venerdì,Marzo 29 2024

Polizia stradale, la denuncia del Coisp: «A Vibo auto con 400mila km»

Il segretario regionale del sindacato autonomo di polizia, Giuseppe Brugnano, mette in evidenza le condizioni nelle quali sono costretti ad operare gli agenti in servizio quotidianamente sull’autostrada.

Polizia stradale, la denuncia del Coisp: «A Vibo auto con 400mila km»

«Un’autovettura di servizio sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria con oltre 400.000 chilometri percorsi. Questo è l’esempio tangibile dell’attenzione del Governo per le forze di polizia». La denuncia è del segretario regionale del Coisp (Sindacato indipendente di polizia), Giuseppe Brugnano, e si riferisce ad una Subaru in dotazione alla sezione della Polizia stradale di Vibo Valentia ancora in circolazione nonostante l’ingente chilometraggio percorso.

«Quest’autovettura – aggiunge Brugnano – svolge ogni giorno servizio di pattugliamento dell’autostrada, ma è evidente che non potrebbe più circolare dal momento che espone a serio rischio i colleghi che sono costretti ad utilizzarla, con i dirigenti di questi uffici in seria difficoltà per le condizioni insostenibili con cui devono fare i conti».

Secondo il Sindacato indipendente di polizia, «Siamo di fronte ad un’assurdità che cristallizza lo stato di abbandono in cui operano gli operatori di polizia. Mentre questo Governo millanta la vicinanza alle forze dell’ordine e in carica c’è un ministro dell’Interno che somiglia sempre più a ‘Pinocchio’ rispetto alle risposte che non riesce a fornire, noi siamo costretti ad operare non solo con una scarsità di mezzi – ha dichiarato Brugnano – ma mettendo a repentaglio la vita dei poliziotti. Assistiamo alla rincorsa agli annunci, come già avvenuto in passato con altri governi, senza ottenere nulla di concreto. Spiace dirlo – aggiunge ancora il Coisp Calabria – ma il rischio è quello di doversi girare dall’altra parte davanti a situazioni di pericolo, non avendo le condizioni minime per operare. Non lo facciamo solo per il nostro buonsenso e per l’amore che nutriamo per il nostro lavoro, ma siamo certi che molte altre categorie di lavoratori lo avrebbero già fatto».

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