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Il caso dell’albergo diffuso di Zaccanopoli, vince il bando ma il progetto resta fermo

Una vicenda surreale raccontata da Vincenzo Scordo, operatore turistico: «Non solo non sono ancora entrato in possesso degli immobili per avviare l’attività ricettiva, ma sono stato costretto a dover avviare azioni legali. Le cause? Gineprai burocratici e amministrativi, un mix tra incompetenza e negligenza»

Il caso dell’albergo diffuso di Zaccanopoli, vince il bando ma il progetto resta fermo
Il centro storico di Zaccanopoli

Da un lato, un progetto turistico vincente. Dall’altro, gli ostacoli e le colpe di una burocrazia che frenano lo sviluppo in terra calabra. A sollevare il caso dell’albergo diffuso di Zaccanopoli, Vincenzo Scordo, operatore turistico attivo nel Vibonese. Il professionista ha deciso di raccontare, con grande amarezza, la storia di un sogno imprenditoriale che non è riuscito a decollare. Partendo dalle origini. «Nell’agosto del 2020 – ricorda- l’Amministrazione comunale di Zaccanopoli metteva a bando l’affidamento del servizio di gestione di immobili adibiti ad Albergo diffuso per un totale di 30 posti letto. Un modello “innovativo” di ospitalità, nato dall’idea di utilizzo a fini turistici delle case vuote ristrutturate coi fondi del post terremoto del Friuli (1976). In estrema sintesi – rileva – con Albergo diffuso si definisce un modello di ospitalità “orizzontale”, dove gli ospiti di piccoli centri storici, borghi e insediamenti rurali o montani, alloggiano in diversi immobili (recuperati e ristrutturati) dislocati nel nucleo urbano, vivendo un’esperienza – quasi – in simbiosi con la comunità locale ospitante. Un po’ casa ed un po’ albergo. Un’idea per valorizzare i paesi fuori dai circuiti turistici, attraverso un’attività ricettiva esperienziale, sostenibile e responsabile». [Continua in basso]

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Il caso da Zaccanopoli

In Calabria le realtà di albergo diffuso sono diverse, tra queste spicca quella di Belmonte Calabro. A Zaccanopoli, l’albergo diffuso veniva ideato da Rosanna Mazzeo e realizzato con fondi Ue e regionali: «Ho partecipato al bando – spiega Scordo- proponendo, oltre all’offerta economica richiesta, un progetto di un eco-villaggio esperienziale. Dove, grazie ai cinque immobili messi a bando, si sarebbe creato il primo progetto di turismo “diffuso” nella provincia di Vibo Valentia, sulle colline a pochi km dalla ridente e famosa Tropea. Non un semplice b&b o affittacamere, ma un’idea di sviluppo territoriale in un contesto dove lo spopolamento è problema atavico. Sulle splendide colline del Monte Poro, tra mari e monti, veniva presentato un progetto basato sull’autenticità dei luoghi, strutturato secondo i canoni dello slow tourism. Con l’ideazione di percorsi trekking, attività di turismo esperienziale (corsi di cucina, esperienze in aziende agricole ecc.), spazi artistico-creativi, slow restaurant, itinerari in e-bikes (progettando, all’interno dell’Albergo Diffuso, un vero e proprio Bike Hotel), aree smart working per sviluppare una progettualità di Workation (Work + Vacation) e molte altre attività che avrebbero reso unica l’offerta turistica nel contesto del piccolo paese rurale di Zaccanopoli».

L’amarezza per un progetto rimasto fermo

Il progetto di Scordo non lasciava nulla al caso, tutto era studiato nei minimi particolari: «Una vera e propria idea innovativa, che – oltre a vincere il bando, aggiudicandosi l’affidamento dei 5 immobili – veniva premiata da Invitalia come idea di business finanziabile ed entrata a far parte del progetto SocialHub, garantendosi la possibilità di andare negli States per proporre l’idea di business a potenziale buyers e tour operator americani», rimarca.  Nonostante il tempo trascorso, oltre 2 anni, il progetto continua a non rimanere nel limbo: «Non solo non sono ancora entrato in possesso degli immobili per avviare l’attività ricettiva, ma sono stato costretto a dover avviare azioni legali per tutelare i propri diritti ed interessi, sia dal punto di vista economico e sia dal punto di vista professionale».

I motivi? «Quelli che rendono triste la storia di questo progetto. Un susseguirsi di gineprai burocratici ed amministrativi, un mix tra incompetenza e negligenza, di errori ed orrori di chi la res pubblica dovrebbe gestirla in favore dei cittadini e della comunità. Quasi impossibile – scandisce con rammarico – raccontare quante problematiche (di ogni tipo) ho dovuto affrontare, senza ancora vedere la luce fuori dal tunnel. Realmente impossibile quantificare il tempo perso su una progettualità magnifica, ma che – arrivati a questo punto – è chiaro che non si vuol far realizzare. Ben tre, considerando il 2023 ormai irrimediabilmente perso (commercialmente parlando), le stagioni turistiche gettate alle ortiche, nonostante i vari costi fiscali e burocratici sostenuti. Innumerevoli le collaborazioni locali, nazionali ed internazionali che si sono, man mano, perse per strada a causa di uno stallo in grado di devastare qualsiasi programma d’impresa». Il progetto è stato frutto di un lavoro considerevole: «Non un’idea “astratta”, come spesso in Calabria siamo abituati a leggere e sentire, ma un’attività d’impresa pronta a partire. Una scommessa imprenditoriale “forte”, ma decisa verso la vision turistica che la Calabria dovrà prendere: contatto con la natura, l’interazione comunità-viaggiatore, la riscoperta delle tradizioni artigiane e sociali, la convivialità, la valorizzazione dei prodotti enogastronomici, la riscoperta del genius loci», racconta l’operatore turistico.

La testimonianza

Il Progetto “Slow Village – Albergo Diffuso Zaccanopoli” è nato «dalla visione di voler cambiare il modo di pensare il turismo in questa tratto di costa, baciato da madre natura e famoso in tutto il mondo. Una grande occasione per rilanciare un territorio potenzialmente unico ed una comunità a rischio spopolamento, innovando funzionalmente e socialmente l’area interessata, offrendo un nuovo tipo di ospitalità ed una nuova offerta turistica: sostenibile, responsabile ed autentica. Partendo dalla ricchezza più grande che questa la Calabria possa offrire: le comunità locali e l’umanità delle sue genti, parti integranti di un sistema socio-economico collettivo e cooperativo. Dove i cittadini sono produttori e fruitori di beni e servizi, creando sinergia e coesione nella comunità per dare vantaggi e benefici all’intero territorio». I sentimenti, ad oggi, sono contrastanti: «Ho creduto fortemente nell’idea e nel territorio. E nonostante tutto, ancora ci credo. La rabbia e la delusione di non poter realizzare un proprio progetto, un proprio sogno imprenditoriale, per colpe e cause che un tribunale dovrà accertare, rende ancora più amaro il boccone che, un giovane neoimprenditore tornato a casa propria per creare valore ed un avvenire, dovrà mandare giù. Con la sola grande colpa di voler essere un “visionario nella terra dei dinosauri”, dove tutto è più difficile, nonostante madre natura sia stata benigna. Una sconfitta, non solo personale, ma – chiosa Scordo- per un’intera comunità e per tutto il territorio».

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