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La “rivoluzione” delle Oblate, la nascita dell’istituto a Tropea e l’azione a favore degli ultimi

Nate su impulso del beato don Francesco Mottola e dalla serva di Dio, Irma Scrugli, “le contemplative della strada” lavorarono senza sosta per aiutare anziani, disabili e poveri. Dal sogno di una casa di carità alle tante strutture poi sorte in Calabria e anche all’Estero

La “rivoluzione” delle Oblate, la nascita dell’istituto a Tropea e l’azione a favore degli ultimi
Don Francesco Mottola

Una storia fatta di amore, generosità e aiuto al prossimo. L’Istituto secolare Oblate del Sacro cuore di Gesù ha spento 90 candeline. Una presenza silenziosa quella delle oblate che da ormai lunghi anni si adoperano a favore delle categorie più svantaggiate, dei poveri relegati ai margini della società. La loro storia affonda le radici nel 1933 in terra vibonese. L’istituto venne fondato dal beato don Francesco Mottola e dalla serva di Dio, Irma Scrugli. “Le contemplative della strada”, venivano chiamate. Perché le oblate parlavano di Gesù agli ultimi, a chi viveva nella miseria. Miseria materiale e dello spirito. Ma quale è il legame tra la serva di Dio Imma Scrugli e il beato don Mottola? Lo spiega un documentario realizzato per l’occasione dal videoreporter di LaC Tv, Saverio Caracciolo partendo dalle parole del nipote di Imma Scrugli, l’avvocato Ottavio Scrugli. Appreso il desiderio di diventare suora, la famiglia della donna la sollecitò affinché ne parlasse e si confrontasse con il rinomato prete di Tropea. Don Mottola non ebbe parole dissuasive, anzi la invitò ad aiutare le persone che vivevano nella povertà e nella sofferenza. Il ruolo del parroco fu fondamentale. Come spiegato da don Francesco Sicari, sacerdote maggiore dei sacerdoti oblati: «Ai nuju du mundu, gli scartati della società, don Mottola portava la carezza di Dio, la carità. Da questo servizio agli ultimi nascerà l’opera più bella e grande, la Casa della carità».

Le Carmelitane della strada

Inizialmente, mosse i primi passi il gruppo chiamato “le Carmelitane della strada”. Senza chiostro, né vita comune, senza abito religioso impegnate nelle occupazioni ordinarie. Un’intuizione molto avanti rispetto ai tempi dove la donna continuava a vivere in una condizione di subalternità. Gli inizi sono stati segnati da grande povertà ma anche qualche diffidenza. Per la società d’allora veniva difficile pensare di vivere nel mondo, poter conciliare consacrazione e secolarità. Anche la Chiesa guardava tentennante questa nuova forma di vita consacrata che riconoscerà solo nel 1947. Le oblate iniziarono ad accudire gli ammalati dimenticati, lavoravano nelle parrocchie, nei luoghi più sperduti della Calabria dove manca qualsiasi tipo di assistenza e regna ignoranza, malattia, povertà. Aprono scuole materne che diventano punto di riferimento per le parrocchie. Nasce il desiderio di creare una struttura in grado di accogliere malati, anziani, disabili.

Il sogno di una Casa della carità

La prima Casa della carità era costituita da due spoglie camerette di proprietà Scrugli. Poi, nel 1936, venne acquistata una nuova struttura. I primi tempi furono caratterizzati da grande povertà, tant’è che molte oblate divennero mendicanti per le strade della Calabria. La casa accoglieva bambini di strada, poi venne organizzato l’armadio del povero e la mensa capace di garantire 70 pasti caldi al giorno. Case di carità sorsero poi a Parghelia, Tropea Marina, Limbadi, Benos Aires, Roma e Vibo. Qui, in particolare, venivano accolti i bambini rifiutati dalle famiglie alcuni per via delle loro disabilità. Ancora oggi l’impianto è un faro d’eccellenza, un punto di riferimento per le cure e terapie a giovani e adulti con disabilità. Le oblate ottennero nel 1963 il primo riconoscimento ufficiale della Chiesa con il titolo di Pia unione, nel 1968 fu elevato a Istituto secolare di diritto diocesano, nel 1975 riconosciuto come istituto secolare di diritto pontificio. Una storia di sacrificio, amore e soccorso ai più fragili che continua ancora oggi. Ieri, alla Casa di carità di Tropea, si è raccontata l’evoluzione delle Oblate. Alla introduzione della sorella maggiore dell’Istituto, Liliana Vita, ha fatto seguito le relazioni di don Sergio Meligrana, le testimonianze di Angela Falzetta e Elisa Montechiarello. Saluti finali sono stati a cura del vescovo Attilio Nostro. A moderare don Francesco Sicari. Per guardare la puntata di LaC Storie, Novant’anni di oblazione, clicca qui.

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