giovedì,Aprile 18 2024

Nel nome di Nicholas Green, liberalizzare i contatti tra le famiglie dei donatori e i riceventi

Il papà del bimbo americano ucciso nel Vibonese nel 1994, ricorda l'abbraccio con chi ebbe in dono gli organi di suo figlio: era il 4 febbraio di 26 anni fa

Nel nome di Nicholas Green, liberalizzare i contatti tra le famiglie dei donatori e i riceventi

di Reginald Green

Il 4 febbraio sarà il ventiseiesimo anniversario di quando mia moglie Maggie ed io incontrammo per la prima volta sei delle sette persone le cui vite erano state trasformate quando avevano ricevuto gli organi e le cornee di mio figlio Nicholas Green di sette anni. Nicholas, un bambino americano, era stato colpito e ucciso da un proiettile quattro mesi prima durante una rapina andata male lungo l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, mentre la nostra famiglia era in vacanza. Il settimo ricevente stava bene ma stava ancora ristabilendosi in ospedale. Incontrarli a Messina, durante un evento organizzato dalla Fondazione Bonino-Pulejo, è stato uno dei momenti più edificanti della mia vita. Fino ad allora, i riceventi erano stati solo dei nomi. Vederli mi fece capire nel modo più vivido possibile quanta devastazione la nostra semplice decisione avesse evitato. Ventisei anni dopo, cinque dei sette riceventi vivono ancora delle esistenze produttive, sebbene una di loro sia tornata in dialisi e un altro abbia avuto un secondo trapianto di cornea.

La legge che impedisce i contatti

Quell’incontro, però, sarebbe impossibile oggi in Italia. Nel 1999 è stata emanata una legge che impedisce al personale sanitario di divulgare qualsiasi informazione sia riguardo i donatori di organi che i loro riceventi. Venne promulgata con le migliori intenzioni – per assicurare la privacy – ma ha generato l’insensibile, alcuni direbbero crudele, risultato che due famiglie non possono ricevere nient’altro che le informazioni di base sulla propria controparte. Non possono nemmeno scambiarsi lettere anonime. Adesso però, una proposta di legge è stata presentata in Parlamento per permettere alle due parti di scriversi qualora entrambe lo vogliano, o persino incontrarsi, sotto condizioni stabilite dai loro medici. Il Dott. Pierpaolo Sileri, vice-ministro della Salute, ha commentato: «La liberalizzazione dei contatti tra riceventi e donatori è un gesto di umanità e civiltà, un atto doveroso». 

Una battaglia di civiltà

Si tratta di uno strabiliante cambiamento. Quando cominciai una campagna per liberalizzare i contatti, non riuscii ad ottenere il sostegno di neanche un singolo medico o funzionario della sanità, ma solo di un amico di Roma, Andrea Scarabelli. Eravamo così soli che diventammo conosciuti come Don Chisciotte e Sancho Panza.  Ma quando demmo origine alla nostra campagna, un gruppo abbastanza numeroso di media fu di mente aperta abbastanza da visualizzare quanto di conforto potesse essere per le famiglie dei donatori sapere che differenza avesse fatto la loro donazione. Alcuni dei maggiori quotidiani pubblicarono importanti articoli, alcuni dei programmi televisivi più seguiti concessero spazio per interviste, e le interviste alle radio raggiunsero i guidatori bloccati nel traffico. Dall’essere una materia che sembrava estinta come un dodo, le persone in tutta Italia cominciarono a chiedere alle autorità sanitarie: «Se due famiglie con un legame così stretto come questo vogliono entrambe contattarsi, perché qualche burocrate dovrebbe avere il potere di dire di no?».

L’esempio degli Stati Uniti

Marco Galbiati, di Lecco, il cui figlio quindicenne Ricky era morto nel 2017, raccolse 50.000 firme in una petizione per cambiare la legge. Ma non dovevamo basarci sull’emozione. Negli Stati Uniti, dove i contatti non solo sono permessi ma sono stati anche fortemente incoraggiati negli ultimi trent’anni, decine di migliaia di famiglie si sono scritte e alcune di loro si sono incontrate. I rapporti clinicamente documentati mostrano che la stragrande maggioranza di queste interazioni è stata terapeutica per entrambe le parti. Dopo aver studiato le prove, ogni principale autorità della Sanità italiana – il Comitato Nazionale di Bioetica, l’Istituto Superiore di Sanità e il Centro Nazionale Trapianti – ha parlato a favore del permettere i contatti. Il progetto di legge in Parlamento ha fatto proprie le loro raccomandazioni.

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