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Vibonese, Nuccio Caffo in difesa del padre Pippo che presiede la società di calcio: «Falsificate le sue firme»

L’imprenditore figlio del patron e primo sponsor della formazione rossoblu entra nella polemica con l’ex ad Antonello Gagliardi: «Un capitano non abbandona la nave». Poi accusa: «I contratti per l’acquisto dei giocatori contestati non sono stati firmati dal presidente»

Vibonese, Nuccio Caffo in difesa del padre Pippo che presiede la società di calcio: «Falsificate le sue firme»
Nuccio e Pippo Caffo. A destra, il contratto con la presunta firma falsa

L’imprenditore Nuccio Caffo scende in campo a difesa del padre Pippo, presidente della Vibonese, recentemente al centro di una infuocata polemica a colpi di conferenze stampa con l’ex amministratore delegato della società di calcio che milita in serie D, Antonello Gagliardi. E lo fa con un lungo post social nel quale dice alcune cose che faranno molto discutere. La più rilevante è quella che riguarda la presunta falsificazione della firma di Pippo Caffo in calce ai contratti per l’acquisto di alcuni giocatori, acquisizioni che rappresentano uno dei principali motivi di scontro tra il presidente della US Vibonese Calcio e l’ex dirigente, che recentemente si è dimesso: «Quella firma non è di mio padre (la conosco bene) e chi l’ha messa non può averla dimenticata, inutile addossare colpe alla segreteria. Vorrei sbagliarmi ma penso di riconoscere la scrittura di qualcuno con cui ho collaborato per tanti anni».

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Dopo aver premesso «di non aver mai avuto un ruolo nella US Vibonese Calcio srl, salvo aver contribuito come sponsor (pro tempore) tramite le aziende del gruppo che rappresento», Nuccio Caffo precisa di non essere esperto di calcio e di non voler entrare in questioni tecniche, «ma – dice – penso di avere qualche competenza sul funzionamento delle aziende in generale».

Poi, comincia: «Vi faccio notare che la Us Vibonese Srl ed il suo Presidente, non hanno mai “licenziato” il Direttore Generale / Amministratore Delegato Dott.Gagliardi ed il Direttore Sportivo Ramondino. Entrambi si sono dimessi volontariamente, anche se per il secondo non sarebbe nemmeno stato necessario essendo in scadenza di contratto. Tale contratto era da rinnovare eventualmente con il Presidente, con il quale non aveva rapporti da mesi per le note vicende e divergenze, per le quali sarebbe bastato semplicemente chiedere scusa, anche in considerazione del rispetto che normalmente bisognerebbe portare alle persone più anziane (e non solo al socio di maggioranza del proprio datore di lavoro). Ma l’orgoglio spesso prevale sulla ragione. Quanto alle verifiche sui calciatori fatta man mano dal Presidente, è assolutamente normale che il datore di lavoro prenda informazioni sui propri dipendenti/collaboratori quindi chi si è offeso, non conosce il funzionamento di una qualsiasi azienda, sportiva o no. La mancanza di esperienza, umiltà, maturità, porta a ingigantire cose che sono invece normali dinamiche aziendali, dove vanno rispettati i ruoli nel bene e nel male».

Il lungo post prosegue con un affondo verso chi, a suo dire, abbandona la nave in difficoltà: «Chi ha la coscienza a posto, da buon capitano, fa di tutto per portarla verso un porto sicuro». In tanti l’hanno fatto negli ultimi anni, mentre «l’unico che da circa 20 anni “resiste” in questo contesto è il Presidente, semplicemente per la passione che ha per il calcio che fa da oltre 60 anni, senza alcun interesse economico o di visibilità (ovvio che non ne ha bisogno)».

Poi si si rivolge ai tifosi «della curva est che con modi a volte anche molto coloriti, si chiedono perché non “lascia”». «Rispondo – spiega – che semplicemente sta cercando un porto sicuro, una compagine in grado di non far naufragare questa nave, da Capitano e con la coscienza del buon padre di famiglia. Non compagni di viaggio che dopo meno di un anno l’abbandonano, passando per vittime. Significa che semplicemente non hanno la stessa passione che li spingerebbe a restare, accettando pregi e difetti di questa realtà».

