Operazione Olimpo, Bartolomeo Arena racconta Diego Mancuso: dai legami con i Piromalli ai Lo Bianco-Barba
Il collaboratore di giustizia delinea lo spessore del personaggio, da componente in gioventù del gruppo di fuoco del fratello sino al pestaggio di alcuni vibonesi che avevano aggredito il figlio
E’ fra i principali arrestati dell’operazione Olimpo, il boss Diego Mancuso, 70 anni, di Limbadi, al quale la Dda di Catanzaro contesta di aver mantenuto un ruolo di vertice all’interno della “famiglia” anche dopo la scarcerazione avvenuta nel 2015. Secondo nel clan solo agli zii Luigi e Antonio ed al fratello Giuseppe, sulla sua figura si è soffermato a lungo il collaboratore di giustizia di Vibo Valentia Bartolomeo Arena che ha svelato diversi episodi inediti poi riscontrati dagli inquirenti. Ecco il suo racconto. [Continua in basso]
“Circa la figura di Diego Mancuso, detto “Addecu”, so che questi, in epoca risalente, faceva parte del gruppo di fuoco del fratello Giuseppe Mancuso, inteso “’Mbroglia”. So anche che al tempo – ha raccontato il collaboratore – Pino Piromalli di Gioia Tauro trascorse un periodo di latitanza presso i Furfaro – una famiglia di ‘ndranghetisti -, ma diede fastidio ad una delle donne della famiglia, per cui nacque una questione abbastanza delicata perché i Furfaro lamentarono questo abuso. Allora Piromalli decretò la morte di questi Furfaro e per eliminarli furono incaricati appunto Mancuso Giuseppe, detto ’Mbroglia, e Mancuso Diego. Queste vicende più risalenti mi sono state raccontate da mio nonno Vincenzo Pugliese Carchedi”.
Diego Mancuso ai vertici del clan
“So che Diego Mancuso è sempre stato ai vertici della famiglia Mancuso. Tale potente famiglia presenta due anime: quella degli undici fratelli – ramo che vede tra i principali esponenti Mancuso Antonio e Mancuso Luigi – e quella facente capo, invece, a Giuseppe Mancuso, detto ‘Mbroglia, all’Ingegnere ed appunto a Diego Mancuso detto “Mazzola”. Questi ultimi si confrontano, quanto agli esponenti del ramo degli zii, solo con Antonio e Luigi Mancuso. Che io sappia questa situazione c’è sempre stata, sicuramente da prima dell’epoca del tentato omicidio di Francesco Mancuso, detto “Tabacco”, e sicuramente dal 1993 in poi. [Continua in basso]
I vibonesi contro Domenico Mancuso e l’intercessione dei Barba
Bartolomeo Arena spiega quindi di aver avuto contezza diretta di tale suddivisione all’interno della famiglia Mancuso “almeno dal 1997, epoca in cui i miei cugini Giuseppe Pugliese Carchedi e suo fratello, insieme a tale Gennarino Colace – poi passato con i Mancuso – malmenarono Domenico Mancuso, inteso “The Red”, figlio di Diego, senza sapere di chi fosse figlio. Ovviamente la reazione di Diego Mancuso era inevitabile e fu necessaria la provvidenziale intercessione in favore degli autori delle percosse di Pino Barba – la famiglia Barba era molto legata ai Mancuso – che pregò Diego Mancuso di risparmiare i responsabili per evitare il peggio. Così ho avuto conferma dello spessore mafioso di Diego Mancuso il quale, per superare lo sgarbo, pretese comunque che il figlio potesse a sua volta picchiare ciascuno degli aggressori presso le loro rispettive abitazioni, cose che effettivamente avvenne. Si trattava di una umiliazione terribile – ha aggiunto Bartolomeo Arena – quasi peggiore della morte, considerando il nostro modo di pensare. Nel 1998-1999 proprio Giuseppe Pugliese Carchedi si fidanzò con la figlia di Vincenzo Barba e così iniziò a frequentare maggiormente i Mancuso. Fu anche lui a dirmi in quel periodo che Diego Mancuso era ancora ai vertici di quel ramo della famiglia Mancuso, secondo soltanto al fratello Giuseppe, detto ‘Mbroglia”. Il 19 febbraio 2005 Giuseppe Pugliese Carchedi è stato quindi ucciso in un agguato (lungo la strada fra Vibo Marina e Pizzo) che sarebbe stato commesso – secondo le risultanze dell’inchiesta Outset (ma gli imputati sono stati assolti) dal clan dei Piscopisani.
Diego Mancuso informato su Vibo da Leoluca Lo Bianco
“In epoca più recente ho ricevuto notizie su Diego Mancuso da Leonardo Manco, il quale mi confidò che Leoluca Lo Bianco, inteso “U Rozzu”, si recava sempre da Diego Mancuso per aggiornarlo su quanto accadeva nella città di Vibo Valentia a livello di ‘ndrangheta. In particolare – ha aggiunto il collaboratore – so che sapeva dell’operato e delle intenzioni del mio gruppo e ritengo, anche di me. L’interesse di Diego Mancuso per queste notizie era evidente, data l’influenza che sempre i Mancuso avevano esercitato sulla città di Vibo Valentia, peraltro sempre con l’appoggio dei Lo Bianco-Barba. Leonardo Manco mi disse queste cose proprio per mettermi in guardia. Il motivo per cui Leoluca Lo Bianco riferisse proprio a Diego Mancuso era che questi era al momento al vertice della famiglia. Dopo la scarcerazione di Luigi Mancuso e dopo la sua scarcerazione, Diego Mancuso in effetti aveva una posizione immediatamente inferiore a quello dello zio Luigi e di questo suo ruolo nella ‘ndrangheta vibonese mi riferivano lo stesso Leoluca Lo Bianco e Carmelo D’Andrea in questi termini. I due non mi indicarono un’area geografica particolare di influenza di Diego Mancuso, anche perché il potere dei Mancuso si è sempre esteso su tutta la provincia di Vibo Valentia ed forse è l’unica famiglia di ‘ndrangheta che domina un’intera provincia”.
LEGGI ANCHE: ‘Ndrangheta: l’escalation di sangue fra Briatico e San Gregorio nei racconti inediti di Bartolomeo Arena
Operazione Olimpo: la fuga di notizie e le aderenze degli indagati con esponenti delle istituzioni
Operazione Olimpo: i La Rosa e i Mancuso imponevano tangenti anche alle ditte dei trasporti
Operazione Olimpo: la tentata estorsione a Tropea e il ruolo di intermediario del geometra Scordo
Operazione Olimpo: l’estorsione all’ospedale di Tropea e i contrasti fra i La Rosa e i Mancuso