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Il Corsivo | Il congresso del Pd a Vibo e quelle candidature in contrasto con la linea del partito

Rizzo e Colelli sfidano Di Bartolo e Gioia rispettivamente alla guida della segreteria provinciale e del circolo cittadino. E non mancano situazioni imbarazzanti sulle quali il leader regionale Nicola Irto potrebbe intervenire

Il Corsivo | Il congresso del Pd a Vibo e quelle candidature in contrasto con la linea del partito
Nicola Irto e Giovanni Di Bartolo

Le candidature di Sergio Rizzo e Francesco Colelli alla segreteria provinciale ed a quella del circolo cittadino della città capoluogo, in contrasto con quelle di Giovanni Di Bartolo e Claudia Gioia, individuate dai vertici regionali e provinciali del partito, offrono uno spaccato totalmente diverso da quella linea unitaria che gli organi apicali del Pd avevano dichiarato di voler perseguire. Tale quadro conflittuale merita di essere approfondito sotto diversi profili. In primo luogo il problema non può essere riduttivamente ancorato ai nomi dei candidati – Colelli vale Gioia e Rizzo vale Di Bartolo -, ma è esclusivamente politico e può essere sintetizzato nei seguenti termini: il partito ha individuato in Di Bartolo e Gioia le figure ritenute più idonee a rappresentare il rinnovamento che si intende perseguire attraverso volti nuovi ed un percorso unitario. E’ chiaro che qualsiasi scelta fatta all’interno di una comunità, di una associazione, non debba necessariamente essere condivisa dalla totalità dei componenti, ma una volta adottata dalla maggioranza o dagli organi deputati dallo statuto/regolamento, vada osservata anche da chi dissente. Rapportando il tutto alla posizione di Rizzo e Colelli, va detto che se nessuno può sindacare la loro valutazione critica sulle scelte effettuate dal partito, è altrettanto vero che poi o ti adegui alla linea tracciata oppure ti poni al di fuori dello stesso. Se così non fosse il partito diverrebbe una specie di Repubblica delle banane dove ognuno, per tutelare le proprie posizioni, agirebbe a proprio piacimento. Sulla scorta di quanto detto, non possiamo condividere le argomentazioni del presidente dell’assemblea provinciale del PD Enzo Romeo, secondo il quale le candidature di Rizzo e Colelli rappresentano una manifestazione di democrazia interna, che consente a tutti di misurarsi in un momento importante quale lo svolgimento di un congresso. [Continua in basso]

Francesco Colelli il 13 gennaio mentre presenta la propria candidatura dinanzi alla madre Teresa Esposito

Chiuso questo argomento, occorre ora capire a chi appartengono le responsabilità di questa nuova “lesione di immagine”,  che si concretizza nella perdita di credibilità per un partito che dopo la sottoscrizione di un documento da parte dei vertici regionali e provinciali, dei parlamentari e consiglieri regionali di riferimento del territorio, tollera che due iscritti si pongano in netto contrasto con la linea del partito senza che nessuno intervenga per redimere la questione. Riteniamo, in linea con quanto sopra scritto, che le responsabilità di Rizzo e Colelli siano inesistenti in relazione alla mancanza di condivisione delle determinazioni assunte dal partito, e marginali in relazione alla presentazione delle rispettive candidature. Mentre pesanti sono quelle di chi – leggi Nicola Irto in qualità di segretario regionale – avrebbe prima dovuto adoperarsi per trovare una soluzione affinché non si giungesse alla presentazione delle candidature e poi, una volta che ciò s’è concretizzato, esercitare i poteri conferitigli da regolamenti e statuti, per porre fine con prontezza ad una situazione che sta delegittimando l’intero partito. Tale inerzia nel suo complesso ha aggravato anche una situazione, già di per sé imbarazzante, ma non attribuibile ai diretti interessati: la presidente della Commissione del congresso e del tesseramento Teresa Esposito ed il figlio Francesco Colelli, candidato a segretario del circolo cittadino di Vibo. Una situazione di fatto preesistente che, da un lato, ha lasciato perplessa la candidata “antagonista” Claudia Gioia e, dall’altro, ha costretto il figlio a consegnare alla commissione presieduta dalla madre la valutazione dei documenti depositati a corredo della propria candidatura, per come documentato dallo stesso interessato attraverso un’immagine fotografica postata sui social.

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