lunedì,Maggio 13 2024

Imponimento: Giuseppe Comito e il controllo mafioso dei villaggi turistici

Concluso l’esame del collaboratore di giustizia di Vibo Marina da parte del pm, è toccato ai difensori con il controesame. Ecco ciò che è emerso

Imponimento: Giuseppe Comito e il controllo mafioso dei villaggi turistici

Ancora di scena il collaboratore di giustizia di Vibo Marina, Giuseppe Comito, nel processo dinanzi al Tribunale collegiale di Lamezia Terme nato dall’operazione antimafia denominata Imponimento. E’ toccato al pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, concludere l’esame del teste della pubblica accusa mostrando al collaboratore una foto dall’alto dei luoghi al centro del precedente racconto su incendi e danneggiamenti. Giuseppe Comito ha quindi riconosciuto le strade ostruite dal suo gruppo criminale – quello degli Accorinti di Briatico collegati a Pantaleone Mancuso (Scarpuni) ed anche dal gruppo Anello di Filadelfia – per impedire ai Marcello di Pizzo, già proprietari del ristorante Olimpus di accedere alla spiaggia accanto a quella del Club Med di proprietà degli Stillitani. Abbiamo ostruito le strade per arrivare a questo lido in costruzione dei Marcello, impedendo che si potesse arrivare dalla Statale 18. Riconosco il luogo dove si è verificato l’incendio – ha raccontato Comito – che si poteva raggiungere da una stradina vicino al torrente”. Un argomento, quello dell’incendio al lido dei Marcello, ritornato anche nel corso del controesame dell’avvocato Vincenzo Ioppoli. Il lido doveva sorgere a circa cinquanta metri di distanza dal ristorante del Club Med – ha ricordato Comito – e ricordo che quando è stato incendiato Salvatore Muggeri, parente di Nino Accorinti di Briatico, e Saverio Prostamo ridevano. Emanuele Stillitani in precedenza aveva detto che quel lido non doveva aprire e non doveva stare in quel posto. Non sono a conoscenza – ha affermato poi il collaboratore – se esisteva un contenzioso legale attorno a tale lido o se Stillitani si rivolse alle autorità”. [Continua in basso]

Rocco e Tommaso Anello

Prima dell’avvocato Ioppoli è quindi toccato all’avvocato Anselmo Torchia procedere al controesame. “Non ricordo come si chiamano i figli di Rocco e Tommaso Anello di Filadelfia – ha affermato Comito – ma ricordo che il sistema delle c.d. imbasciate serviva per raccomandare qualche ditta che voleva lavorare nel villaggio turistico dove io facevo il guardiano”. Giuseppe Comito, quindi, nl corso del controesame dell’avvocato Ioppoli ha ricordato di aver fatto parte del gruppo guidato da Nino Accorinti di Briatico. “Un gruppo che faceva danneggiamenti ed estorsioni – ha spiegato il collaboratore – anche ai villaggi turistici. Avere il controllo ‘ndranghetistico in una determinata zona significava mettere paura alle persone, tenere un territorio sotto una cappa. Ho iniziato a lavorare al Club Med tramite Nazzareno Colace che mi presentò a Nino Accorinti e da lì siamo andati al villaggio dove servivano dei guardiani. Salvatore Muggeri è subentrato in seguito come guardiano, sempre tramite Nino Accorinti, che imponeva le assunzioni alla società proprietaria del villaggio. Emanuele Stillitani – ha aggiunto Comito – non poteva scegliere altri guardiani i quali dovevano passare da Saverio Prostamo il quale poi passava parola a Nino Accorinti per l’assunzione. Tutti temevano Nino Accorinti perchè tutti sapevano che era un criminale. Anche Stillitani lo temeva e tutti dovevano accettare i suoi metodi. Anche Pino Polito, che faceva i lavori elettrici all’interno del villaggio turistico, è stato imposto. Le ditte che realizzavano i lavori nel villaggio erano vicine al nostro gruppo criminale, altre le sceglieva Stillitani, ma comunque a noi compiacenti”. Quindi una specificazione rispetto a quanto dichiarato nei verbali. “Io non ho mai visto passaggi di soldi di Stillitani al nostro gruppo – ha ammesso Comito – ma nei discorsi fra noi si diceva che Stillitani pagasse qualcosa ogni anno”.

Il Garden i Pizzo e, nel riquadro, Francescantonio Stillitani
Il Garden e l’imprenditore Francescantonio Stillitani

Il controesame dell’avvocato Ioppoli è poi passato a trattare il “capitolo” Iannazzo, con esponenti del gruppo criminale di Sambiase che avrebbero intimidito Emanuele Stillitani affiancandolo con l’auto. I Iannazzo volevano ulteriori lavori nel villaggio rispetto a quelli che già avevano – ha spiegato Comito – ma poi siamo subentrati noi con Accorinti e abbiamo sistemato la cosa con i Iannazzo. I lavori di muratura del villaggio li fece la ditta Guastalegname, la carpenteria la ditta Barba”.
Non sarebbero mancati neppure i danneggiamenti nei confronti di alcuni capannoni di proprietà degli Stillitani fra il 2004 ed il 2005. “Nino Accorinti faceva incendiare i capannoni e dopo si proponeva con gli Stillitani per aggiustare le situazioni. Stillitani – ha continuato il collaboratore – è stato costretto a riferire ai nuovi gestori del villaggio che bisognava pagare per la sicurezza nel villaggio. Se i nuovi gestori non accettavano le condizioni imposte dai clan, le strutture venivano danneggiate. Stillitani era obbligato a riferire ai nuovi gestori del controllo ‘ndranghetistico al Club Med. E questi nuovi gestori pagavano quindicimila euro all’anno per la sicurezza del villaggio”.

Il Garden Club, altro villaggio degli Stillitani in territorio di Acconia di Curinga, sarebbe stato invece “sotto il controllo degli Anello e dei Fruci. Qui – ha affermato Comito – si erano inseriti pure i La Rosa di Tropea ed anche in tale villaggio Emanuele Stillitani si occupava della cura del verde del villaggio. Gli Anello, a differenza di Nino Accorinti, non dovevano rispondere del loro operato a Luni Mancuso, Scarpuni”.

E’ toccato infine all’avvocato Andreano far emergere nel corso del controesame del collaboratore alcuni dati: l’avvocato Torquato Ciriaco, ucciso il primo marzo del 2002, era cugino degli Stillitani, mentre Gino Ruperto, barista al Club Med, è stato ucciso nel 2001 ed era il fratello di un cognato degli Stillitani. “Non so nulla dell’omicidio di Ciriaco Torquato – ha affermato Comito -. Io ho fatto dei lavori di manutenzione alla moglie e conoscevo l’avvocato come una bravissima persona. Di Gino Ruperto di Francavilla dicevano invece che facesse uso di stupefacenti”.

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