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Rinascita-Scott: “botta e risposta” in aula fra il pentito Oliverio e l’avvocato Staiano

Il collaboratore è tornato sull’episodio del presunto aggiustamento in appello di un processo che vedeva imputato il cugino. Una vicenda mai raccontata nei verbali illustrativi della collaborazione

Rinascita-Scott: “botta e risposta” in aula fra il pentito Oliverio e l’avvocato Staiano

Lungo controesame da parte delle difese degli imputati del maxiprocesso Rinascita-Scott per il collaboratore di giustizia, Francesco Oliverio. Originario di Rocca di Neto, nel Crotonese, una vita nella ‘ndrangheta, con il padre ucciso nel 1988, Oliverio di Rocca di Neto è stato affiliato all’età di 16 anni, commettendo il primo reato a 12 anni. Era l’armiere del clan ed anche oggi ha confermato l’esistenza di diverse “linee” criminali. Rispondendo alle domande dell’avvocato Paride Scinica, difensore di Luigi Mancuso, Oliverio ha spiegato che sino a febbraio 2011 il capo Crimine del Crotonese era Nicolino Grande Aracri, mentre il “Crimine” principale restava quello di Polsi a San Luca, nel Reggino. “Il Crimine di Polsi – ha dichiarato Oliverio – è la struttura che sta sopra tutti i locali di ‘ndranghetadel mondo. E’ una struttura superiore a tutti, anche rispetto agli altri Crimini. Sono stati i De Stefano di Reggio Calabria – ha spiegato il collaboratore – a portare avanti i cirotani consentendogli di formare il Crimine di Cirò. La dote della Santa nella ‘ndrangheta nasce invece negli anni ’70. [Continua in basso]

Domenico Bonavota

Rispondendo invece alle domande dell’avvocato Tiziana Barillaro, che assiste Pasquale e Nicola Bonavota, il collaboratore ha dichiarato di essere stato latitante dal 2005 sino a fine giugno 2010 spostandosi fra Isola Capo Rizzuto, San Giovanni in Fiore, Milano, Ventimiglia,Varesotto, Verona, Cirò, in Sila, Piemonte, Francia e Belgio. Quindi ha riferito di due riunioni dove avrebbe incontrato Domenico Bonavota, Nicola Bonavota e Francesco Fortuna, tutti di Sant’Onofrio. “Una riunione si è tenuta ad Isola Capo Rizzuto – ha dichiarato Oliverio – un’altra a Botricello e si è formata un’alleanza fra il clan di Isola e quelli di Sant’Onofrio”. Circostanze confermate anche nel corso del controesame dell’avvocato Vincenzo Gennaro.

La posizione di Pittelli ed il controesame

Giancarlo Pittelli

Ben più “scoppiettante” il controesame condotto dai difensori di Giancarlo Pittelli, avvocato ed ex parlamentare di Forza Italia, fra i principali imputati del maxiprocesso. Ho iniziato a collaborare il 3 febbraio 2012 – ha spiegato Oliverio rispondendo alle domande dell’avvocato Guido Contestabile – e nel 2014 sono stato sentito dalla Dda di Salerno. Mio cugino Sabatino Marrazzo, che faceva parte di una loggia massonica di Vibo Valentia e poi era divenuto maestro venerabile nel Crotonese, mi disse fra il 2005 ed il 2007 che gli avvocati Pittelli e Pitari avevano agganci con magistrati e difendevano Massimiliano Iona e Agostino Marrazzo. Servivano cinquantamila euro per un loro processo ma non so se per corrompere un giudice o un consulente. Della loggia di Sabatino Marrazzo fra il 2005 e il 2007 facevano parte anche magistrati e uomini delle istituzioni”.

Più acceso il “botta e risposta” fra il collaboratore e l’avvocato Salvatore Staiano, altro difensore di Pittelli. Non so se Pittelli è stato un parlamentare, un senatore o un deputato. Io sapevo solo – ha sostenuto Oliverio – che faceva politica”. L’avvocato Staiano ha quindi domandato come mai in 750 pagine di verbale illustrativo della collaborazione, redatto il 16 luglio 2017, Oliverio non ha mai parlato di Pittelli, né della vicenda corruttiva riguardante il processo a Marrazzo e Iona accusati di omicidio. Nel verbale illustrativo della collaborazione – ha risposto Oliverio – ho fatto una sintesi degli argomenti di cui volevo parlare riservandomi poi di approfondire”. Una riposta seguita da altra domanda dell’avvocato Staiano: “ Come mai non ha parlato prima del processo nato dal giudizio di rinvio ad opera della cassazione e ne parla ora a dibattimento a distanza di nove anni perché in quel giudizio di rinvio c’era il giudice Petrini”? Domanda, quest’ultima, alla quale si è opposto il pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, che ha sottolineato come comunque il collaboratore il nome del giudice Petrini non l’ha mai fatto. Anche il legale del collaboratore di giustizia si è opposto a tali domande, parlando in aula di “aggressione verbale nei confronti del collaboratore da parte dell’avvocato Staiano”. A complicare le cose, anche la sovrapposizione di voce da parte del collaboratore, più volte richiamato dal presidente del Tribunale collegiale Brigida Cavasino. Si proseguirà domani con ancora Raffaele Moscato.

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