Bivona, il pasticcio del Comune sui divieti di balneazione: prima ampliati, poi ridotti. Ma Regione e Ministero dicono altro
Il 15 agosto Palazzo Luigi Razza ha affisso avvisi che prevedevano 600 metri di acque vietate, poi ieri li ha portati a 100. Ma per il Dipartimento ambiente della Cittadella e per il portale governativo resta un divieto “permanente” di 300 metri
Mai come questa volta serve fare il punto perché c’è decisamente qualcosa che non quadra nei divieti di balneazione a Bivona. Che siano veri, presunti o solo annunciati e poi smentiti. Divieti che probabilmente entreranno anche nelle indagini che sta conducendo la Procura di Vibo, che sulla bomba ambientale del torrente Sant’Anna, che proprio a Bivona sfocia, ha aperto un fascicolo per individuare eventuali reati legati all’inquinamento e agli sversamenti illeciti.
Per sbrogliare la matassa bisogna partire dall’ultima comunicazione del Comune di Vibo, che ha reso noti gli esiti delle analisi effettuate sui campioni di “acqua” prelevati dall’Arpacal il 15 agosto. Secondo la nota del Comune, che Il Vibonese ha pubblicato integralmente, «i parametri sono rientrati nella norma». Nel comunicato si specifica, inoltre, che i campioni sono stati prelevati in quattro punti diversi: «Foce superficiale del torrente Sant’Anna, acqua di mare del torrente Sant’Anna (definizione un po’ contraddittoria ma tant’è, ndr); e poi acqua di mare a destra e sinistra all’altezza di un hotel b&b (dunque sul lato destro del torrente, ndr) e all’altezza di un lido (l’unico che c’è nei paraggi è a sinistra della foce, ndr). Enterococchi ed escherichia coli sono risultati con valori rientrati nel cosiddetto “intervallo di fiducia”». E fin qui tutto bene, non può che far piacere apprendere che le analisi di laboratorio sui campioni prelevati il 15 agosto escludono un’emergenza ambientale conclamata.
Ciò che sinceramente sconcerta è quello che segue: «Questo – precisa il Comune – ha consentito di ridurre il divieto di balneazione sul lato destro della foce del Sant’Anna: da 300 a 100 metri, stesso valore di sempre, dunque, in presenza di foci di fiumi e torrenti. A sinistra non vi è alcun divieto».
A leggere la nota dell’Amministrazione comunale, quindi, Palazzo Luigi Razza ha deciso di ridurre il divieto di balneazione di 300 metri che insiste sul versante nord della foce dal 2014, cioè da 10 anni. Un divieto che però è stato ribadito il 26 aprile 2024 nel decreto dirigenziale del Dipartimento ambiente della Regione che individua le acque di balneazione della Calabria per la stagione 2024. Nel documento, paradossalmente citato anche dal Comune negli avvisi che ha affisso in prossimità della spiaggia di Bivona, si legge testualmente: “L’acqua di balneazione identificata con il codice IT018102047004, denominata ‘300 MT Nord Torrente S.Anna’ nel Comune di Vibo Valentia risulta inibita permanentemente alla balneazione”. Informazione, che – è bene sottolinearlo – è presente anche sul Portale delle acque del ministero della Salute, dove è riportata tutta la mappatura italiana, comune per comune, della balneabilità dei singoli tratti di mare.
Ora il Comune di Vibo afferma di aver ridotto l’area di inibizione a 100 metri, smentendo in un colpo solo la Regione e il Ministero. Con quale atto l’abbia fatto non è dato saperlo, visto che sull’Albo pretorio non ci sono nuove ordinanze che riguardano questo settore.
Ma l’acme di questo cortocircuito burocratico-amministrativo si tocca quando il Comune afferma perentoriamente che «a sinistra non vi alcun divieto». Insomma, il mare di Bivona, ora è non balneabile per soli 100 metri a destra dalla foce, mentre sul lato sinistro, cioè a sud, dove è attivo un lido balneare, va tutto bene. Che, intendiamoci, potrebbe anche essere, visto che la corrente in quel punto spinge sempre in direzione nord, quindi a destra del torrente. Ma allora non si capisce perché, sempre il Comune, la mattina di Ferragosto, abbia disseminato l’area di avvisi con su scritto – testuale – “divieto di balneazione per 300 MT a destra e sinistra”, per un totale che l’altro ieri, dunque, era di 600 metri. Oggi, invece, il divieto si estende per soli 100 metri, 200 in meno di quanto dichiarano nei loro documenti ufficiali Regione e Ministero e ben 500 metri in meno rispetto ai primi avvisi sparsi un po’ ovunque in prossimità dei varchi all’arenile. Un tira e molla che fa girare la testa e pure qualcos’altro.