venerdì,Aprile 19 2024

Le rivelazioni del pentito Arena sui Piscopisani: «Nazzareno Fiorillo doveva essere ucciso»

Il progetto di morte coltivato da Rosario Battaglia ed i mai perdonati incontri con i Patania di Stefanaconi nel corso dello scontro armato

Le rivelazioni del pentito Arena sui Piscopisani: «Nazzareno Fiorillo doveva essere ucciso»
Nazzareno Fiorillo

Doveva morire anche Nazzareno Fiorillo, 55 anni, detto U Tartaru, ritenuto esponente di vertice assoluto del clan dei Piscopisani. Sono le clamorose rivelazioni del collaboratore di giustizia di Vibo Valentia, Bartolomeo Arena, a svelare il progetto di morte che sarebbe stato “coltivato” da Rosario Battaglia, 36 anni, altro esponente di vertice dei Piscopisani il quale non avrebbe perdonato a Nazzareno Fiorillo di non aver partecipato alla guerra di mafia contro il clan Patania di Stefanaconi ed anzi di aver cercato con tale consorteria di accordarsi per chiamarsi fuori dallo scontro. Ad uccidere Nazzareno Fiorillo, doveva essere – secondo le dichiarazioni di Arena – il nipote. Ecco le dichiarazioni del collaboratore di giustizia confluite nell’inchiesta “Rimpiazzo”. [Continua dopo la pubblicità]

Rosario Battaglia

Tornando a Nazzareno Fiorillo, ricordo che la sua posizione di vertice durava fino alla faida con i Patania, clan, quest’ultimo che, fino all’omicidio di tale Fiorillo – che mi pare a chiamasse Mario e che aveva denunciato, a più riprese, i Patania – era in ottimi rapporti con i Piscopisani. Da quel momento, Nazzareno Fiorillo veniva messo da parte – forse addirittura sospeso – anche perché gli si contestava di non avere mai preso parre attiva alla faida con i Patania. Anzi, i Piscopisani ritenevano che Nazzareno Fiorillo – fa mettere a verbale Bartolomeo Arena – fosse andato proprio a Stefanaconi a ”sedersi” con i Patania per “guardarsi” il suo. Addirittura, Francesco Antonio Pardea mi riferiva che, mentre era in carcere con Rosario Battaglia, quest’ultimo gli confidava la propria intenzione di uccidere Nazzareno Fiorillo. Non solo: Rosario Battaglia avrebbe preteso che a commettere l’omicidio fosse il nipote, ossia Michele Fiorillo, detto Zarrillo e, qualora quest’ultimo si fosse rifiutato di uccidere il proprio zio, Battaglia sarebbe stato pronto a mettersi anche contro di lui. A quel punto, con Nazzareno Fiorillo che vedeva ridotta lo propria autorevolezza, dopo l’arresto Rosario Battaglia e Rosario Fiorillo per la detenzione di una pistola, e dopo l’arresto di Michele Fiorillo e Giuseppe Galati per l’operazione “Crimine”, l’associazione continuò ad operare, sebbene ridimensionata nella caratura. Ridimensionamento, invero, dovuto soprattutto alla necessita di riorganizzarsi all’esito della operazione “Crimine”, esigenza che, peraltro, riguardò un po’ tutti i Locali di ‘ndrangheta dislocati sul territorio, sia nazionale che estero.

Michele Fiorillo

I rapporti fra zio e nipote. A porsi al vertice del clan nel 2016 sarebbero stati, in ogni caso, Michele Fiorillo (Zarrillo) e Giuseppe Galati (Pino Il ragioniere), i quali (con in carcere Rosario Battaglia e Rosario Fiorillo) avrebbero messo da parte l’originario progetto di morte che sarebbe stato coltivato da Rosario Battaglia ai danni di Nazzareno Fiorillo. “Per quanto mi risulta – conclude Bartolomeo Arena – Nazzareno Fiorillo aveva debiti cospicui nei confronti del nipote Michele Fiorillo e per coprirli è stato anche costretto a cedere al nipote degli immobili, in particolare uno o due immobili ubicati all’interno del fabbricato dove risiede anche Michele Fiorillo, detto Michelone, figlio di Nazzareno Fiorillo. Oggi Nazzareno Fiorillo non conta più nulla tra i Piscopisani, sebbene io non sappia quali siano state le evoluzioni dei rapporti all’interno del gruppo dopo il loro arresto lo scorso anno. Posso però dire che, al di là della situazione da ultimo descritta, il ruolo di Nazzareno Fiorillo è stato certamente apicale”. Dichiarazioni,quelle di Bartolomeo Arena sul conto di Nazzareno Fiorillo, che riscontrano quelle analoghe rilasciate nell’ambito dell’operazione “Rimpiazzo” dai collaboratori di giustizia Raffaele Moscato, Andrea Mantella, Daniele Bono e Loredana Patania.

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