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Confisca milionaria di beni pure in appello per Giovanni Mancuso ma non per tutti i familiari

Regge a metà l’operazione “Terra nostra” portata a termine dalla Dda di Catanzaro e dalla Guardia di finanza. Nel mirino beni mobili e immobili, conti correnti, imprese, autoveicoli e terreni. Ecco tutti i destinatari dell’annullamento

Confisca milionaria di beni pure in appello per Giovanni Mancuso ma non per tutti i familiari
Nel riquadro Giovanni Mancuso
La Corte d'Appello di Catanzaro
La Corte d’Appello di Catanzaro

La Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato la confisca dei beni ai danni di Giovanni Mancuso, 81 anni, di Limbadi, per un valore di quasi 10 milioni di euro. Nello specifico si tratta di 92 terreni, 29 fabbricati, 6 autoveicoli, un trattore agricolo, due aziende agricole, alcune ditte individuali. Beni ritenuti riconducibili a Giovanni Mancuso, ma formalmente intestati a prestanomi.
Tra gli immobili oggetto di confisca, ricadenti nei comuni di Milano, Limbadi, Nicotera, Filandari, Rombiolo, Zungri, Drapia e Vibo Valentia, spiccano capannoni industriali, terreni, immobili, una villa residenziale composta da tre piani, nonché diverse autovetture e mezzi agricoli.
La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro con la Guardia di Finanza hanno fatto emergere che Giovanni Mancuso controllava tutte le attività economiche del comune di residenza e dei centri vicini, ricavandone illeciti proventi e costituendo un ingente e diversificato patrimonio di beni mobili, immobili, aziende agricole, imprese commerciali e disponibilità finanziarie, detenuti sia da lui direttamente che attraverso prestanomi ai quali era stata attribuita, fittiziamente, la titolarità o la disponibilità di beni, al fine di eludere le disposizioni di legge previste dalla vigente normativa antimafia in materia di prevenzione patrimoniale. [Continua in basso]

Giovanni Mancuso

E’ stato invece annullato il decreto di confisca dei beni relativamente al sequestro patrimoniale fatto a carico di Pasquale Molino, Gaetano Molino, Rosaria Mancuso, Francesco Mercuri, Cesare Limardo e Silvana Mancuso. I beni erano stati sequestrati ad ottobre 2019 nell’ambito procedimento “Terra Nostra” eseguito dalla Dda di Catanzaro nei confronti di Giovanni Mancuso e dei suoi familiari quali terzi interessati. In primo grado i beni erano stati confiscati parzialmente ed era stato restituito solo l’impianto di carburanti LCN Petroli.
Oggi sono stati quindi restituiti tutti i beni in capo a Rosaria Mancuso (49 anni, figlia di Giovanni Mancuso, difesa dall’avvocato Daniela Garisto), Cesare Limardo (29 anni, figlio del primo matrimonio di Rosaria Mancuso, difeso dall’avvocato Daniela Garisto), Silvana Mancuso (figlia di Giovanni Mancuso, Gaetano Molino, Gaetano Molino, 62 anni, di Limbadi (marito di Silvana Mancuso), Pasquale Molino, 33 anni (nipote di Giovanni Mancuso, avvocati Daniela Garisto e Antonio Maccarone) e Francesco Mercuri, (52 anni, marito di Rosaria Mancuso, difeso dall’avvocato Daniela Garisto).

Giuseppe Mancuso cl. ’90

La Corte in questo caso ha riconosciuto la mancanza di riconducibilità degli acquisti a Giovanni Mancuso, rappresentando come questi siano avvenuti con proventi leciti derivanti dall’attività lavorativa. Sono pertanto stati restituiti un appartamento a Milano, una villa a Limbadi, decine di terreni e autovetture, l’azienda agricola “Molino Pasquale” sita a Limbadi in via Principe di Piemonte di proprietà di Pasquale Molino, 15 terreni ed un fabbricato intestati a Gaetano Molino. Restituiti anche i beni intestati a Marco Mancuso, 50 anni, altro figlio di Giovanni Mancuso (difeso dall’avvocato Francesco Schimio).

Restano confiscati, invece, tutti i rapporti bancari con saldo attivo, cassette di sicurezza, titoli, libretti di risparmio, buoni fruttiferi, Bot, Cct ed ogni altra disponibilità finanziaria con saldo attivo superiore a mille euro, appartenenti a Giovanni Mancuso ed al figlio Giuseppe Mancuso, 32 anni (quest’ultimo sotto processo in Rinascita Scott), più un appartamento intestato a Francesco Mercuri. Interessati dalla decisione anche gli avvocati Giuseppe Di Renzo e Maurizio Nucci.

Giovanni Mancuso, pluripregiudicato, sorvegliato speciale di pubblica sicurezza e ritenuto esponente dell’omonimo clan, è stato condannato a 9 anni di reclusione per il reato di usura al termine del processo nato dall’operazione denominata “Black money”, ma assolto dall’accusa di associazione mafiosa. Nel 1975 Giovanni Mancuso è stato condannato per concorso in sequestro di persona a scopo di estorsione. La misura di prevenzione patrimoniale applicata (operazione denominata “Terra nostra”) ha preso in considerazione, sotto il profilo della pericolosità sociale, i fatti che hanno riguardato il Mancuso relativi al periodo temporale decorrente dall’anno 2004 e, in particolare, quelli che hanno formato oggetto del procedimento penale concluso, il 27 marzo 2013, con l’operazione antimafia “Black Money“.

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Sequestro patrimoniale ai danni di Giovanni Mancuso e dei familiari – Video

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