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Operazione Olimpo: la fuga di notizie e le aderenze degli indagati con esponenti delle istituzioni

La polizia e la Dda di Catanzaro sono riusciti a ricostruire parte del tessuto relazionale di clan La Rosa di Tropea e Mancuso di Limbadi, oltre che ai contatti dell’indagato Pasquale Anastasi con politici a loro volta a conoscenza di “talpe” e messaggi fatti filtrare all’esterno

Operazione Olimpo: la fuga di notizie e le aderenze degli indagati con esponenti delle istituzioni
Diego Mancuso

Una rete relazionale degli indagati pervasiva, “agevolata dal fervido tessuto connettivo che raccorda i molteplici procedimenti tuttora in fase di definizione, con ciò alimentando un costante flusso informativo sulle  collaterali emergenze giudiziarie in divenire”.  Dedicano un apposito capitolo alla “fuga di notizie e alle aderenze con esponenti delle istituzioni”, gli inquirenti che hanno portato a termine l’operazione antimafia denominata Olimpo. Lo fanno partendo da alcuni dati intercettati e dalle accortezze emerse sul fronte delle cautele adottate dagli indagati allo scopo di evitare più accurati monitoraggi ad opera della magistratura e delle forze dell’ordine, sino alle dichiarazioni di Emanuele Mancuso. Nell’interrogatorio del 26 ottobre 2021, il collaboratore di giustizia riferiva in particolare che il padre, Pantaleone Mancuso, detto “l’Ingegnere”, gli avrebbe raccontato che “Diego Mancuso doveva andarsene da Limbadi perché lì non sarebbe durato., Così si stabilì al villaggio Heaven a Santa Maria di Ricadi, dove figura come dipendente ma che in realtà è suo. Lui si è stabilito lì dopo un paio di mesi dalla scarcerazione”.Sul punto, Emanuele Mancuso spiegava poi che lo zio “Diego Mancuso era molto accorto e stava attento ad eventuali attenzioni delle forze dell’ordine. La signora Napoli, che era a lui legata, mi chiedeva sempre di fare bonifiche e di controllare se ci fossero telecamere sui pali dell’elettricità delle zone limitrofe”. [Continua in basso]

I La Rosa e le bonifiche

Pasquale Gallone

Espresso riferimento all’attività di “bonifica”,tesa a verificare l’eventuale installazione di strumentazione tecnica era emersa già in data 28 ottobre 2018, allorquando – trattando delle condanne di altro soggetto non identificato – il boss di Tropea Antonio La Rosa riferiva al padre Domenico che “Pasquale” ne ha trovato una “carrettata” “in campagna”, con Antonio La Rosa che giustificava con la circostanza con il fatto che Pasquale girasse dalla mattina alla sera con lo “zio “: riferimento che avrebbe consentito di ipotizzare la possibile identificazione del soggetto chiamato in causa nella persona del noto Pasquale Gallone, poi condannato a 20 anni in primo grado nel troncone abbreviato di Rinascita Scott. Proprio Pasquale Gallone è stato sottoposto a controllo del territorio con Luigi Mancuso da ultimo in data 30 settembre 2019 nei pressi dello svincolo autostradale di Rosarno.

La piazza di Tropea

In tale ambito e per evitare controlli da parte delle forze di polizia,  Antonio La Rosa avrebbe avviato una dissimulazione nella piazza di Tropea, ritenuta dagli inquirenti antimafia come “l’avamposto del sodalizio dei La Rosa”. Il tuttoallo scopo di sottrarre al monitoraggio della locale pattuglia dei carabinieri una serie di incontri funzionali all’operatività della ‘ndrina che sarebbero avvenuti proprio nella piazza principale di Tropea.

Le “soffiate” sui blitz

Altrettanto significativa era parsa la conversazione registrata in data 12 settembre 2018, nella parte in cui Davide Surace di Spilinga (arrestato) aveva espresso a Paolo Ripepi di Ricadi (altro arrestato) tutta la propria preoccupazione per il fatto che “in giro ci sono problemi, c’è la Legge che gira di continuo, è infestato…” ritenendo tuttavia che la presenza delle forze dell’ordine nell’area non fosse correlata all’operato della propria articolazione.

