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Comune di Vibo in dissesto, Piano di riequilibrio: i motivi della netta bocciatura da parte della Corte dei Conti

Dalla magistratura contabile individuato nel testo di risanamento finanziario un lungo elenco di criticità e dati non veritieri. «Artifici contabili reiterati per migliorare i risultati di amministrazione per tutto il periodo precedente all’approvazione del Piano». Errori su errori e dati inattendibili. Una bocciatura senza appello per l'amministrazione Limardo

Comune di Vibo in dissesto, Piano di riequilibrio: i motivi della netta bocciatura da parte della Corte dei Conti
Palazzo Luigi Razza, sede del Comune

Il Piano di riequilibrio finanziario deve avere «previsioni veritiere e, dunque, realmente rappresentative e attendibili». Esse «costituiscono presupposti indefettibili per poter formulare compiute conclusioni in ordine alla sostenibilità in concreto del percorso di riequilibrio ed alla effettività dello stesso». Sta tutta qui – se si vuole – la bocciatura della Sezione regionale di controllo per la Calabria della Corte dei Conti, presieduta da Rossella Scerbo, del documento contabile presentato ad agosto del 2019 (dopo il sì prima della giunta e dopo del consiglio comunale) dall’amministrazione comunale di Vibo Valentia, guidata dal sindaco Maria Limardo, per evitare il secondo dissesto finanziario dell’ente. Un testo, questo, che evidentemente non ha rispettato per nulla quei presupposti appena ricordati e che, quindi, è stato respinto dalla magistratura contabile di Catanzaro, aprendo ancora una volta la procedura di default per Palazzo Luigi Razza. La delibera numero 132 che riporta le motivazioni (deliberate a Catanzaro, nella camera di consiglio del 27 ottobre 2021) che hanno indotto i giudici del capoluogo di regione a bocciare il Piano di riequilibrio – predisposto dall’attuale assessore al Bilancio Maria Teresa Nardo, docente dell’Unical, esperta in gestione finanziaria degli enti locali, che ha lavorato con l’ausilio degli uffici finanziari competenti, portando sostanziali modifiche al Piano di risanamento lasciato dal commissario straordinario Giuseppe Guetta (alla guida dell’ente da febbraio a maggio 2019) – è un documento di ben 124 pagine fitte di numeri e cifre, dati e date. Un lungo processo a ritroso che spiega nel dettaglio, con tanto di fermi richiami e reprimende, la mala contabilità dell’ente che ha portato le casse comunali letteralmente in rosso. All’interno del documento della Corte dei Conti le delibere di giunta, le richieste della Corte dei Conti di chiarimenti contabili, le controdeduzioni inoltrate dal Comune. Tabelle e richiamo alla vigente normativa in materia. [Continua in basso]

Le conclusioni della magistratura contabile: previsioni non veritiere

Il sindaco di Vibo Valentia, Maria Limardo

Le criticità individuate dalla Sezione nella fase istruttoria del presente procedimento, «in ordine alla veridicità e all’attendibilità delle previsioni, e quindi alla sostenibilità del riequilibrio, sono state confermate in pieno dalle controdeduzioni elaborate dall’Ente. Come è emerso dal corpo della delibera, infatti, – scrive la Corte dei Conti – il Comune di Vibo Valentia ha reiteratamente migliorato con artifici contabili i risultati di amministrazione per tutto il periodo precedente all’approvazione del Piano di riequilibrio, incidendo, conseguentemente, sulla corretta stima del disavanzo di amministrazione al 31 dicembre del 2018 e quindi sulla corretta quantificazione della massa passiva da ripianare. Nello specifico, utilizzando i dati forniti dall’Ente in sede di controdeduzioni, è stato accertato che l’importo del Fondo pluriennale vincolato (Fpv) al 31 dicembre di ciascun esercizio è sottostimato rispetto a quello inscritto all’1 gennaio degli anni successivi, con conseguente miglioramento dei risultati di amministrazione negli esercizi 2015-2018 e sottostima della parte disponibile del risultato di amministrazione al 31 dicembre 2018 (e quindi della massa passiva) per l’importo di almeno 27.000.000,00 di euro». E’ stato accertato anche che «l’importo del Fondo crediti di dubbia esigibilità (Fcde) iscritto nel risultato di amministrazione di ciascun esercizio è sottostimato – si legge sempre nella delibera – con conseguente miglioramento dei risultati di amministrazione negli esercizi 2015-2018 e sottostima della parte disponibile del risultato di amministrazione al 31 dicembre 2018 (e quindi della massa passiva) per l’importo di almeno 7.900.000,00 euro». E ancora: sempre «il Fondo crediti di dubbia esigibilità anziché ridursi in vigenza del Piano di riequilibrio, come previsto peraltro nello stesso documento di risanamento, è in continuo aumento. Tant’è che in soli due anni raddoppia passando da 16.400.722,42 euro (31 dicembre 2018) a 33.696.887,42 euro (31 dicembre 2020)».

