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Processo Rinascita Scott: respinta la ricusazione dei giudici proposta da Michele Bonavota

Ecco le motivazioni per le quali la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato di Sant’Onofrio nei confronti di due magistrati del Collegio

Processo Rinascita Scott: respinta la ricusazione dei giudici proposta da Michele Bonavota
Michele Bonavota

E’ stato dichiarato inammissibile dalla quinta sezione penale della Cassazione, il ricorso proposto dall’imputato Michele Bonavota, 54 anni, di Sant’Onofrio, avverso la decisione con la quale l’1 marzo scorso la Corte d’Appello di Catanzaro ha respinto la dichiarazione di ricusazione proposta dal ricorrente nei confronti della presidente del Tribunale collegiale di Vibo Valentia del maxiprocesso Rinascita Scott, Brigida Cavasino, e del giudice a latere Gilda Romano.

Michele Bonavota aveva sostenuto nel suo ricorso “l’incoerenza derivante dal testo del provvedimento impugnato in punto di ricorrenza della cosiddetta unitarietà della ‘ndrangheta calabrese, emersa nei procedimenti denominati Rinascita Scott e Nemea, nonché in punto di incompatibilità dei giudicanti derivante dall’aver gli stessi pronunciato sentenza di condanna nel procedimento Nemea per l’imputazione di associazione mafiosa nei confronti di Leone Soriano di Filandari ed altri imputati. [Continua in basso]

La presidente del Collegio Brigida Cavasino

L’illogicità e contraddittorietà della motivazione si sarebbe palesata – secondo il ricorrente – nella parte in cui il Collegio ha ritenuto che i fatti oggetto del nuovo giudizio in corso di celebrazione (Rinascita Scott) nei confronti dell’imputato Michele Bonavota siano storicamente diversi e scindibili da quelli ascritti ai coimputati già giudicati dal Tribunale di Vibo Valentia nel procedimento cosiddetto Nemea, attinente all’articolazione del clan Soriano Filandari. Secondo il ricorso di Michele Bonavota, in tal modo il Collegio di Rinascita Scott sembra voler “disconoscere l’unitarietà della ‘ndrangheta, salvo poi affermarla nel dare incisività all’azione criminale, evidenziando che i fatti oggetto del nuovo giudizio sarebbero riferibili al medesimo e ampio contesto associativo ‘ndranghetistico esteso all’intero territorio calabrese e in altre parti del territorio nazionale ed estero.

Le ragioni della Cassazione

Nel caso di specie, tuttavia, ad avviso della Suprema Corte, “balza evidente che si è in presenza dell’ipotesi classica di precedente pronuncia a carico di taluni coimputati per reato associativo in cui, nel riconoscere la sussistenza del reato, il ruolo e la responsabilità di alcuni dei partecipi, non si è però operata una valutazione anche della responsabilità dell’ulteriore coimputato” Michele Bonavota, pur nell’interdipendenza di ciascuna di dette posizioni (Leone Soriano, Graziella Silipigni, Francesco Parrotta, Giuseppe Soriano) rispetto al contesto associativo di riferimento e nella parziale coincidenza del materiale probatorio oggetto di valutazione in Rinascita Scott e Nemea. [Continua in basso]

Leone Soriano

Ma non solo. La Cassazione sottolinea inoltre che “le norme che prevedono le cause di ricusazione sono norme eccezionali e, come tali, di stretta interpretazione, sia perché determinano limiti all’esercizio del potere giurisdizionale ed alla capacità del giudice, sia perché consentono un’ingerenza delle parti nella materia dell’ordinamento giudiziario, che attiene al rapporto di diritto pubblico fra Stato e giudice. Ne consegue che la mera connessione probatoria tra due procedimenti, che non comporti una valutazione di merito svolta da uno stesso giudice sul medesimo fatto e nei confronti di identico soggetto, non determina la sussistenza di una ipotesi di ricusazione”. [Continua in basso]

Diversità di fatti fra la ‘ndrina di Filandari e quella di Sant’Onofrio

I fatti a carico di Michele Bonavota quanto all’articolazione di Sant’Onofrio, sebbene riferibili “al medesimo ed ampio contesto associativo ‘ndranghetistico esteso al territorio calabrese ed in altre parti del territorio nazionale ed estero – in tal modo non disconoscendo affatto l’unitarietà della ‘ndrangheta e non incorrendo in alcuna contraddizione – risultano storicamente diversi e scindibili da quelli ascritti agli originari coimputati del Bonavota facenti capo all’articolazione operante nel territorio di Filandari”. Da qui l’inammissibilità del ricorso di Michele Bonavota che finisce per avere ripercussioni anche su analoghi ricorsi in tema di ricusazione dei giudici del processo Rinascita Scott presentati da altri imputati.

Bernardo Provenzano

Da ricordare che Michele Bonavota è accusato nel maxiprocesso Rinascita Scott di essere “pienamente inserito nelle dinamiche criminali del sodalizio di famiglia diretto dai cugini Pasquale, Domenico e Nicola Bonavota, partecipando alle riunioni del clan e mettendosi a disposizione dell’organizzazione, rendendosi anche disponibile a favorire l’irreperibilità degli esponenti apicali della cosca”. Nel 2008 lo stesso Michele Bonavota aveva intrapreso una corrispondenza epistolare con l’allora detenuto capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano.

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