“Le donne sono isole”, la forza e il coraggio delle donne ribelli nel libro della scrittrice Preta
La scrittrice e docente vibonese torna in libreria con un lavoro capace di indagare su temi quali la ribellione, la diversità e l’autonomia attraverso figure femminili del mito e della tragedia greca: «L’isolamento, la solitudine, sono la condanna per l’aver violato le norme sociali o politiche»
«Gli antichi sapevano come punire le trasgressive del nòmos (legge e consuetudine) e del mos (costume retto del vivere). Molte storie di donne perciò si legano alle isole, la cui solitudine è il duro prezzo da pagare per aver infranto le norme sociali o politiche». Maria Concetta Preta, docente e scrittrice vibonese, torna in libreria con la sua ultima fatica letteraria, targata Meligrana editore. Un lavoro che, per come viene strutturato dall’autrice, rappresenta una indagine sulla ribellione, sui concetti di diversità, autonomia. “Le donne sono isole – Riflessioni sulle solitudini femminili in età classica” è un libro popolato da figure dalle molteplici sfaccettature, come Circe, Penelope, Arianna, Saffo, le sirene. Maria Concetta Preta, cavaliere al merito della Repubblica, ricopre l’incarico docente di Lettere classiche. Epigrafista, esperta di Beni culturali e dantista, ama scrivere per passione, sollecitata dal forte impegno sociale. Ha ottenuto vari premi e riconoscimenti a livello nazionale. Tra le sue ultime pubblicazioni troviamo: “Cercando Yolanda-Vita in controluce di Dalida, la Calabrese di Parigi”, “L’abbraccio della notte -Inchiesta sul Mostro di Firenze”, “Sulle orme di Byron”, un mystery incentrato sul Grand Tour del poeta inglese a Roma e il racconto storico “La brigantessa silana”.
Le donne sono isole
Ma come nasce “Le donne sono isole”? «Siamo tutti isole disperse nel mare dell’infinito, e ci alimentiamo di sogni e di chimere. Il progetto – spiega la docente – è nato da questa semplice constatazione. L’isolamento, la solitudine, è la condanna per l’aver violato le norme sociali o politiche. Ed è bello capire in cosa sia consistita la devianza femminile nell’antichità (e se abbia dei richiami al presente). Questa indagine sulla ribellione, diversità, autonomia, è una storia antica e attuale». Il libro è strutturato come «“pinacoteca femminile”, una galleria di ritratti di eroine del mito, della tragedia greca, e di importanti personaggi dell’antica Roma. Ha inizio con il pilastro culturale dell’Occidente: il mito, narrazione nata all’alba dei tempi e ricca di varianti, popolato da donne che trasgrediscono: fattucchiere esiziali, brutali guerriere, madri deplorevoli, assassine spietate, amanti imperdonate ed imperdonabili, solo per citarne alcune. Racconti di gesta esecrabili e nefande in cui la distinzione fra crimine e trasgressione è talora incerta, come la tragedia greca, in cui le donne ribelli vengono isolate», evidenzia la scrittrice. Poi, scendendo nel dettaglio, puntualizza: «Nell’Odissea l’isola è donna, e ogni donna è un’isola, ovvero un mondo a sé, senza sovrapposizioni di ruoli tra isole: ninfa, maga, sirena, principessa, regina. Nel mondo romano, invece, le isole-donne rappresentano le scapestrate, le incoercibili che rifiutano il potere maschile. Le isole diventano luogo del confino in cui espiare la colpa di essersi ribellate all’autorità di padri, fratelli, mariti, per lo più appartenenti ai rami delle famiglie imperiali».
La figura più romantica del libro, la principessa cretese Arianna, famosa per il filo, abbandonata da Teseo sull’isola di Nasso, si racconta in prima persona. A lei l’autrice dedica la lirica di apertura: «È il lamento della ‘donna abbandonata’, secondo uno stilema degli antichi da me rivisitato. Si tratta di un monologo che ha il sapore di un’elegia, assomiglia al famoso “Lamento” di Danae di Simonide. Gli altri racconti però sono in prosa, e non sono monologhi (una forma da me usata in altri romanzi) ma, per consentire l’immedesimazione del lettore col personaggio, uso uno stile diretto, realistico, come se la storia o il mito sia una fiction e la protagonista si svela a noi nella condizione di naufraga, di emarginata, di reietta». In ogni storia «i toni coloriti o sognanti, il senso di pathos e di nostalgia ci rivelano il destino delle donne del passato e aprono uno squarcio sulla loro condizione, da rapportare sempre al nostro presente, seguendo le linee dell’alterità e della somiglianza. Si tratta – tiene a specificare la docente – di un testo ideologico, ma non femminista in senso stretto, ma “al femminile”, in cui a raccontarci la storia sono le donne. È una contro-narrazione, con un punto di vista nuovo. Queste donne sono “isole”, ovvero le eccezioni del “femminile-pensiero”, relegato dal potere su luoghi lontani dal mondo. Sono storie di differenze e di emarginazione: ognuna di loro è un’isola. Proviamo a seguire questo “filo dell’insularità” che le lega e le consegna sotto una luce diversa, di certo più autentica e vera. Vediamo dove ci conduce».
“Le donne sono isole”, assicura l’autrice, riesce a trasportare il lettore: «Le figure che incuriosiranno di più sono la maga Circe, che decide chi amare, e lo fa con trasporto, fin tanto che l’eroe rimane a Eea; poi la ninfa Calipso, che desidera che Odisseo divenga suo sposo ed esercita un potere che il mondo greco non concederà ad alcuna sposa; la vergine Nausicaa, la mortale dall’aspetto divino. E come non citare il canto maliardo che rende le Sirene detentrici di una funzione che dissente con quella adeguata a una ‘donna’? E infine la donna-isola per eccellenza: Penelope, della quale traccio un ritratto nuovo e in “chiaroscuro”. Sulle isole omeriche domina dunque un “matriarcato” e ciò ci fa capire quanto Omero sia moderno e abbia a cuore le donne Insomma, la letteratura greca ha tanto da dirci, e io ho aperto solo un piccolo squarcio da una nuova angolazione». Il volume è acquistabile presso le librerie di Vibo Valentia a partire da settembre oppure on-line dall’editore Meligrana.
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