L’amore vince su tutto: a Dinami rivive il ricordo di Pino Russo Luzza, vittima di ‘Ndrangheta
Tra i momenti più significativi, la targa inaugurata nei luoghi dove il giovane di Acquaro, colpevole di “amore”, ha trovato la morte
“Omnia vincit amor”, l’amore vince su tutto. Una frase, quella del poeta latino Virgilio, per omaggiare la storia di Pino Russo Luzza, vittima innocente di ‘ndrangheta. Una sentita cerimonia in suo onore, fortemente voluta dalla comunità di Dinami e da Libera-Coordinamento provinciale, si è tenuta nei giorni scorsi. In località Giardino a Monsoreto, luogo dove il giovane Pino ha trovato la morte, si è svolto un momento di preghiera e di riflessione. Proprio qui è stata realizzata una targa in ricordo del 21enne ucciso.
Targa in ricordo di Pino Russo Luzza
«A trent’anni di distanza – racconta Libera, sezione Vibo – abbiamo accompagnato mamma Teresa sul luogo dove vennero trovati i resti di suo figlio Pino, giovane ucciso dalla violenza criminale della ‘ndrangheta. Una ferita aperta che diventa feritoria di speranza. Quel luogo, da luogo di morte, é diventato luogo di assunzione di responsabilità e quindi, di memoria viva». Un messaggio chiaro anche alle generazioni future: «“Omnia vincit amor” campeggia come un monito, come una sentenza irrevocabile contro quella ‘ndrangheta che controllando i corpi, pretendeva di controllare luoghi. L’amore di Pino é la più grande eredità che ci lascia e che chiama tutte e tutti noi ad essere fiamme che alimentino amore e voglia di impegno contro indifferenza e rassegnazione». Ringraziamenti da parte del coordinamento provinciale sono giunti all’indirizzo dell’amministrazione comunale di Dinami e del sindaco Antonino Di Bella «per aver fortemente voluto questa iniziativa e per la sensibilità e la cura con cui ha reso la sua comunità, una comunità custode di memoria».
Amore e onore, la storia di Pino Russo Luzza
Pino Russo Luzza, nato e cresciuto ad Acquaro, era scomparso dal suo paese il 15 gennaio 1994. Il 21 marzo il suo corpo martoriato viene ritrovato in una fossa scavata nei boschi in località Giardino a Monsoreto di Dinami, 15 chilometri dal paese di residenza. La sua colpa? Essersi innamorato, ricambiato, di una ragazza legata familiarmente al boss Gallace, tra i protagonisti della “faida delle Preserre vibonesi”. Quell’amore libero e sincero tra due ragazzi, però, non rientrava nella logica dei clan. La figura della giovane doveva essere utile a consolidare alleanze criminali. Così, Pino viene rapito, portato nei boschi e pestato. Gettato in una fossa, il suo corpo viene dato alle fiamme. Poi ancora, spari sui resti. Un delitto violentissimo. Un omicidio nel nome “dell’onore”. Affinchè la ‘Ndrangheta affermasse il controllo su tutto, componenti familiari e territorio. Dopo trent’anni cosa resta? Il ricordo di una comunità che continua a mantenere vivo il ricordo e il sacrificio di Pino, ucciso dal “tribunale” della ‘Ndrangheta con una sentenza senza appello.
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