Per la Corte dei Conti, poi, «il Fondo rischi e contenzioso inserito nelle scritture contabili, e quindi anche nel rendiconto 2018, dell’importo di 60.000,00 euro, è irrisorio rispetto alle passività potenziali emerse nel presente procedimento», mentre «la voce inserita nella massa passiva del Piano di riequilibrio “Passività potenziali rilevate e in corso” è sottostimata per l’importo di almeno 2.300.000 euro; la voce inserita nella massa passiva “Passività non accettate Organismo straordinario di liquidazione (Osl)” è sottostimata per  l’importo di 16.200.000 euro». Risulta, altresì, «fortemente sottostimata la voce inserita nella massa passiva del Piano di riequilibrio “Rischio soccombenza legale in corso”». [Continua in basso] 

Assenza di una esatta valutazione della spesa

Per la magistratura contabile, dunque, «è mancata una corretta valutazione prognostica della spesa complessiva che avrebbe potuto gravare sul Piano di riequilibrio, che sono inattendibili le previsioni di spesa di parte capitale e che l’economia di bilancio non è confluita nella parte vincolata del risultato di amministrazione con conseguente miglioramento dei risultati di amministrazione». E, poi, «vi sono debiti fuori bilancio privi di copertura finanziaria non correttamente rilevati» e «le entrate da indebitamento non sono state correttamente contabilizzate». Mentre «nessun fondo per eventuali perdite da società partecipate è stato accantonato». Il disavanzo di amministrazione, quindi, anche in vigenza del Piano di riequilibrio, «è in progressivo peggioramento».

La cattiva gestione di cassa

Ancora, con riferimento alla gestione della cassa, è stata accertata «la presenza di fondi vincolati di remota provenienza utilizzati per spese correnti e non ricostituiti alla fine di ciascun esercizio; la presenza di pignoramenti; l’assenza  – scrivono i magistrati contabili – di un cronoprogramma finalizzato al reintegro nel breve periodo della cassa vincolata utilizzata e non ricostituita; la presenza di un fondo cassa sostanzialmente negativo in quanto costituito interamente da fondi vincolati; flussi di cassa corrente insufficienti a generare flussi di cassa libera, da poter utilizzare per il reintegro dei fondi vincolati utilizzati per cassa; entrate da recupero evasione tributaria di significativa consistenza non movimentate in termini di cassa». In merito «si tratta di una consistenza non garantita da un Fondo crediti di dubbia esigibilità, e, pertanto, idonea al solo raggiungimento degli equilibri di bilancio, ma non al risanamento dell’ente». [Continua in basso]

Maria Teresa Nardo, assessore al Bilancio

Tornando alla gestione della cassa è stato, altresì, accertato un «incremento, durante la vigenza del Piano di riequilibrio, della massa residuale attiva causata da una attività di riscossione insufficiente e dalla quasi totale assenza di riscossione delle entrate proprie quali quelle per Tarsu/Tari/Tares e Sii; un aumento, durante la vigenza del Piano di riequilibrio, della massa residuale passiva di parte corrente, sintomo di carenza di liquidità e di un sistematico rinvio dei pagamenti afferenti a debiti di funzionamento. Peraltro, nonostante il rinvio di tali passività, nessun conseguenziale beneficio si è riscontrato sulla giacenza di cassa, atteso che nell’esercizio 2020 i fondi vincolati da ricostituire risultino incrementati rispetto a quelli del 2019».

L’inutile arrivo di fondi

La liquidità aggiuntiva che il Comune ha percepito non ha avuto, infine, «alcun impatto migliorativo sulla massa passiva nonché sul reintegro dei fondi vincolati, tant’è che anche nel 2021 viene reiterato l’utilizzo di tali fondi. Alla luce di tutto ciò – conclude la Corte dei Conti – e di quanto sin qui rilevato, il Piano di riequilibrio approvato dal Comune di Vibo Valentia, con la delibera numero 16 del 5 agosto 2019, non appare congruo ai fini del riequilibrio».

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