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Giustizia lentissima alla sezione lavoro di Vibo, lo Slai Cobas: «Chiediamo risposte, nessun tono esasperato»

Il sindacato ed lavoratori che si stanno vedendo rinviate le proprie cause ad oltre un anno di distanza chiedono umana comprensione al presidente del Tribunale ma soprattutto ascolto

Giustizia lentissima alla sezione lavoro di Vibo, lo Slai Cobas: «Chiediamo risposte, nessun tono esasperato»
La protesta davanti al Tribunale di Vibo Valentia

«Tempi della giustizia epocali, almeno nella sezione Lavoro e indignazione oltre che esasperazione, crediamo legittima, dei lavoratori che hanno loro malgrado cause in corso. Queste le motivazioni che hanno spinto i nostri assistiti e la nostra organizzazione a manifestare innanzi al Palazzo di Giustizia di Corso Umberto I chiedendo di essere ricevuti dal presidente del Tribunale». E’ quanto sottolinea a chiare lettere in un comunicato il sindacato Slai Cobas di Vibo Valentia, intervenuto sul tema “giustizia” attraverso il coordinatore provinciale Nazzareno Piperno. [Continua in basso]

«Intenzione della delegazione dei lavoratori, accompagnati dal legale del sindacato e dal loro rappresentante, era quello di esporre le proprie rivendicazioni per una giustizia che presso la Sezione Lavoro stenta a dare risposte. Nient’altro che lavoratori quindi, e padri di famiglia in difficoltà esasperati da tempi irragionevolmente lunghi nella trattazione delle cause con sentenze che, quando arriveranno, rischiano seriamente di non servire più a niente. In gioco qui non è certo il ruolo e le prerogative dei giudici – sottolinea lo Slai Cobas – ma le risposte che il sistema giustizia non riesce a dare perchè una giustizia tardiva è quasi sempre una giustizia negata. Quali siano i problemi e di chi sia la responsabilità di ciò noi non sappiamo e non rientra certo nei nostri compiti individuarne le cause».

Antonio Erminio Di Matteo
Il presidente Antonino Erminio Di Matteo

Lo Slai Cobas così continua: «Con quest’animo ci siamo presentati innanzi al presidente del Tribunale di Vibo Valentia che, pur dimostrando disponibilità al dialogo e al confronto sui problemi, ha ritenuto di ravvisare, nelle nostre precedenti comunicazioni, toni esasperati e anche potenzialmente diffamatori in un clima peraltro difficile specie per i giudici della Sezione Lavoro, chiedendo quindi, al fine di abbassare i toni, una rettifica o una smentita. Da qui il nostro intervento odierno. Noi – e qui ci rivolgiamo al presidente del Tribunale di Vibo Valentia – non crediamo che con la nostra iniziativa, che affonda le proprie motivazioni profonde in risposte che incomprensibilmente tardano ad arrivare, abbiamo contribuito ad esasperare i toni.

Se invece la nostra iniziativa così è stata vista o letta, ebbene precisiamo a chiare lettere che non era questa la nostra intenzione, non avendo ovviamente, per come certo a conoscenza del signor presidente, noi nulla a che fare con follie del recente passato da parte di qualcuno che, trincerandosi dietro un comodo quanto illegittimo anonimato, ha ritenuto di offendere e minacciare i giudici usando toni gravi e parole pesanti. Follie, appunto, senza senso di cui i responsabili dovranno rispondere alla stessa giustizia che hanno inteso così vilmente attaccare.

Noi non agiamo così signor presidente. Noi ci mettiamo la faccia ed il nome e certo non vogliamo esasperare né gli animi né il clima. Vogliamo soltanto capire cosa succede, avere risposte da chi la legge è chiamato ad applicarla, per come già detto, in nome del popolo. Se nell’esasperazione del momento e di trovarsi di fronte la montagna di un rinvio – un altro, l’ennesimo, – di un anno e mezzo senza che le proprie cause vadano avanti anche di un solo passo, si è usato qualche parola non precisa e non esatta, allora che si sappia che non era nostra intenzione e confidiamo che uomini dell’esperienza umana prima che tecnica del livello del presidente del Tribunale lo comprendano. Comprenda la difficoltà di uomini e padri di famiglia che non vogliono certo creare problemi, ma cercano di capire cosa succede nei Tribunali e perchè cause, pendenti da anni, vengano ancora rinviate di anni».

«La nostra è una semplice protesta e, ci sia consentito, rivendichiamo il diritto di protestare quando le cose non vanno, a patto che la protesta si svolga nel rispetto della legalità, delle regole e delle persone.  E con la nostra protesta – conclude il coordinatore provinciale dello Slai Cobas – non crediamo di aver violato nessuna di queste regole. Se così è stato percepito, ripetiamo, non era nostra intenzione. Chiarito tutto quanto sopra confidiamo e restiamo in fiduciosa attesa di poter esporre le nostre ragioni e i nostri sentimenti di fronte al signor presidente del Tribunale che, per come emerso nell’incontro, ci ha manifestato disponibilità in tal senso. Aspettiamo quindi fiduciosi una nuova convocazione».

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