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La scelta di collaborare e poi il ritorno a Rosarno e la morte: la storia di Cetta Cacciola

Il 20 agosto del 2011 venne trovata in fin di vita in bagno dopo aver ingerito acido muriatico. Tre mesi prima aveva deciso di parlare della sua vita da prigioniera in una famiglia di ‘ndrangheta

La scelta di collaborare e poi il ritorno a Rosarno e la morte: la storia di Cetta Cacciola

Il sogno di libertà di Maria Concetta Cacciola dura solo tre mesi, un sogno coltivato a lungo, ma che si conclude in maniera tragica a soli 31 anni. Nata e cresciuta a Rosarno in una famiglia di ‘ndrangheta legata al clan Bellocco, Maria Concetta decide di uccidersi quando la speranza di una vita diversa era definitivamente tramontata. Indagini e processi non riescono a provare l’accusa di omicidio, ma i suoi familiari – padre, madre e fratello – vengono condannati per le ripetute violenze alle quali la giovane donna era stata sottoposta, non solo negli ultimi mesi di vita, ma da quando aveva iniziato a ribellarsi alla relazione con un marito violento e spesso in carcere. I tre mesi che portarono alla sua morte iniziano l’11 maggio 2011: convocata in caserma a Rosarno per il sequestro del motorino del figlio, Maria Concetta spiega ai carabinieri che vuole parlare della sua vita da prigioniera in una famiglia di ‘ndrangheta, da tempo divenuta un inferno di violenza, paura, crudeltà. Nel giro di 15 giorni diviene una testimone di giustizia, portata via di notte dalle forze dell’ordine verso una località protetta, prima in Calabria poi a Genova.

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