lunedì,Aprile 29 2024

Vibo tra le province con il maggior calo di nascite in Italia: in 25 anni giù di quasi il 40%

I dati parlano chiaro: sono sempre meno i bambini che vengono alla luce e crescono al Sud. A pesare sono emigrazione, disoccupazione e mancanza di servizi

Vibo tra le province con il maggior calo di nascite in Italia: in 25 anni giù di quasi il 40%

I giovani partono e i bambini che vengono alla luce e crescono nel Vibonese sono sempre meno, al punto che negli ultimi venticinque anni le nascite sono diminuite di quasi il 40%. Quella di Vibo Valentia risulta così tra le quindici province con il maggior calo di natalità in Italia, la peggiore in Calabria. È quanto emerge dall’ultimo studio elaborato dall’esperto di statistica demografica Giovanni Durante, autore di diverse ricerche sul calo demografico che ha investito il territorio vibonese e in generale tutta la Calabria e il Sud Italia. Analizzando i dati Istat degli ultimi venticinque anni, Durante innanzitutto rileva che un tempo «il Sud Italia era quasi appaiato al Nord per numero di nascite nonostante la disparità di popolazione totale, mentre adesso è stato di gran lunga superato dalle regioni settentrionali (184.185 nascite contro 141.775). Un dato – spiega – dovuto al fatto che la percentuale del calo delle nascite che ha colpito le regioni del Nord (-17,14%) e del Centro (-18,91%) è inferiore di sei punti percentuali rispetto alla media nazionale (-25,50%) e di ben sedici punti percentuali  rispetto al dato del Mezzogiorno (-35,08%)».

Migliori e peggiori in Italia

E infatti, Durante rileva che «delle nove regioni dove il calo della natalità risulta superiore alla media nazionale, ben sette – Basilicata (-41,01%), Sardegna (-39,47%), Molise (-39,30%), Puglia (-37,85%), Campania (-36,82%), Calabria (-32,60%) e Sicilia (-32,15%) – sono collocate nell’area meridionale del Paese, mentre solo una – la Valle D’Aosta (-32,55%) – appartiene alla area settentrionale e l’altra – il Lazio (-26,49%) – è situata nel Centro Italia». Il conclamato gap tra Nord e Sud diventa ancora più evidente se si va ad analizzare il dato a livello provinciale: «Da un lato, delle quindici province nelle quali si è registrato un più marcato calo delle nascite – Cagliari (-64,63%), Ascoli Piceno (-61,72%), Bari (-50,27%), Caltanissetta (-49,43%), Foggia (-47,37), Enna (-45,98%), Potenza (-43,90%), Campobasso (-42,32%), Agrigento (-42,23%), Brindisi (-40,87%), Vibo Valentia (-39,15%), Napoli (-39,10%), Sud Sardegna (-39,09%), Avellino (-38,97%) e Biella (-38,87%) – ben quattordici si trovano nel Sud Italia a fronte di una sola che si trova nel Nord Italia e dall’altro lato invece, tutte e quindici le province nelle quali si è registrato il minor calo percentuale di nuovi nati – Ravenna (-3,59%), Bologna (-4,71%), Piacenza (-5,42%), Forlì (-6,00%), Modena (-7,16%), Trento (-7,49%), Lodi (-8,09%), Pavia (-8,98%), Pisa (-9,67%), Ferrara (-9,67%), Arezzo (-9,77%), Siena (-10,79%), Reggio Emilia (-11,29%), Cremona (-12,63%) e La Spezia (-13,44%) – sono situate nell’area centrosettentrionale della nazione. Proseguendo l’analisi – continua Durante – solo il 22% delle province settentrionali e il 32% di quelle centrali registra un calo superiore alla media nazionale, contro il 95% delle province meridionali». Unica isola felice e unica provincia in crescita è Parma che registra un timido +5,29%.

La situazione in Calabria

Veniamo ora al dato riguardante la Calabria. Come anticipato, Vibo Valentia registra il triste primato della percentuale di decrescita delle nascite più alta (-39,10%), seguita da Reggio Calabria (-33,97%), Crotone (-31,98%), Catanzaro (-31,45%) e Cosenza (-30,42%). In particolare, riferisce Durante, nel Vibonese si è passati dalle 1.778 nascite di venticinque anni fa alle 1.082 dello scorso anno. «Un dato – commenta lo studioso – che la dice lunga purtroppo sullo stato di salute socioeconomica del territorio provinciale, perché appare chiaro che il calo è una diretta conseguenza dell’emigrazione delle generazioni in età fertile e questo non può che essere dovuto alla disoccupazione, al mancato sviluppo del territorio stesso e alla cronica mancanza di servizi, tutte cose peraltro ampiamente documentate da numerose indagini statistiche».

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