro quale esecutore materiale. Due i colpi di pistola esplosi all’indirizzo della gamba sinistra di Alessandro Sicari il 21 gennaio 2018. Per lo stesso Sicari, 50 anni, di Vibo Valentia è stato chiesto il rinvio a giudizio per detenzione illegale della pistola Glock nascosta al cimitero di Vibo e successivamente restituita a Domenico Macrì.

Orazio Lo Bianco

Sempre riguardo al cimitero di Vibo Valentia, Michele Camillò fa mettere a verbale altre circostanze utili a rafforzare l’impianto accusatorio di Rinascita-Scott ed a riscontrare quanto già dichiarato al riguardo da Andrea Mantella. Quando lavoravo come custode del cimitero di Vibo Valentia, fra il 2010 e il 2013, ho notato movimenti strani all’interno dello stesso da parte di Rosario Pugliese (Cassarola), Orazio Lo Bianco e Francolino capo dei custodi del cimitero. Ho constatato che spesso provvedevano a svuotare le cappelle più vecchie ed abbandonate per poi ristrutturarle. Dopo la lettura delle risultanze investigative dell’operazione Rinascita ho ricollegato tali movimenti con il progetto di impossessamento dei loculi e delle cappelle ormai abbandonate. [Continua in basso]

Rosario Pugliese

Tali azioni delittuose erano già vociferate negli ambienti del cimitero all’epoca in cui io lavoravo come custode. Direttamente – conclude Camillò – mi sono reso conto anche del fatto che Francolino consentiva che si procedesse alla riduzione in ossario delle bare senza rivolgersi a ditte specializzate, ma avvalendosi dell’opera di tale Bartolotta che per questo veniva pagato in nero”. Da  sottolineare che Francolino – citato anche da Andrea Mantella quale soggetto accondiscendente ai voleri di Rosario Pugliese – non  risulta indagato. Orazio Lo Bianco si trova invece in carcere mentre Rosario Pugliese, alias “Cassarola”, è ancora latitante essendo riuscito a sfuggire al blitz del 19 dicembre dello scorso anno per l’operazione Rinascita-Scott.

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