Sull’ipotesi che il controllo della società passi al Comune, Nuccio Caffo afferma che potrebbe anche accadere «se ci saranno, tramite il Comune, soci che concretamente vogliono rilevare le quote di maggioranza». «Ma dubito – continua – che l’amministrazione comunale possa direttamente gestire e finanziare la Vibonese, che almeno finora è stata solo una fonte di introiti per il comune viste le imposte comunali elevate, in alcuni casi rappresentati anche da “cartelle pazze” che la società ha dovuto contestare per riportarle quasi alla normalità ma che intanto hanno alimentato in parte l’attivo del bilancio comunale. Mentre altrove i comuni investono almeno sulle strutture sportive, qui non si è voluto dare alla Società neanche la possibilità di investire ulteriormente a proprie spese sul Razza, visto che viene concesso per singola stagione e non per un medio/lungo periodo, necessario per ammortizzare i costi».

Quindi, continuando a rivolgersi ai tifosi, afferma che «è inutile che continuino a chiedere maggiori investimenti al Presidente, quando lo stesso si è già impegnato personalmente per fare gli adeguamenti necessari per la categoria (per giocare in serie C), su una struttura non di proprietà e che paradossalmente dal 1° luglio potrebbe essere assegnata ad altri».

«La Vibonese è del territorio, non di Caffo, quindi il territorio dovrebbe investire almeno quanto Caffo – continua -. Purtroppo però manca l’appeal verso questa piazza, non ci sono mai stati grossi investitori per un lungo periodo, né del posto e nemmeno da fuori. Se poi si tocca Caffo. inteso come azienda che rappresento, dico ai tifosi che è inutile “snocciolare” fatturati e utili, in quanto non provengono sicuramente dalla gestione della Vibonese e non sono un ritorno di immagine dati dalla stessa, visto il magro fatturato del Gruppo Caffo in Calabria che rappresenta (tutta la regione) solo il 5% del totale. Quanto già dato come sponsorizzazione dal Gruppo Caffo alla Vibonese ogni anno, ormai da circa 20 anni, è sicuramente di gran lunga superiore al ritorno di immagine dato, e nonostante questo non viene apprezzato. Senza dimenticare, l’immagine negativa per il Gruppo Caffo, data proprio dalla Vibonese in seguito a noti fatti di cronaca di qualche anno fa, dove siamo stati associati ad un contesto che nulla ha a che vedere con la famiglia Caffo e le aziende del Gruppo Caffo 1915, della quale la Us Vibonese Calcio non fa parte per mia espressa volontà. Quindi penso che se non cambia qualcosa, per il futuro dirotteremo l’investimento verso altre attività più in linea con gli obiettivi aziendali».

Poi un nuovo affondo su Gagliardi: «Quanto all’amministratore Delegato, tra l’altro socio dell’azienda US Vibonese, la rinuncia volontaria all’incarico dirigenziale corrisponde semplicemente a una resa, per non affrontare la realtà. La realtà è che la società a fine stagione è in perdita, e non avere incarichi amministrativi nella stessa, toglie gli ex amministratori dalla responsabilità e dal rischio delle conseguenze in caso di mancata copertura delle perdite. Legittimamente può essere un modo per tirarsi fuori ed evitare la necessaria ricapitalizzazione della società visto che dai numeri snocciolati, qualcuno dovrà coprire le perdite, in proporzione alla propria quota, per permettere la sopravvivenza stessa della società, visto che a prescindere dall’entità delle perdite, queste superano l’intero capitale sociale, quindi “per legge” bisogna ricapitalizzare o mettere la società in liquidazione. Questo a prescindere dalla professionalità e dalle qualità manageriali di chi ha gestito e preso impegni».

Infine, la questione più spinosa, la firma sui contratti: «A proposito di impegni, la famosa firma sui contratti di cui si parla tanto, non è di mio padre (la conosco bene) e chi l’ha messa non può averla dimenticata, inutile addossare colpe alla segreteria. Vorrei sbagliarmi ma penso di riconoscere la scrittura di qualcuno con cui ho collaborato per tanti anni».

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