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Drapia, il “Mulino Loiacono” è tornato agli antichi splendori

Luogo cruciale per la comunità, anche nelle due guerre mondiali, è stato ereditato dal giovane Francesco Loiacono, recuperando così una struttura risalente al 1750

Drapia, il “Mulino Loiacono” è tornato agli antichi splendori

I confini originari del territorio comunale di Drapia, come pochissime altre realtà, sono perfettamente circoscritti da numerosi e antichissimi mulini ad acqua oggi pressoché ruderi irrecuperabili. Sorgendo a ridosso dei torrenti che poi sfociano lungo la “Costa degli Dei”, erano antesignane industrie per la produzione di farine e principale luogo di ritrovo per la comunità locale, al pari delle fiumare dove le donne si recavano per lavare i panni. Uno di questi, luogo cruciale per la popolazione specie durante le due guerre mondiali, la cui struttura muraria risalente al 1750 è stata trasformata in mulino solo nel 1800, è rimasto in funzione fino a circa trent’anni fa e svetta visibilmente sul confine tra la frazione di Gasponi e Drapia capoluogo, a fianco del torrente Burmaria. [Continua in basso]

L’ultimo mugnaio di Gasponi, Francesco Loiacono

Appartenente alla famiglia Loiacono di Gasponi, il mulino è noto come “u mulinu i Cicciu u mulinaru”, proprio perché l’ultimo mugnaio che lo ha adoperato per una vita intera era proprio Francesco Loiacono, ancora oggi ricordato da tutti con il suo fedele asino carico di bisacce per il trasporto della farina. Oggi a raccogliere questa preziosissima eredità e a custodire la memoria storica del mulino e del territorio drapiese è proprio il nipote Francesco che ha deciso di riportare agli antichi splendori la struttura perfettamente conservata dal tempo.

Francesco Loiacono

«Iniziai a recuperare il mulino di mio nonno nel 2015 – ci racconta Francesco -. L’idea mi venne appunto perché un giorno, percorrendo la stretta stradina che conduce al mulino, notai che la struttura non era più visibile neppure in lontananza poiché, andato in disuso, la vegetazione lo aveva completamente inghiottito. Per non parlare poi dell’inciviltà nella quale mi sono imbattuto non appena ho iniziato a ripulire l’area invasa, per mia grande sorpresa, da spazzatura. Ignoti, di fatto, avevano individuato quel luogo abbandonato come discarica a cielo aperto».

Il ripristino della via di accesso

Così, dopo qualche giorno, decise di mettersi all’opera partendo proprio con il raccogliere tutti i rifiuti rinvenuti per poi ripristinare l’unica via di accesso al mulino. «Con l’aiuto di mio padre Domenico, dopo lunghe e intense giornate di lavoro, riuscimmo a rimuovere tutta quella vegetazione che ricopriva la struttura. Fin qui – sottolinea Francesco – nessun ostacolo, soltanto un po’ di dura fatica. Ma lo scoglio più grande che dovemmo superare fu smontare, ripulire e rimettere al loro posto tutti gli ingranaggi in ferro e legno. Ci riuscimmo soltanto grazie alla preziosissima collaborazione del mugnaio Rizzo di Ricadi, il quale ci diede una grande mano per farci capire come funzionava il tutto e lo fece con molto piacere visto che mio nonno si recava sempre a fare manutenzione da lui. Era molto felice che avessi intrapreso questa strada di recupero e, inoltre, mi rivelò anche tanti segreti del mestiere».

Il ripristino del canale d’acqua in granito

Nel periodo della pandemia Francesco decise di sfruttare il tempo a disposizione trascorrendo le sue giornate al mulino, effettuando così tutta la manutenzione necessaria al suo completo ripristino avvenuto con grande sforzo economico personale. Oggi Francesco ne va orgoglioso di tutto questo e con lui anche i familiari e la comunità intera che può così tornare ad apprezzare uno dei simboli storici del territorio di Drapia. Il mulino, infatti, è stato perfettamente restaurato ritornando in funzione come un tempo per la produzione di farine ed è completamente visitabile. In cima alla struttura c’è un canale d’acqua costruito in pietra lungo 300 metri che giunge fino al torrente Burmaria, dove viene deviata l’acqua. La torre che svetta, detta “saìtta”, è alta dodici metri e al suo interno è costruita ad imbuto, formata da massi granitici tagliati, sovrapposti l’uno sull’altro fino a combaciare perfettamente e scavati all’interno.

Il mulino in funzione

La parte più larga è circa un metro e mentre il cono scende, lo spazio si riduce a sedici centimetri. A garantire la chiusura ermetica dell’imbuto della “saìtta” è un sigillante particolare chiamato “pasta di fontanaro”, un composto di olio e canapa. All’esterno, i massi sono rivestiti con solide mura che costituiscono l’ossatura della torre. L’acqua convogliata viene quindi dirottata su una ruota di legno che, entrando in moto, mette in funzione gli ingranaggi interni delle macine in granito. La tipicità di questa struttura sta nel fatto che è possibile adoperare il mulino anche in condizioni di scarsità d’acqua poiché, nel punto più stretto della “saìtta” si possono inserire ulteriori strozzature che consentono di avere la pressione necessaria per azionare le possenti macine. La trasformazione completa del “Mulino Loiacono” è visibile anche sui canali social dedicati, dove Francesco tiene costantemente aggiornata una buona fetta di utenti su tutte le attività che spesso riesce a svolgere in loco.

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