I contatti con esponenti delle istituzioni

La Prefettura di Vibo e nel riquadro il boss Antonio (Tonino) La Rosa

Il quadro complessivo fornito dalle indagini ha consentito così di documentare anche una serie di interazioni alimentate dagli indagati con soggetti addentro al tessuto istituzionale, impiegati in delicati settori dell’apparato politico-amministrativo.
Assai rilevante, in tal senso è parsa alla Dda di Catanzaro l’asserita capacità di procacciare utili ostentata da Antonio La Rosa allorquando – menzionando il nome di tale “Gianfranco” e facendo riferimento anche al “bordello” creato dalla Nesci – si era confrontato con il fratello Francesco (detto “Il Bimbo”) osservando che ”C’è un’indagine di Gratteri perche’ dice che la Nesci sta facendo bordello”.
Al netto del riferimento a ”Gianfranco” – non meglio identificato – rileva per gli inquirenti “1’interazione registrata in data 12 marzo 2019 tra i maggiorenti della ‘ndrinatropeana dei La Rosa e Giovanni Tambuscio,  dipendente del Ministero della Giustizia in servizio presso il Tribunale di Vibo Valentia, ove risulta impiegato con mansioni di ausiliario giudiziario nell’Ufficio Gip-Gup”. Giovanni Tambuscio non risulta allo stato indagato.
Nel richiedere l’intermediazione di Antonio La Rosa in una vicenda che avrebbe visto coinvolto il figlio, “lo stesso Giovanni Tambuscio – ad avviso della Dda di Catanzaro e del gip – aveva paventato l’ipotesi di denunciare diversamente la cosa ai “Carabinieri”, facendo emergere la residualità dell’opzione rispetto alla possibile risoluzione della cosa ad opera dello stesso La Rosa e facendo altresì leva – nel medesimo contesto – sul fatto di essersi “messo sempre a disposizione…”.

I rapporti con alcuni dipendenti della Prefettura

La Prefettura di Vibo e Rocco Gramuglia, funzionario della segreteria del prefetto

Sempre sul fronte del rapporto con soggetti addentro al tessuto istituzionale – e anche alla luce di recenti acquisizioni documentali perfezionate alla Prefettura di Vibo Valentia – assume poi rilievo il rapporto emerso tra lo stesso Antonio La Rosa e la cognata Saveria Angiò, dipendente dell’Ufficio Territoriale di Governo di Vibo Valentia. Per gli inqurenti, la donna avrebbe manifestato la propria disponibilità “ad assicurare una “sbirciatina’, alla documentazione d’ufficio funzionale alle esigenze degli indagati, con ciò non potendosi escludere una più oculata capacità di verifica – anche informativa – sul fronte di eventuali accertamenti in corso ad opera della polizia giudiziaria”.
In tal senso avrebbero operato anche i funzionari della medesima Prefettura di Vibo – Michele Larobina e Rocco Gramuglia (quest’ultimo nella segreteria del prefetto) nella parte in cui (già nell’estate del 2017) avevano condiviso utili informazioni con l’imprenditore Costantino Trimboli (indagato a piede libero), addivenendo a a partecipare all’imprenditore i contenuti della documentazione d’ufficio istruita dalle forze di polizia interessate dagli accertamenti sull’asse societario dello stesso Trimboli”.

Anastasi e i “Poteri forti”

Pasquale Anastasi
Pasquale Anastasi

Sul tema assumono poi rilievo, secondo la Dda di Catanzaro, le emergenze acquisite a carico dell’indagato Pasquale Anastasi (ex dipendente della regione e presidente della Fondazione di Paravati voluta da Natuzza), accostato dalla funzionaria regionale Maria Gabriella Rizzo, non indagata, (nel corso dell’intercettazione registrata in data 17 maggio 2018), ai “poteri forti, tipo Adamo piuttosto che Pasquale Anastasi”.

L’accostamento aveva assunto maggior pregnanza alla luce dell’intercettazione del successivo 12 gennaio 2019 tra Pasquale Anastasi, l’ex consigliere regionale Nicola Adamo e l’ex parlamentare Ferdinando Aiello (gli ultimi due non indagati). In tale frangente Pasquale Anastasi non avrebbe esitato a far cenno ad “un informatore che riesce ad entrare, che era della Dia, che ora un pò l’hanno messo da parte però ancora riesce ad avere qualche informazione”, indicandolo come la fonte che avrebbe garantito una serie di informazioni al soggetto che poi gliele aveva partecipate direttamente. Progressivamente Anastasi avrebbe quindi fatto riferimento alla figura dell’avvocato Giancarlo Pittelli ed al ruolo di Michele Marinaro all’epoca in forza alla Presidenza del Consiglio (nella Agenzia di Sicurezza): fonte della quale si assumeva la paternità Ferdinando Aiello, nella parte in cui argomentava nelle intercettazioni che “a Michele dentro i Servizi .. fa le imbasciate a Pittelli ma ce l’ho messo io”.

Sia Pittelli che Marinaro figurano fra gli indagati di Rinascita Scott.

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