venerdì,Marzo 29 2024

‘Ndrangheta: il pentito Moscato e gli affari dei Piscopisani con la droga

Per tagliare la cocaina veniva usato il Bimby, mentre diversi soggetti provvedevano a spacciarla anche a Bologna. Le armi nascoste invece nella cuccia del cane 

‘Ndrangheta: il pentito Moscato e gli affari dei Piscopisani con la droga

Continuano a riservare diversi particolari inediti i verbali del collaboratore di giustizia, Raffaele Moscato, confluiti nell’operazione antimafia denominata “Rimpiazzo” contro il clan dei Piscopisani e depositati anche al Tribunale del Riesame in occasione dei recenti ricorsi decisi in ordine ad alcune posizioni per le quali la Dda di Catanzaro ha chiesto l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. “I conti della droga – spiega Moscato – li teneva Rosario Fiorillo in alcuni block notes custoditi in una cassaforte che era dietro un quadro della sua cameretta in via Fiume a Piscopio. Anche i proventi della droga erano percepiti da Rosario Fiorillo che doveva poi rendere conto al cugino Michele Fiorillo, detto Zarrillo. Da quei conteggi venivano detratte anche le spese quali quelle per gli avvocati in caso di arresti. Era stato Rosario Battaglia ad incaricare Rosario Fiorillo a tenere questi conti. In tali conteggi erano compresi anche prestiti che facevamo a terzi per commerciare lo stupefacente quali Salvatore Tripodi di Portosalvo. Nella cassa finivano pure i proventi delle estorsioni e delle bische”.

Raffaele Moscato entra poi nel dettaglio dei soggetti che, secondo i suoi ricordi, provvedevano a vendere lo stupefacente. “A venderlo erano all’inizio Giovanni Battaglia, Rosario Battaglia, Rosario Fiorillo, Francesco La Bella ed i fratelli Sasha e Davide Fortuna. Questi ultimi ci fornivano anche armi che portavano da Bologna. Tutti questi personaggi vendevano lo stupefacente, cocaina, a partite di 50-100 grammi. La cocaina veniva da San Calogero per il tramite di Antonio Franzè di Vibo che era nel gruppo di Vincenzo Barbieri insieme a Giuseppe Topia”.    [Continua dopo la pubblicità]

I ricordi di Raffaele Moscato sono precisi anche su numerosi altri dettagli. “La sostanza veniva custodita in un immobile di Piscopio sito nei pressi della piazza e spesso veniva portata con una Smart. In qualche circostanza la droga l’ho presa da Michele Silvano Mazzeo di Mileto. Una partita di erba l’abbiamo invece rubata a Francica da una piantagione dove poi è stato effettuato un sequestro di circa mille chili”. La cocaina sarebbe stata portata in grande quantità anche da Piscopio a Palermo, con Giovanni Faraone di Bagheria – all’epoca 27enne – arrestato nel 2011 dalla Squadra Mobile di Vibo sull’autostrada A3 mentre trasportava un fucile a canne mozze ed un chilo di cocaina. In tale occasione, Raffaele Moscato e Giovanni Rubino di Bagheria avrebbero fatto da “staffetta” a Faraone con una Mercedes. Anche altri Piscopisani, rivela Moscato, venivano poi utilizzati per lo spaccio come “Benito La Bella, Nazzareno Galati, Francesco Tassone, mentre Giuseppe Romano si sarebbe recato dalla frazione San Leo di Briatico a Piscopio per comprare cocaina e poi spacciarla. “Alle volte ero io stesso – spiega il collaboratore Moscato a cedere la cocaina, altre volte la davo attraverso altre persone, indicandoli anche per paese. Costoro sapevano che io vendevo droga per conto dell’associazione ma sapevano anche che ero autonomo nelle scelte per la vendita della droga”. Anche le donne di alcuni componenti del clan dei Piscopisani avrebbero assistito alle cessioni di droga da parte dei mariti ed in qualche caso si sarebbero pure arrabbiate quando i loro uomini per tagliare la cocaina utilizzavano il “Bimby” in una casa di Bologna di proprietà di un siciliano. E dal capoluogo emiliano non sarebbe stata portata solo cocaina a Vibo Valentia ed a Piscopio, ma anche armi nascoste in una cuccia con un cane dentro e sistemata in auto. Un modo originale per eludere i controlli delle forze dell’ordine.     LEGGI ANCHE: ‘Ndrangheta: operazione contro i Piscopisani, il Riesame decide per due nuovi arresti

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