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Rinascita-Scott: il boss Luigi Mancuso e il No alla strategia stragista di Cosa Nostra

Il collaboratore Umile Arturi ha raccontato della riunione di ‘ndrangheta del 1992 a Nicotera Marina per discutere delle richieste dei corleonesi di Totò Riina e dei catanesi di Santapaola

Rinascita-Scott: il boss Luigi Mancuso e il No alla strategia stragista di Cosa Nostra
Veduta su Nicotera Marina

Collaboratore di giustizia dal 1996, Umile Arturi di Cosenza ha deposto oggi nel maxiprocesso Rinascita-Scott dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. Rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, Arturi ha spiegato di aver fatto parte del clan capeggiato da Franco Pino, alleato di Antonio Sena e schierati contro la cosca Perna-Pranno-Vitelli. Franco Pino aveva alte doti di ‘ndrangheta ed io ero due gradini sotto di lui in quanto avevo il grado del Vangelo. Alla fine della guerra di mafia a fine anni ’80 ci siamo spartiti il territorio di Cosenza con il clan Perna-Pranno-Vitelli”. [Continua dopo la pubblicità]

Luigi Mancuso

Umile Arturi ha quindi confermato la deposizione del collaboratore Franco Pino nel racconto della riunione nel 1992, in un villaggio di Nicotera Marina, per esaminare la proposta dei corleonesi di Totò Riina e dei catanesi di Santapaola di aderire alla strategia stragista dopo l’attentato di via D’Amelio a Palermo costato la vita al giudice Paolo Borsellino ed agli uomini della scorta. Rispetto alla deposizione di Franco Pino, però, Umile Arturi ha indicato fra i partecipanti alla riunione tre nomi che non erano stati menzionati dal primo collaboratore che anzi ne aveva sottolineato l’assenza: Pino Piromalli di Gioia Tauro, Peppe Pesce di Rosarno e Giuseppe Farao di Cirò. Franco Pino aveva invece parlato della presenza di Nino Pesce e di Silvio Farao accompagnato da Cataldo Marincola (quest’ultimo nominativo fatto anche da Umile Arturi). Fra gli altri – secondo i due collaboratori – erano presenti alla riunione, il “padrone di casa” Luigi Mancuso di Limbadi e Franco Coco Trovato di Marcedusa, residente in Lombardia e imparentato con i De Stefano di Reggio Calabria. “Luigi Mancuso – ha riferito Arturi – ci spiegò la proposta dei siciliani ma disse chiaramente di essere contrario in quanto se avessimo aderito alla strategia stragista dei siciliani avremmo trasferito i casini successi in Sicilia anche in Calabria e ciò non era conveniente per la ‘ndrangheta, oltre al fatto che Mancuso sosteneva la contrarietà all’uccisione di persone innocenti, magistrati compresi”.

Umile Arturi ha quindi ricordato gli scambi di favori fra il clan di Cosenza ed i Santapaola di Catania, con le ditte siciliane segnalate ai calabresi per trattamenti di “favore” in occasione di lavori pubblici in Calabria. Infine, l’ammissione da parte di Umile Arturi di aver commesso degli omicidi negli anni ’80 per conto del clan De Stefano, mentre il progetto di morte dentro il carcere nei confronti del boss Franco Perna affidato ad un ergastolano, sarebbe poi saltato per il trasferimento del detenuto.

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