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‘Ndrangheta: il Tar del Lazio annulla lo scioglimento del Comune di Tropea

I giudici amministrativi del Lazio accolgono il ricorso degli ex amministratori e “bocciano” l’operato della Commissione di accesso agli atti e della Prefettura di Vibo. Caso chiuso?

‘Ndrangheta: il Tar del Lazio annulla lo scioglimento del Comune di Tropea

La prima sezione del Tar del Lazio ha accolto il ricorso degli ex amministratori del Comune di Tropea avverso il decreto di scioglimento degli organi elettivi dell’ente per infiltrazioni mafiose deciso il 12 agosto 2016 con apposito decreto presidenziale sulla scorta di una relazione redatta dalla Commissione di accesso agli atti (composta dal viceprefetto Lucia Iannuzzi, dall’allora comandante della Compagnia dei carabinieri di Tropea Francesco Manzone e dal capitano della Guardia di finanza Giovanni Torino), dalla Prefettura di Vibo Valentia e dal Ministero dell’Interno. Per i giudici amministrativi siamo in presenza nel caso di Tropea di una “carenza nella fattispecie dei presupposti per lo scioglimento degli organi elettivi locali”.

Per il Tar non vi è nessun nesso fra la ritenuta presenza all’incontro pre-elettorale all’hotel Santa Lucia di Parghelia di soggetti – secondo la Commissione di accesso agli atti – riconducibili ad ambienti mafiosi e gli effetti che tale circostanza avrebbe potuto provocare sull’accordo elettorale, per nulla segreto e per nulla illecito. Aver usato la stessa Commissione di accesso agli atti, nella sua relazione la parola “presumibilmente” (“presumibilmente vicini alle cosche la frase esatta”) in riferimento ad alcune persone presenti all’incontro, per il Tar è un grave errore motivazionale, perché una persona o è vicina ad un clan o non lo è, lasciando invece le “presunzioni” il tempo che trovano in termini giuridici.

I certificati penali del futuro sindaco Giuseppe Rodolico, dell’avvocato Giovanni Vecchio (cugino del sindaco), di Antonio Bretti (poi nominato assessore), e del vicesindaco Domenico Tropeano, tutti presenti alla riunione pre-elettorale all’hotel Santa Lucia di Parghelia, dimostrano per il Tar che i partecipanti alla lecita riunione non avevano alcun precedente penale per fatti di criminalità organizzata, gli unici utili a motivare un decreto di scioglimento degli organi elettivi dell’ente per infiltrazioni mafiose. Si evince inoltre l’assenza di procedimenti penali pendenti in capo a tutti i partecipanti all’incontro pre-elettorale e l’assenza di frequentazioni con esponenti della criminalità organizzata. “Ne discende, in mancanza di prospettazione di ulteriori e puntuali elementi, l’insussistenza – scrive il Tar – a carico dello sindaco e del cugino”, cioè Giuseppe Rodolico e Giovanni Vecchio, di “elementi dotati di concreta e univoca valenza probatoria”.

Quanto invece al vicesindaco Domenico Tropeano, la Commissione di accesso agli atti si sarebbe limitata per il Tar a richiamare tre meri deferimenti all’autorità giudiziaria risalenti nel tempo (l’ultimo nel 1998) ed a richiamare la figura del fratello del vicesindaco ritenuto vicino al clan La Rosa. Per il Tar, però, il fratello del vicesindaco è stato assolto dal reato di intestazione fittizia di beni e comunque per i giudici amministrativi “il mero richiamo ai rapporti parentali con soggetti pregiudicati non è sufficiente a provare l’esistenza di collegamenti di un amministratore locale con la criminalità organizzata”.

Il proprietario dell’hotel. Anche riguardo al proprietario dell’hotel, ex cognato del collaboratore di giustizia Domenico Cricelli, per i giudici si è in presenza di “assoluta carenza probatoria” poiché il titolare è immune da precedenti penali ed il fatto che l’ex cognato abbia iniziato a collaborare con la giustizia è prova che lo stesso abbia deciso di recidere i legami con la criminalità organizzata.

Il tuffo di Capodanno. Anche riguardo a tale episodio, per il Tar l’assessore Antonio Bretti è immune da pregiudizi penali e frequentazioni con ambienti compromettenti, non vi è nessun legame fra tale episodio e l’attività della giunta comunale e nulla sapeva l’assessore Bretti della presenza all’evento del tuffo a mare – che si tiene ogni anno e non richiede una particolare organizzazione – del pregiudicato Francesco Zaccaro, genero del boss di Tropea, Tonino La Rosa.

Gli altri elementi smontati. Nessuna prova poi, secondo il Tar, che la bomba sotto l’auto del sindaco di Tropea, Giuseppe Rodolico, sia riconducibile a motivazioni mafiose o vendette mafiose, mancando anche la “premessa logica” di tutto, e cioè il collegamento fra il primo cittadino e la criminalità organizzata.

Tutti gli altri elementi presi in considerazione, per il Tar attengono sostanzialmente al contesto territoriale in cui si colloca il Comune di Tropea e alla sussistenza di irregolarità amministrative, tutte prive di pregio nell’ambito della motivazione di scioglimento di un ente locale per infiltrazioni mafiose.

Conseguenze. Gli amministratori potranno ora ritornare nei ruoli elettivi che ricoprivano prima dello scioglimento. Restano gli interrogativi sul lavoro svolto dalla Commissione di accesso agli atti. La relazione così come redatta è stata bocciata dal Tar del Lazio. Da vedere se il Ministero dell’Interno intenderà proporre appello al Consiglio di Stato. Sul fatto che vi fossero altri e diversi elementi sui quali poter basare una relazione capace di poter resistere alle censure del Tar, ogni cittadino conserverà la propria opinione.

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